martedì 28 Ottobre 2025

Lunga vita ai sopravvissuti

Nuovamente a livelli prepandemici

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L’aspettativa di vita globale è tornata ai livelli pre-pandemici, a 76,3 anni per le donne e 71,5 anni per gli uomini, pari a oltre 20 anni in più rispetto al 1950. Il tasso di mortalità standardizzato per età nel 2023 è così diminuito del 67% rispetto al 1950, e tutti i Paesi e territori hanno registrato E’ quanto emerge dall’ultimo studio “Global Burden of Disease” (Gbd) pubblicato su ‘The Lancet’ e presentato al World Health Summit di Berlino. Nonostante questi miglioramenti, però il mondo si trova ad affrontare una crisi emergente. Si registrano infatti “tassi di mortalità più elevati tra gli adolescenti e i giovani adulti” in diverse aree geografiche. Il maggiore aumento dei decessi “è stato registrato tra i 20 e i 39 anni nel Nord America ad alto reddito dal 2011 al 2023, principalmente a causa di suicidi, overdose di droga e alti livelli di alcol. Nello stesso periodo, i decessi nella fascia d’età 5-19 anni sono aumentati nell’Europa orientale, nel Nord America ad alto reddito e nei Caraibi”. Permangono inoltre forti differenze geografiche, con un’aspettativa di vita che va da un massimo di 83 anni nelle regioni ad alto reddito a un minimo di 62 anni nell’Africa subsahariana.

Lo studio Gbd 2023
Tra le tendenze, gli autori segnalano che le malattie non trasmissibili rappresentano ormai quasi due terzi della mortalità e morbilità totali a livello mondiale, con cardiopatia ischemica, ictus e diabete in testa. Nell’analisi, si stima anche che “quasi la metà di tutti i decessi e le disabilità potrebbero essere prevenuti modificando alcuni dei principali fattori di rischio”, come la riduzione di alti livelli di glicemia e di un elevato indice di massa corporea (Bmi).
Nuove sfide per la salute globale
“La rapida crescita dell’invecchiamento della popolazione mondiale e l’evoluzione dei fattori di rischio hanno inaugurato una nuova era di sfide per la salute globale”, sottolinea Christopher Murray, direttore dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (Ihme) all’University of Washington School of Medicine. “Le evidenze presentate nello studio sono un campanello d’allarme, che esorta i governi e i leader del settore sanitario a rispondere rapidamente e strategicamente alle tendenze preoccupanti che stanno rimodellando le esigenze di salute pubblica”. Il team di Murray e la rete del Gbd, composta da 16.500 scienziati e ricercatori, hanno raccolto e analizzato dati e prodotto stime per 375 malattie e infortuni e 88 fattori di rischio per età e sesso a livello globale, regionale e nazionale per 204 paesi e territori e 660 località subnazionali dal 1990 al 2023. Il che rende il Gbd la ricerca più completa che quantifica la perdita di salute.

Una migliore alimentazione
Nell’intero periodo di studio, il numero di decessi infantili, quindi dei bimbi più piccoli, è diminuito più che in qualsiasi altra fascia d’età. Dal 2011 al 2023, l’Asia orientale ha registrato la maggiore diminuzione del tasso di mortalità nella fascia d’età inferiore ai 5 anni, pari al 68%, grazie a una migliore alimentazione, ai vaccini e a sistemi sanitari più solidi. E’ emerso poi che la mortalità nei bambini di 5-14 anni in Africa subsahariana dal 1950 al 2021 è stata superiore a quanto stimato in precedenza, un aumento dovuto agli alti tassi di infezioni respiratorie e tubercolosi, altre malattie infettive e lesioni accidentali. Nuovi calcoli hanno anche mostrato che la mortalità nelle giovani donne adulte di età compresa tra 15 e 29 anni nell’Africa subsahariana è stata superiore del 61% rispetto a quanto stimato in precedenza, principalmente per mortalità materna, incidenti stradali e meningite.

Cardiopatia ischemica, ictus e diabete
L’altra tendenza è lo spostamento delle cause di morte dalle malattie infettive a quelle non trasmissibili. Per esempio il Covid, dopo essere stato la principale causa di morte nel 2021, è precipitato al 20esimo posto nel 2023, riportando la cardiopatia ischemica e l’ictus al vertice della classifica, seguiti dalla broncopneumopatia cronica ostruttiva, dalle infezioni delle basse vie respiratorie e dalle patologie neonatali. Dal 1990, i tassi di mortalità per cardiopatia ischemica e ictus sono diminuiti, così come le malattie diarroiche, la tubercolosi, il cancro allo stomaco e il morbillo. Al contrario, nello stesso periodo il tasso di mortalità è aumentato per diabete, malattie renali croniche, morbo di Alzheimer e Hiv/Aids.

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