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Meno autostrade

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Crollo pure dei pedaggi di Montingham

 

Duemiladodici, fuga dalle autostrade. Gli italiani rinunciano sempre di più a una delle loro passioni nel weekend: caricare in auto la famiglia, imboccare il casello più vicino e guidare fino a una città d’arte, al mare, al lago, in montagna, dai parenti. I transiti in autostrada negli ultimi due anni sono diminuiti del 6,2%, si sono accorciati di qualche chilometro, sono crollati (-9.5%) nel Centro-Sud.
La famiglia Brambilla non va più in vacanza o, se ci va, non usa l’autostrada. Si viaggia meno in generale, molto meno nel fine settimana, fascia per la quale Autostrade per l’Italia, il principale gestore di vie a lunga percorrenza, ha rilevato una fortissima contrazione dei passaggi di auto e moto. Il caro benzina ha fatto la sua parte. Poi la crisi, il rincaro delle assicurazioni, il rischio di incappare in uno dei mille occhi spietati di autovelox e tutor e tornare a casa col pensiero del verbale in arrivo.
“Tutte considerazioni ragionevoli – osserva Marco Ponti, docente di economia dei trasporti al Politecnico di Milano – che spingono a rinunciare alla gita fuori porta domenicale. E questo vale soprattutto nelle aree del centro-sud dove i redditi sono più bassi. Per dirla in altri termini, per colpa del caro benzina si decide di non prendere più l’auto per andare a trovare la “zia Adalgisa” che sta a cento, duecento chilometri”.
Eppure lo stesso signor Brambilla che lascia la macchina in garage nel weekend, preferendo un giro in bici (quest’anno per la prima volta si sono vendute in Italia più biciclette che auto), dal lunedì al venerdì non molla il volante. E non c’è traffico o rincaro della benzina che tenga. Il pendolare del lavoro continua a usare l’automobile.
Nelle aree produttive del Paese si è rinunciato meno all’autostrada. Attorno a Milano il calo dei transiti ai caselli negli ultimi due anni è stato del 5,4 per cento, inferiore al dato nazionale e sempre concentrato nel weekend. La lunghezza del viaggio medio è rimasta stabile sui 42 chilometri (contro i 62 nazionali). E così si ripropongono, perenni, gli intasamenti sull’A4 Milano-Brescia, sull’A8 Milano-Varese, sulla Lainate-Como-Chiasso e sul tratto dell’A1 tra Bologna e Milano. Stessa storia, e stesso stress, sulla tangenziale di Napoli, che con 300 mila passaggi al giorno si conferma il tratto più intasato d’Italia.
Dunque, invece di usare i più ecologici treni e gli autobus, i pendolari delle grandi città continuano a sprecare ore affogati nel traffico. Perché? Per via del trasporto pubblico locale carente, dei treni regionali spesso in ritardo, degli investimenti di Ferrovie dello Stato concentrati solo sull’Alta velocità. In Campania, per esempio, dal 2010 a oggi l’offerta di autobus e treni si è ridotta del 30 per cento. O forse, come sostiene Ponti, “non è l’offerta di trasporto locale a mancare, ma la domanda che è debole” sostiene. Nonostante le tariffe più basse d’Europa, solo due pendolari su dieci prendono il treno. “Il 70 per cento preferisce ancora la macchina. Per comodità o abitudine”.
Auto-maniaci durante la settimana, delusi e inchiodati a casa la domenica. Osserva Ennio Cascetta, presidente del comitato scientifico della Fondazione Caracciolo dell’Aci: ” “Storicamente il traffico stradale segue il Pil, quindi in Italia ci aspettavamo un calo in autostrada non superiore al 2,5 per cento. Invece è stato molto più forte, segno che c’è la crisi, ma che è anche in corso un cambiamento degli stili di vita degli italiani” “Per andare da Roma a Firenze, da Bologna a Milano o da Roma a Napoli, si utilizza sempre di più l’Alta velocità, unica forma di trasporto che sta avendo percentuali di crescita a due zeri”.
E l’automobile? Non vedremo più il signor Brambilla la domenica “avanzare con la sua vecchia Torpedo”? “Proprio il turismo – sostiene Cascetta – potrà segnare un recupero dei viaggi in autostrada, ma prima devono ripartire i consumi”. Fino ad allora, “la mamma e la figlia” se ne facciano una ragione. Perché oggi sono loro, i Brambilla, “la famiglia modesta”.

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