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Metropolitane sì ma, come leggende, pessime

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Sono tutte astratte, astruse, popolate di mostri

Ogni epoca, ogni cultura ha le sue leggende. Le conia, le diffonde. Le amplifica. E queste dilagano. Passano di bocca in bocca. Ingigantiscono sino a perdere ogni sostanza reale. Sempre che, in origine, ne abbiano avuta.
Le leggende riguardavano gli eroi. E spesso si confondevano con il mito. Talvolta raccontavano di uomini comuni. E, in questo caso, trascoloravano nella fiaba. Storie come quella dell’uomo che si addormenta, per ridestarsi solo molti, talvolta moltissimi anni dopo. Storie popolari che si ritrovano un po’ ovunque, sparse per il mondo. E che assumono connotati fantastici. Come in Irlanda, il sogno di chi è entrato nel misterioso Regno del Sidh. Vi ha trascorso poche ore. Una breve visita. Ma quando torna nel nostro mondo, o quando si desta, si ritrova vecchissimo. Oppure scopre che tutto è mutato. Nessuno lo riconosce. Sono trascorse generazioni. Secoli.
E leggende eroiche, anche, come dicevo. Quella dei Deci, citati da Dante. Tre membri, tre generazioni della stessa famiglia. Un atto di sacrificio. Di furor eroico e sacro. Che ha fondamento storico. Che avvenne storicamente. Ma, probabilmente, una sola volta. Poi, la voce del popolo, lo moltiplicò…
La leggenda, in fondo, è questo. Una voce che si diffonde. Un racconto che passa di bocca in bocca. Inevitabilmente mutando… Non è una rivelazione di un altrove misterioso, come il mito. Non una porta di accesso ad altre dimensioni.
E non è neppure l’emergere delle profondità dell’anima di un popolo. Come la fiaba.
È una voce, una turba di voci che raccontano storie… E, talvolta, le distorcono. Per caso. Perché ogni narratore vi aggiunge qualcosa. Talvolta artatamente. Per un fine non palese né dichiarato. E, sovente, poco limpido.
Servono, le leggende. Servono a fondare Stati. A giustificare il potere. A rivestire di un alone eroico le rivoluzioni. A motivare cambiamenti radicali degli stili di vita… persino la negazione di diritti e libertà sino a quel momento ritenute inviolabili.
È avvenuto con la Rivoluzione Francese, che, con la leggenda eroica della Libertà, di una astrazione ideale, ha velato l’eccidio della Vandea, la soppressione di istituti ed usi millenari che garantivano libertà concrete e reali ad uomini fatti di carne e sangue. Non a teorici “cittadini”.
Ed è avvenuto mille altre volte. Continua ad accadere, ancora, sotto i nostri occhi. La potente macchina mediatica è strumento perfetto per generare leggende atte a giustificare ogni aberrazione, ogni sopruso in nome di una astrazione. Di qualcosa che non è. O che, comunque, non è mai davvero stato quello che la massa vocifera e crede. Ogni riferimento alla pandemia non è né casuale, né involontario…
Le leggende, per altro, rispecchiano lo stato della coscienza comune. Rappresentano l’inconscio di una società. Le sue virtù. O assenza di virtù. E le sue paure, soprattutto.
Quelle di oggi vengono chiamate “leggende metropolitane”. Perché esprimono la turba di voci della metropoli. Del gigantesco formicaio, fatto di innumerevoli solitudini, che rappresenta il mondo odierno.
E sono, tutte, leggende astratte, astruse. Popolate di mostri. Pervase da un terrore cieco e sordo. Da qualcosa di orribile che sembra affiorare da sotto la patina di una razionalità, tanto deificata, quanto impotente.
Giganteschi coccodrilli che infestano le fogne di New York. Misteriosi e feroci felini, che si aggirerebbero nelle ombre delle periferie romane. Enormi ratti giunti da paesi esotici. Autostoppiste fantasma…
Chi non ha mai sentito raccontare, e spacciare per vera, almeno una di queste storie? Da persone normali, razionali… non pazzi visionari. Persone che, in genere, iniziano dicendo “Ad un amico di un mio amico è accaduto…”.
E la voce, da amico ad amico, si propaga. Con i media che ne fanno, sempre più spesso, cassa di risonanza. Fino a che il reale e il leggendario non diventano indistinguibili.
Le leggende di un tempo facevano fantasticare. E additavano comportamenti, modelli eroici. Giuste o sbagliate, sincere o occulte che ne fossero le origini e le ragioni.
Ma le leggende metropolitane di oggi?
Sembrano esprimere solo una condizione di profondo squallore… Una miseria che riflette quella parvenza di vita che siamo, sempre più, ridotti a condurre…

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