Una guerra razziale dal basso
Novembre è stato un mese caldo per il Belgio, particolarmente sentito ad Anversa e Bruxelles, per via dell’aggravamento dello scontro frontale tra le autorità e la mafia marocchina, delle guerre urbane che hanno contraddistinto i Mondiali di calcio e del brutale omicidio di un poliziotto in una no-go zone della capitale. Eventi che parlano del Belgio, il tetto delle principali istituzioni europee, come di un paese fuori controllo.
L’Europa sotto la tempesta: piovono sangue e cocaina
I belgi ricorderanno novembre come il mese più bollente del 2022. Un mese iniziato nel sangue e finito in rivolta. Tre sono le date più significative del novembre rosso belga e, cioè, i giorni del 10, del 27 e del 28.
La sera del 10 novembre, nell’area più problematica della multietnica municipalità di Schaerbeek, ovvero nelle vie della porzione turco-marocchina, una pattuglia viene assalita da un cittadino belga di origini arabe, con alle spalle sei anni di prigione, che risultava inserito nell’elenco dei “potenziali estremisti violenti” dell’Unità di coordinamento per l’analisi delle minacce (CUTA). L’attacco termina con la morte di un poliziotto e con il ferimento di un altro.
Bruxelles, l’insospettabile crocevia delle mafie europee
Il pomeriggio del 27 novembre, a Belgio-Marocco ancora in corso, per le strade dei quartieri difficili di diverse municipalità di Bruxelles e Anversa esplode la guerra urbana. Durerà ore, fino a tarda sera, richiedendo il dispiegamento di un centinaio di poliziotti in tenuta antisommossa, l’utilizzo di lacrimogeni e cannoni ad acqua e il congelamento temporaneo del trasporto urbano via metropolitana. Un déjà-vu: una simile rabbia esplose anche nel 2017, in occasione della qualificazione del Marocco ai Mondiali di calcio, lasciando a terra più di venti poliziotti feriti.
Il pomeriggio del 28 novembre, nelle stesse ore in cui gli operatori ecologici sono impegnati a ripulire le strade e gli arredi urbani vandalizzati dalla follia degli ultrà marocchini, migliaia di poliziotti, appartenenti a quattro sindacati, si recano silenziosamente in marcia verso il Palagiustizia. Chiedono all’esecutivo di affrontare il problema della violenza antipoliziesca, che ritengono sia in crescita da un ventennio e che a inizio mese ha fatto un morto.
La sfida della mafia marocchina
Nata nelle periferie multietniche dei Paesi Bassi, poi espansasi nell’intero Benelux e infine nel mondo, la mafia marocchina è oggi una delle principali organizzazioni criminali del Belgio, dei cui porti è proprietaria informale, i cui abitanti riempie di cocaina e le cui istituzioni ha infiltrato e incancrenito.
Della mafia italiana per antonomasia – Cosa nostra – non ha la struttura piramidale, perché soltanto una parte dei tanti clan marocchini operanti in Europa risponde direttamente al comando di Ridouan Taghi, ma ha indubbiamente l’acume imprenditoriale, un simile codice d’onore e la propensione alla violenza. Nei Paesi Bassi, dove l’organizzazione criminale è più radicata che altrove, le minacce di Taghi hanno giustificato l’adozione di misure protettive nei confronti di Mark Ruffe e della principessa Amalia.
Anversa, capitale (mondiale) della cocaina
Belgio, viaggio nel “triangolo infernale della criminalità”
La mafia marocchina è padrona indiscussa del mercato olandese della droga, che ha dimostrato di voler proteggere a mano armata dalle indagini di inquirenti e giornalisti investigativi – come il compianto Peter de Vries –, e da qualche anno ha messo gli occhi su quello che è diventato il principale punto di ingresso della cocaina latinoamericana in Europa: il porto di Anversa.
Il novembre belga è stato rovente anche per via del surriscaldamento della questione mafia marocchina, la cui caratura globale, oramai consolidata, è stata confermata da nuove operazioni di polizia:
Due arresti in relazione al prosieguo delle indagini del caso SkyECC – che, esploso nel marzo 2021, nel solo Belgio ha comportato l’apertura di oltre 700 fascicoli penali e interrogatori a più di 1200 persone;
Dieci arresti nel corso dell’operazione multinazionale Desert Light, coordinata dall’Europol, che ha sgominato il primo “super cartello” d’Europa – con la mafia marocchina nelle vesti di socio di maggioranza. Dieci arresti su un totale di quarantanove effettuati in sei paesi – evidenza della centralità del Belgio nelle nuove geografie del narcotraffico;
L’ascesa della mafia marocchina ha contribuito in maniera determinante alla trasformazione di Anversa nella prima e principale porta d’accesso della cocaina latinoamericana al Vecchio Continente. Cocaina che entra in quantità tanto elevate – 89,5 tonnellate sequestrate nel solo 2021 – che, nel novembre di quest’anno, secondo il procuratore cittadino Franky De Keyser, ha mandato in tilt gli inceneritori. Perché ad Anversa viene sequestrata, fra porto e strade, più bianca di quanta se ne riesca a distruggere.
I sequestri di sostanze stupefacenti ad Anversa sono tanti e frequenti, ma, secondo le stime delle forze dell’ordine, non verrebbe intercettato che un decimo di tutta la droga in entrata dall’America centromeridionale. Ragione che, sempre in novembre, ha convinto le autorità a varare un nuovo piano di assunzioni per potenziare il personale doganale del porto e ad investire nella costruzione di nuovi e più avanzati dispositivi di scannerizzazione dei container.
La lotta tra le autorità belghe e la mafia marocchina è appena cominciata e, sebbene non manchino i pareri di chi la ritenga una causa persa in partenza e di chi indichi il Belgio come un “narco-stato”, una sola cosa può dirsi certa: durerà a lungo. E sta silenziosamente trascinando il Belgio in un vortice di violenza gangsteristica dal sapore messicano. Ne sa qualcosa l’attuale ministro della giustizia, Vincent van Quickenborne, che nel settembre di quest’anno è stato salvato da un tentativo di rapimento ordito dai narcos marocchini.