giovedì 18 Luglio 2024

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Dopo 17 anni Piero Ferrari ha chiuso la sua avventura professionale con la Piaggio, l’azienda che rilevò nel 1998 insieme con il magnate italo-venezualano Josè Di Mase, dandole una nuova mission industriale – con lui decollò sul mercato il P.180, considerato un gioiello dell’aeronautica civile – e consentendole così di uscire dalla crisi che l’aveva piegata negli anni precedenti.

Il vice presidente della Ferrari, che non aveva più da tempo cariche operative, ha venduto la sua quota in Piaggio Aerospace, quell’1,95% delle azioni che aveva conservato dopo l’ingresso come soci di maggioranza degli arabi di Mubadala.

ARABI AZIONISTI DEL 100%. Ad acquistarlo è stato lo stesso fondo di Abu Dhabi, che ora detiene il 100% della società, con un atto depositato il 10 settembre presso uno studio notarile di Milano.

Nuovi azionisti, nuovi manager, nuove strategie: per l’ingegnere modenese il passaggio di testimone si era fatto inevitabile, dicono fonti vicine alla famiglia.

L’ingresso di Mubadala come azionista di maggioranza, e ora assoluto, di Piaggio, è avvenuto in tempi molto brevi – nel 2013 avevano il 41% – ed è passato al vaglio del governo, che ha dato il via libera all’operazione esercitando il golden power, perché sui cambi negli assetti azionari di società che operano nei settori della Difesa e della sicurezza, e di altri considerati strategici, Palazzo Chigi ha potere di veto.

Sull’azienda ligure l’esecutivo si è assicurato la «tutela delle capacità tecnologiche e industriali, della continuità di produzione, delle attività di rilevanza strategica sviluppate da Piaggio Aero Industries, in particolare nel settore dei velivoli a pilotaggio remoto».

RAPPORTI CON MONTEZEMOLO. L’arrivo degli arabi in Liguria era stato favorito da Luca Cordero di Montezemolo che ha antichi rapporti di amicizia e professionali sia con Abu Dhabi (siede nel consiglio di amministrazione di Unicredit in rappresentanza di Aabar, gli arabi sono azionisti del Cavallino) che con Piero Ferrari.

L’uscita di scena dell’ingegnere – secondo la lettura che se ne dà in ambienti vicini alla società – è anche frutto di una nuova stagione nei rapporti tra gli azionisti di Mubadala e il governo, che si sono fatti più solidi e diretti. Ad Abu Dhabi insomma non sentono più di aver bisogno di figure che garantiscano le relazioni con Roma.

LO SCEICCO VEDE RENZI. Lo sceicco e principe ereditario nonché presidente di Mubadala, Mohammed Bin Zayed Al Nahyan, ha incontrato due volte Renzi a Roma.

Homaid Al Shemmari, capo delle strategie del fondo, era a Cernobbio e diverse sono state le occasioni di confronto tra i manager degli Emirati e Palazzo Chigi negli ultimi mesi.CAMBIO DI GOVERNANCE? C’è chi dice che l’acquisizione del 100% della società sia il preludio anche per un cambio nella governance – Carlo Logli è l’amministratore delegato; Alberto Galassi, genero di Ferrari, ex ad, è il presidente -, ma si tratta di indiscrezioni che al momento non trovano conferma.

Certo a Villanova D’Albenga si è chiusa una stagione.Per gli arabi, invece, l’acquisizione dell’ultima quota rimasta nelle mani di altri soci significa avere il controllo totale sulle scelte, anche di management, di un’azienda che considerano strategica tra quelle in cui hanno investito negli ultimi anni in Italia, per i prodotti e le tecnologie di cui dispone, in primis il drone P.1HH, destinato al mercato militare, il cui sviluppo seguono con particolare attenzione.

 

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