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Non mi parlate di Ddr

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e di quel Muro

A venticinque anni dalla caduta del Muro, non voglio più sentir parlare della “vecchia, cara DDR”. Io la conoscevo la DDR, e non solo di nome. Ci sono stato e me la ricordo bene

Mi ricordo bene le tre ore di attesa al confine di Hirschberg, in Baviera, con i Vopos – Volkspolizei, polizia del popolo, così si chiamavano – con i mitra spianati, gli specchi sotto la macchina, i passaporti requisiti, le minacce e le insinuazioni, il cambio di valuta obbligato, il sequestro di giornali, cassette audio, libri.

Mi ricordo bene la “terra di nessuno” a perdita d’occhio, le torrette di segnalazione e i mitragliatori che entravano in azione automaticamente se qualcuno si avvicinava ai reticolati.
Mi ricordo bene l’interrogatorio quando mi chiesero perché avessi sul passaporto il permesso di soggiorno nella Repubblica Federale e parlassi così bene il tedesco. Troppo bene, dicevano, senza accento, nascondevo certamente qualcosa.

Mi ricordo bene quando mi dissero che ero un impostore, dato che le macchine italiane avevano la targa nera mentre la mia ce l’aveva bianca. Gli spiegai che era da pochissimo che in Italia le targhe automobilistiche erano cambiate e la mia auto era stata appena immatricolata.

Mi ricordo bene quando, alcuni giorni dopo, mi fermarono per – a loro dire – eccesso di velocità e allorché, ben sapendo di guidare ampiamente sotto il limite, chiesi al poliziotto di darmi una dimostrazione della mia infrazione la risposta fu: “È così perché lo dico io”.

 

Insomma siamo passati ad est!

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