venerdì 19 Luglio 2024

Nozze gaie

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La chiesa dice sì

 

«Scusi padre, il mio cane può fare il testimone di nozze?». «Sull’altare è permesso un abito bianco con minigonna e bustino push up?».

«Davanti alla chiesa vorremmo allestire un servizio di marriage drink (buffet con aperitivo ndr)». «Dopo la cerimonia, invece del solito riso, lanceremo dei volantini con scritto, Siete su Scherzi a parte!». «Per il momento del ‘sì’ si pensava a un brano dei Sex Pistols». «In chiesa abbiamo sostituito i fiori con tante statuine dei Puffi».

Sposarsi, un tempo, era una cosa seria; oggi, spesso, è una carnevalata. Colpa dell’arroganza degli sposi, certo. Ma un po’ anche dell’eccessiva arrendevolezza dei sacerdoti, ormai incapaci di opporre un «no» perfino a chi ruba nel sacchetto della questua. Del resto, poverini, bisogna capirli (i sacerdoti, mica i ladri della questua): se solo si azzardano a tentare di ricondurre la cerimonia nuziale sui binari della sobrietà, ecco subito piovergli sulla testa i fulmini, non del buon Dio, ma delle famiglie dei piccioncini: «Ma lei, don, è un parroco all’antica, si modernizzi… I nostri figlioli vogliono fare qualcosa di originale, non può censurarli. Retrogrado!». E poco importa se, il più delle volte, quel «qualcosa di originale» si rivela l’apoteosi del kitsch, l’esaltazione del cattivo gusto, la glorificazione del cafonal. Chi tenta di porre un sacrosanto argine alla deriva del matrimonially scorrect è destinato alla sconfitta. Com’è accaduto alla vigilia di Ferragosto al povero parroco di Cisternino che, per le nozze di Michele Placido, aveva tentato di impedire ad Al Bano di trasformare la chiesa in una folcloristica music hall alle cime di rape. La circolare emanata dall’Episcopato pugliese dal titolo «Celebrare il Vangelo della Famiglia nelle Chiese di Puglia», del 1994, a firma di monsignor Luigi Papa, oggi Arcivescovo emerito a Taranto, parla chiaro: «L’Ave Maria di Schubert non è un brano liturgico» in quanto ispirato a «due innamorati che convivono nel peccato…»; ragion per cui è ovvio che appaia inadeguato durante la celebrazione di un matrimonio cattolico. Ma chi se ne frega! Al Bano l’ha cantata lo stesso, tiè! Ma questa dell’Ave Maria contestata è una bazzecola rispetto alle «ordinanze» che le varie Curie locali sono state costrette a giare ai propri sacerdoti per impedire che i matrimoni in chiesa divenissero delle baracconate. E così, molte stravaganze, sono giustamente finite nel libro nero delle Diocesi.

In Veneto, ad esempio, i vescovi hanno messo al bando «abbigliamenti non in linea con la sacralità del rito matrimoniale»: decisione resa inevitabile dopo che, in una chiesa del Padovano, il futuro sposo si era presentato all’altare bardato da Hells Angels e la futura sposa era arrivata, a cosce scoperte, montando una fiammante Harley Davidson col papà sul sellino posteriore. In Umbria, l’Arcivescovado di Assisi, suggerisce – in ossequio allo spirito francescano – di evitare di presentarsi davanti alle chiesa «a bordo di lussuose fuoriserie» o di fare sfoggio di «addobbi in contrasto con la spiritualità dei luoghi di preghiera».

A volte a giocare brutti scherzi è invece la voglia di gastronomia a chilometri zero. È successo a una coppia di sposini di Santa Rosalia che ha approntato sul sagrato della cattedrale di Monreale una frugale tavolata a base di pasta c’anciova, panelle e caponata di melanzana; inevitabile l’intervento della Curia siciliana: «È fatto divieto di cucinare e consumare cibi nel raggio di 50 metri dalla chiesa ove abbia avuto luogo la funzione». E che dire poi di quelli che davanti alla chiesa ci arrivano in carrozza? A Roma, patria delle «botticelle», la tradizione è stata stroncata dalle autorità ecclesiastiche dopo aver verificato uno sgradevole effetto collaterale: i sagrati romanticamente inzaccherati dalla pupù dei cavalli. «Irricevibile» dalla Conferenza episcopale italiana (e quindi da tutti i vescovi) è considerata la richiesta di «coinvolgere gli animali durante la celebrazione del rito matrimoniale». Sembra un’ovvietà, eppure la «regola» si è resa necessaria dopo che tante coppie pretendevano di salire sull’altare in compagnia di cani, gatti, maialini, pappagalli, caprette e via zoofiliando. A conferma, forse, che il matrimonio può rivelarsi un’esperienza davvero bestiale.

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