lunedì 1 Luglio 2024

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La spinta dei cambiamenti climatici si fa più forte e le tensioni nel bacino del Mediterraneo rischiano di crescere sensibilmente. Secondo il dossier “Profughi ambientali: cambiamento climatico e migrazioni forzate”, presentato da Legambiente a Terra Futura, la mostra-convegno fiorentina sulle buone pratiche ambientali, nel 2010 il numero di persone costrette a lasciare le proprie case a causa dei cambiamenti climatici è arrivato a 40 milioni. Se fino a qualche anno fa erano le guerre la causa principale delle migrazioni di massa, oggi il motivo principale di fuga è legato agli eventi estremi moltiplicati dal caos climatico.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati stima che entro il 2050 si arriverà a 200-250 milioni di rifugiati ambientali. A pagare il costo maggiore del disastro climatico sono i Paesi che hanno la responsabilità minore perché sono quelli che, essendo arrivati per ultimi all’industrializzazione, hanno consumato meno combustibili fossili, i principali colpevoli per l’aumento dell’effetto serra. Secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), dei 262 milioni di persone colpite da disastri climatici tra il 2000 e il 2004 ben il 98% viveva in un Paese in via di sviluppo. Particolarmente colpite inoltre – sottolinea il dossier di Legambiente  – sono le donne: con un rapporto di 3 a 1 rispetto agli uomini per la loro posizione di svantaggio sociale rispetto al genere maschile nelle aree povere del mondo.
“Non si può pensare di intervenire solo in modo emergenziale sugli eventi catastrofici”, commenta Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente.  “Il primo passo da compiere è l’immediato riconoscimento giuridico dei profughi ambientali”.
Sul tema è intervenuto anche Valerio Calzolaio, il responsabile ambiente di Sel, che ha presentato a Firenze il suo ultimo libro, Ecoprofughi pubblicato da Nda: “Le migrazioni hanno sempre rappresentato un grande motore di rinnovamento e di vitalità per la specie umana. Ma oggi i cambiamenti climatici rischiano di imprimere a questo movimento una velocità preoccupante. Per ridare coesione alle società colpite dalla crisi degli ecosistemi e per agevolare l’accoglienza dei profughi occorre intervenire sia con politiche di aiuti mirate sia accelerando i processi di innovazione tecnologica che consentono di sviluppare le fonti di energia rinnovabile che permettono di ridurre l’uso dei combustibili fossili e quindi di frenare il caos climatico”.

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