I numeri dell’influenza, quando parlano di probabili contagi e di morti possibili, sono sempre da prendere con le pinze. La storia del virus dei polli insegna: nel 2005, quando a Malta si erano riuniti i maggiori esperti europei di influenza, si erano ipotizzati sedici milioni di infetti da H1N5, due milioni di ricoveri, 150 mila morti, soltanto in Italia. E non era lo scenario peggiore. Poi la realtà si è rivelata completamente diversa perché è mancato uno degli elementi che vengono presi in considerazione dai matematici per elaborare i loro modelli: la trasmissione da uomo a uomo. Che non è avvenuta. All’epoca non erano stati soltanto gli italiani a dare i numeri: anche David Nabarro, l’esperto delle Nazioni Unite per l’influenza aviaria, aveva stimato che l’epidemia avrebbe ucciso dai 5 ai 150 milioni di persone al mondo. E non è successo niente.
LA CASA BIANCA – Adesso gli Stati Uniti ci riprovano con l’influenza A e il Council of advisors on science and technology, lo staff scientifico della Casa Bianca, prevede che metà della popolazione americana sarà infettata dal virus e parla di 1,8 milioni di ricoveri ospedalieri e di un numero di decessi che potrebbe arrivare a 90 mila. Uno scenario plausibile, come lo hanno definito. Ma i Centers for Diseases Control di Atlanta, l’agenzia che ha la maggiore competenza al mondo nel campo dell’influenza, ha suggerito di guardare queste proiezioni con una certa cautela. Di solito gli scenari vengono disegnati attraverso modelli matematici che prendono in considerazione una serie di elementi. Eccone alcuni: l’andamento delle epidemie passate, il tipo di virus, il tipo di popolazione, la velocità di diffusione del virus, la capacità di contagio interumano, la capacità di reazione immunitaria da parte dell’organismo, l’aggressività del virus e le possibili mutazioni che lo potrebbero rendere più contagioso o più letale. Tantissimi elementi, che vengono variamente combinati per ottenere scenari diversi, dal meno preoccupante al più drammatico.
SCENARI POSSIBILI – Ma questi elementi possono variare in tempo reale e così le proiezioni che ne derivano. Ecco perché le previsioni sono difficili e possono diventare subito vecchie. Come, secondo alcuni, è successo a quelle fornite dallo staff della Casa Bianca: i dati, infatti, sono stati elaborati con le informazioni disponibili ai primi di agosto, ma adesso ci sono nuovi elementi, che derivano dall’osservazione dell’andamento dell’epidemia nell’emisfero australe, e sono meno preoccupanti perché il virus non sembra avere acquisito una forza maggiore, anzi. Harold Varmus, uno degli esperti che hanno scritto il rapporto, (ripreso ampiamente dai mezzi di comunicazione) lo difende perché ritiene che comunque un buon numero di persone si ammalerà, mentre gran parte della popolazione sottovaluta invece il pericolo.
IL PROBLEMA DELLE DOSI – Un’ultima osservazione riguarda il numero di dosi di vaccino che i governi stanno mettendo a disposizione della popolazione: questo numero potrebbe essere diverso da quello delle persone che potranno poi essere vaccinate perché ancora non si sa se il vaccino andrà somministrato in una sola dose o in due. “Le sperimentazioni sono appena iniziate con due dosi di vaccino- commenta Alessandro Zanetti responsabile del Centro di riferimento della regione Lombardia per l’influenza. -I risultati saranno disponibili ai primi di ottobre: allora si deciderà lo schema di vaccinazione”.
Insomma danno i numeri. Ma loro il superenalotto lo vincono d’ufficio.