Uscito di galera dopo 37 anni, vuole ritornarci: la logica del mondo ‘fuori’ è troppo diversa.
FIRENZE – Il vero carcere per lui, delinquente con un curriculum che è un riassunto di tutto il codice penale, è fuori dalle sbarre. Lì, lontano da quello che per trentasette lunghissimi anni è stato il suo mondo, una cella di pochi metri quadrati, lui non ci sa più stare. «Arrestatemi, vi prego», ha detto ai poliziotti che lo guardavano allibiti. «Cercate di capirmi… questo qui non è più il mio mondo, non ce la faccio più a stare fuori», ha spiegato senza tradire il minimo imbarazzo di fronte a una richiesta così originale. Carmine G., 60 anni, napoletano di Casalnuovo, si è presentato martedì agli agenti della polizia ferroviaria e ha spiegato che si trovavano di fronte a un sorvegliato speciale. Che a quell’ora lui doveva essere a Napoli, dove ha l’obbligo di soggiorno, e non a spasso per l’Italia. Che aveva deciso di andare via dal suo paese proprio per farsi arrestare. Lo ha spiegato con grande gentilezza e determinazione agli agenti su un binario della stazione dove era appena arrivato in treno. Gli agenti l’hanno portato in ufficio per verificare che non fosse un mitomane, che lui fosse realmente quello che diceva di essere, un vecchio delinquente con una lunga carriera che parte dal furto semplice e arriva all’associazione di stampo camorristico. Il terminale ha dato tutte le risposte che cercavano sul passato di quell’uomo. Tutte, tranne una: perché uno che ha sognato la libertà per anni adesso vuole tornare in carcere?
«NON È PIU’ IL MIO MONDO» – Perché, ha spiegato, dopo 37 anni dentro, ha scoperto che si sente troppo solo in un mondo che va a una velocità diversa dalla sua. «Perché fuori c’è troppa violenza e io non mi trovo più in questo mondo ». Fine, ha detto, non c’è altro da aggiungere a una vita che è tutta scritta in quelle pagine di precedenti penali. Ci aveva già provato il giorno prima a tornare in carcere. Era arrivato in treno fino a Bologna e si era presentato a un posto di polizia dicendo che non aveva rispettato l’obbligo di soggiorno. I poliziotti l’hanno arrestato ma, beffa delle beffe, dopo un processo per direttissima, l’hanno rimesso in libertà. Non soddisfatto ha preso il treno per Firenze ed è sceso alla stazione Santa Maria Novella dove ha contattato gli agenti della polizia ferroviaria che non hanno potuto fare altro che arrestarlo. Mercoledì è stato processato in tribunale per direttissima. Si è presentato in aula ben vestito, jeans e giubbotto, e con i suoi modi da gentleman . Quando è arrivato davanti al giudice Luciana Breggia, la prima cosa che ha detto è stata: «Voglio tornare in carcere, non ce la faccio più a stare fuori». Questa volta l’hanno accontentato: condannato a otto mesi, è stato immediatamente spedito a Sollicciano. Ha ringraziato tutti, agenti, magistrati e cancellieri, e prima di voltare le spalle al mondo, ha chiesto una «raccomandazione » ai poliziotti: aiutatemi a trovare un lavoro in carcere, lì dentro posso rendermi utile. Qui fuori, si è quasi scusato, per me non c’è più posto.