sabato 21 Dicembre 2024

Parola di vero campione

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Ovvero, come avemmo occasione di scrivere in un caso analogo, non si tratta di pelle ma di palle

 

 

Clarence Seedorf in studio a Repubblica Tv è intervenuto sul caso Balotelli.
Cosa pensa di quanto è successo sabato sera in Juventus-Inter e degli insulti razzisti nei confronti di Balotelli? Forse voi campioni, con dei comportamenti addirittura rivoluzionari, potreste fermare questo fenomeno.
“Certamente da parte della Federcalcio si possono aspettare interventi drastici e molto duri, ma direttamente non legati a razzismo. Perché io ho sentito anche cori, tipo “Uccidete Kaka”, ho sentito cose molto pesanti contro Materazzi e Gattuso. Balotelli è l’ultimo caso. Conosco questo ragazzo e lo sento ogni tanto: io penso che debba migliorare il suo comportamento. Tante volte l’ignoranza del pubblico è nel cercare comunque un punto debole. Si cerca di colpire il giocatore con cori fuori luogo. Però anche il comportamento nostro, dei giocatori in campo, può provocare reazioni che non sono giustificate. Entrambe le cose devono essere prese in considerazione. Primo il comportamento dei giocatori in campo: bisogna cercare di essere un esempio per chi ci guarda. E poi è necessario che la Federcalcio intervenga, in caso di comportamenti di questo genere, nei confronti del club:lo stadio vuoto per qualche volta, secondo me, ci starebbe alla grande”.
Le sono capitati mai episodi del genere? Ha mai avuto la forza e il potere di chiedere la sospensione della partita?
“No, nei miei confronti non ho mai sentito, pesantemente, questi cori. In qualche caso erano gruppi così piccoli che non voglio neanche dar loro attenzione, non se lo meritano. Come ho detto prima, ritengo che siano più che altro episodi di ignoranza e non strettamente legati al razzismo. Per me “Uccidete Kakà” è anche più pesante. L’altro giorno in Milan-Torino la nostra tifoseria stava cantando delle canzoni per di Kakà. Ma c’era anche la curva del Torino – che poi è anche una bellissima tifoseria con una tradizione addirittura storica- con sotto non so quante migliaia di bambini che per cinque minuti hanno sentito i tifosi sopra che cantavano “Uccidete Kakà”. Io non so dove mettere l’uno e l’altro: per me sono episodi pesanti tutti e due”.
Se sabato sera invece di Juventus-Inter, ci fosse stato Milan-Inter e il suo pubblico avesse fatto quello che il pubblico della Juve ha fatto nei confronti di Balotelli, come avrebbe reagito? In quei casi forse spetterebbe a voi calciatori andare dall’arbitro e dire: io in queste condizioni non gioco ed esco dal campo.
“Io credo sempre che c’è un’azione e una reazione. Sono qui ormai da dieci anni e allo stadio della Juventus, pur capitandomi anche di far gol, non mi è mai successo una cosa così grave. Certo, è stata sbagliata la reazione del pubblico. Che poi Balotelli è anche un ragazzo italiano. Però lui deve capire che non può comportarsi così perché provocherà reazioni comunque e ovunque. Ultimamente lo sto seguendo e lo dico con molto affetto: ha solo 19 anni e può e deve imparare. Perché se continua così avrà sempre un’immagine abbastanza negativa, secondo me. Per questo dico che ci sono due aspetti che devono essere presi in considerazione. Quello che ha fatto Eto’o qualche anno fa, e cioè uscire dal campo, mi sembra un’azione molto forte, che dipende dalle persone. Io sono sempre della convinzione che più diventano forti quelli che sono colpiti, meno forza avranno quelli che stanno agendo in modo negativo. Perché più attenzione dai e più rafforzi la loro intenzione di continuare, in quanto così raggiungono il loro obbiettivo. Credo che sia importante che l’organizzazione e i responsabili intervengano direttamente senza coinvolgimento dei giocatori. Anche se, secondo me, noi giocatori dobbiamo anche essere capaci di essere più forti di qualsiasi cosa. Siano i fischi o i buuh, bisogna essere più forti anche di questo”.
Ma il calcio, lo sport è la società più multiculturale e multietnica che esista, guardiamo le Olimpiadi o i Mondiali. Nessuno, ad esempio, si sognerebbe di urlare “bianco di m….” a Cassano, che pure è un giocatore molto istintivo. Balotelli non è l’unico “provocatore” che ci sia nel calcio italiano.
“Certo Balotelli non è l’unico provocatore, e nemmeno penso lo faccia coscientemente. Io ho un compagno di squadra, Gattuso, che è un grande provocatore anche lui, e ogni tanto sente cori abbastanza pesanti nei suoi confronti. Non urlano “bianco” perché sarebbe un autoinsulto, però dicono altre cose molto pesanti. Per questo sto sempre molto attento a usare la parola “razzismo”, perché l’ho vissuto e credo di saper differenziare: cosa è razzismo e cosa è ignoranza. E per me questa è ignoranza. Anche per i motivi che dite voi: lo sport è esempio di convivenza multietnica. E perché allora dobbiamo sempre star a discutere di razzismo da parte del pubblico? Sarà forse un problema sociale più grande del calcio. Anche se noi possiamo intervenire e aiutare a far crescere la consapevolezza della gente che va allo stadio su comportamenti e valori dello sport. Ma la Federcalcio può fare tanto, mentre ogni club potrebbe prendersi più responsabilità, educare i propri tifosi”.
Lei ha giocato tanto all’estero: ha assistito a episodi analoghi in altri paesi?
“Sì, anche in Olanda che è considerato uno dei paesi più multietnici del mondo, dove ci dovrebbe essere pertanto una tolleranza massima. Eppure anche lì ho assistito a cori di questo genere. E poi vai in strada e vedi il bianco col nero… Per capire certi sfoghi allo stadio ci vorrebbe uno psicologo: perché cioè la persona agisce in quel modo, quando si trova in uno stato di piena emozione e altissima tensione. E la prima reazione di solito è questa: sappiamo come funziona la massa, due o tre cominciano e il resto segue. Ma dobbiamo stare attenti a mettere sempre in mezzo la parola razzismo”.
Secondo lei è il caso che la Juve faccia ricorso contro la decisione di giocare la prossima partita a porte chiuse. Non le pare che il calcio abbia spesso un atteggiamento ipocrita? Sabato in partita non c’è stata alcuna presa di distanza o intervento durante i cori, domenica c’è stato un comunicato positivo e corretto in cui si chiedeva scusa e si affermava che “non poteva esserci alcuna giustificazione”. Adesso però si pensa al ricorso per evitare le porte chiuse…
“Credo che sia un atteggiamento sbagliato. Credo che se vogliamo dare un esempio, dovrebbero cominciare soprattutto le grandi squadre. La Federcalcio si deve imporre e ciò che decide deve essere rispettato. Perché questo è bene per il calcio in generale e anche per il paese. Sono assolutamente d’accordo. Penso che i club in generale possano fare di più per istruire i loro tifosi, in modo che diano un supporto alla loro squadra e non si concentrino invece sull’avversario. Questa è la mentalità che provoca tanti problemi”.
Quindi la Juve, secondo lei, non dovrebbe fare ricorso.
“No, non deve farlo. Anche se ci sono state altre situazioni simili. Però sappiamo che alla fine, generalmente, si cerca di prendere un qualcuno che possa dare più visibilità all’azione. In questo caso tocca alla Juventus una delle squadra più importanti d’Italia. Per dare un segnale forte a tutti gli altri a comportarsi in modo corretto”.
Seedorf, capiamo anche i suoi dubbi nell’utilizzare la categoria del “razzismo” in questa vicenda, però noi crediamo che i grandi campioni possano dare l’esempio. Perché non è possibile che un grande giocatore non chieda la sospensione di un match in casi del genere?
“Io non vorrei generalizzare, ci sono tanti campioni che danno il buon esempio. Però il potere dei giocatori è abbastanza limitato, e non solo a livello comunicativo. Nel calcio abbiamo la Fifa, l’Uefa, la federazioni nazionali, i vari club con i loro presidenti responsabili, poi gli allenatori e dopo vengono i giocatori. Io sto cercando di combattere certi atteggiamenti e con i miei compagni cerco di evidenziare delle cose: dobbiamo prendere più posizioni, stabilire qual è la nostra. Perché gli attori siamo noi, e senza di noi il calcio non esisterebbe. Abbiamo una responsabilità sociale, abbiamo anche una posizione che ci permette di fare azioni importanti. Però credo che il calcio non sia pronto per certi interventi. Spero che prima o poi i vari capitani delle squadre, i giocatori più rappresentativi possano cominciare a comunicare delle cose importanti”.
L’Italia ha un problema di razzismo serpeggiante nella sua società: l’esempio del calcio può essere fondamentale.
“Sono d’accordo. Però si deve partire dall’alto, non dal basso. Nel calcio tutto ciò deve partire da chi comanda, come Fifa etc, poi segue il resto. E l’effetto è lo stesso. Come nel pubblico cominciano due o tre a fare certi cori, così può funzionare all’incontrario. In positivo”.

Seedorf, campione d’Europa quattro volte, con tre squadre (Ajax, Real Madrid e Milan) ebbe a dire cose analoghe una dozzina d’anni fa alla televisione iberica. Conferma quello che dicemmo in occasione del “caso Zoro”: non e’ questione di pelle, e’ questione di palle!

 

 

 

 

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