giovedì 18 Luglio 2024

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La “pace” russa significa annientamento

Timofei Sergeitsev è un filosofo russo che ha avuto il suo momento di notorietà nell’aprile di quest’anno per un suo documento apparso sulla Ria Novosti dal titolo “Cosa deve fare la Russia con l’Ucraina” nel quale veniva confermato che, con l’inizio delle operazioni militari, si spostava sul piano pratico il progetto russo di denazificazione della Ucraina. Innanzitutto ricordiamo e precisiamo che Ria Novosti non è una qualsiasi Agenzia di Stampa russa, ma è, insieme a Intefax e Tass, una delle più grandi Agenzia di Stampa della galassia ex sovietica, sotto la supervisione del Ministero della stampa e dell’informazione della Russia dal 22 agosto 1991 e dal 2013 organo di propaganda del Cremlino. Inoltre il suo azionariato è sotto il totale controllo di Rossia Segodnia, organizzazione ufficiale di comunicazione internazionale della Russia creata da un decreto del presidente Vladimir Putin il 9 dicembre 2013. Si può quindi concretamente affermare che l’articolo in questione possa esprimere la visione strategica attualmente indicata da Putin e dal gruppo dirigente attualmente al potere a Mosca. Quindi, pur a distanza di qualche mese, resta un punto di riferimento per comprendere la posizione russa e il retroterra culturale, che hanno determinato questi primi 10 mesi guerra.
Innanzitutto l’articolo non è solo un attacco alla classe politica ucraina e al governo da questa espresso, ma al popolo ucraino nel suo complesso, che nella sua “maggioranza è stato assorbito e trascinato in politica dal regime nazista”. Infatti, ribadendo il concetto, si afferma che “oltre al vertice, parti significative delle masse popolari…sono naziste passive, complici del nazismo…hanno sostenuto e assecondato il governo nazista”. Si giunge così alla conclusione che “una giusta punizione di questa parte della popolazione è possibile solo come un peso inevitabile di una guerra giusta contro il sistema nazista, condotta…nei confronti dei civili”. Concetti e tematiche che pensavamo relegati al particolare contesto della II Guerra Mondiale.
Altrettanto chiara appare la sorte dell’Ucraina come entità nazionale. Infatti più avanti si legge: “la denazificazione può essere effettuata solo dal vincitore, il che implica (1) il suo controllo incondizionato sul processo di denazificazione e (2) il potere di garantire tale controllo. Da questo punto di vista, un paese denazificato non può essere sovrano”. Riprendendo poi alcuni concetti, che hanno caratterizzato il panorama europeo dopo l’8 maggio del 1945, si afferma: “i tempi della denazificazione non possono in alcun modo essere inferiori a una generazione, che deve nascere, crescere e raggiungere la maturità nelle condizioni della denazificazione”.

Passiamo ora ad analizzare in quali aspetti e comportamenti si palesa il presunto nazismo ucraino. Nell’articolo si afferma in maniera esplicita che “la particolarità della moderna Ucraina nazificata è l’amorfo e l’ambivalenza, che consentono di mascherare il nazismo come un desiderio di “indipendenza” e un percorso “europeo” di sviluppo”. Quindi elementi identificativi sarebbero il concetto identitario di appartenere ad una comunità umana distinta e autonoma da quella dell’Impero Russo e la volontà di essere parte di una ulteriore comunità sovranazionale, culturalmente – e non solo culturalmente – affine, identificata nell’Europa, ma che nella logica dell’articolo diventa adesione al “razzismo europeo”. Questo porta a conclusioni estreme che riprendendo il cliché della Grande Guerra Patriottica, infatti si qualifica “l’ucronazismo come una minaccia maggiore, per il mondo e la Russia, rispetto al nazismo tedesco di origine hitleriana” e a conferma di ciò la condanna non può che essere alla damnatio memoriae. Infatti, “il nome “Ucraina”…non può essere mantenuto come titolo di qualsiasi entità statale completamente denazificata nel territorio liberato dal regime nazista” ed ovviamente “la Russia dovrebbe agire come custode dei processi di Norimberga”.
Quanto sopra, evidenzia in maniera ineccepibile come la salvaguardia degli equilibri scaturiti dalla Seconda Guerra Mondiale e il rilancio del mito della Grande Guerra Patriottica siano indispensabili alle teorizzazioni su Eurasia e Tradizione – di duginiana memoria – poggianti su una volontà imperiale russa con capitale Mosca, rinata terza Roma. Infine viene rimarcata la colpa più grave imputatile al popolo ucraino, il suo sentirsi parte di un’Europa, unita nel nome della sua Storia con le sue peculiarità, culturali, etniche e linguistica, con la sua identità e la sua missione.
Riprendendo una frase di Adriano Romualdi: “L’antifascismo è la conservazione dello spirito di Yalta in Europa, è la garanzia politica destinata a prevenire la rivolta degli Europei contro i russi e gli americani. L’antifascismo è rinuncia, è viltà, è la supina accettazione della catastrofe del 1945”. 

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