Troppo complessi gli investimenti e spesso nell’eredità si perdono
Oggi la ricchezza è detenuta in modo asimmetrico dalle generazioni più anziane rispetto a quelle più giovani. Si tratta di cifre enormi, determinate dai cambiamenti demografici e dall’apprezzamento sostanziale degli asset, compreso un importante patrimonio immobiliare.
Per l’Italia stimiamo che nei prossimi trent’anni circa 3.800 miliardi di euro (al corso attuale) passeranno da una generazione all’altra. Gestire la ricchezza legata al passaggio generazionale può essere estremamente difficile per le famiglie coinvolte: ricerche precedenti hanno indicato che fino al 70% delle famiglie benestanti perde la propria ricchezza entro la generazione successiva e fino al 90% perde la propria ricchezza entro la terza generazione
Ovviamente, alcuni aspetti legati alla trasmissione della ricchezza sono inevitabili e non devono essere considerati necessariamente problematici. I patrimoni vengono suddivisi, tassati, e ciò che rimane può essere semplicemente impiegato in modo ragionevole e non eccessivo.
Allo stesso tempo, gran parte del patrimonio familiare è perso inutilmente, per motivi legati alla mancanza di comunicazione all’interno della famiglia, alla non pianificazione a e alla mancanza di allineamento sugli obiettivi finanziari.
Sebbene i consulenti finanziari possano fare la differenza in queste circostanze, fornendo il supporto e la guida necessari, il previsto trasferimento di grandi patrimoni rappresenta potenzialmente una sfida per la consulenza finanziaria, offrendo al contempo interessanti opportunità. Il successo dipenderà dalla capacità dei consulenti nel coinvolgere le generazioni che erediteranno e al contempo di progettare proposte che soddisfino le esigenze e le preferenze della generazione futura.
La traiettoria iniziale di una successione ereditaria è tradizionalmente orientata a favore di un partner femminile. Le donne vivono in media più a lungo degli uomini, con sette anni in più di aspettativa di vita in tutto il mondo, e sono leggermente più giovani dei propri coniugi in media in tutti i Paesi. In Italia, nello specifico, i dati Istat mostrano che le donne hanno un’aspettativa di vita di quattro anni in più rispetto agli uomini. Vi è tuttavia un’elevata propensione delle donne a non rivolgersi più al consulente finanziario del partner dopo la sua morte.
La ricerca indica che, di solito, ciò avviene perché il consulente non ha costruito una relazione con la partner femminile, o perché non è stato in grado di dimostrare di comprendere adeguatamente la prospettiva, gli obiettivi e le modalità di coinvolgimento preferite delle donne.
Lo stesso vale per i figli che ricevono un’eredità. Uno studio di Cerulli Associates indica che l’87% dei figli dichiara come improbabile l’eventualità di mantenere il consulente finanziario dei propri genitori quando riceveranno un’eredità. Anche in questo caso, la mancanza di coinvolgimento diretto è menzionata fra le cause di questo atteggiamento. In sintesi, i figli non hanno motivo di preferire il consulente dei genitori rispetto ad altri consulenti, in particolare rispetto a quelli raccomandati dai coetanei o a quelli con cui hanno rapporti già esistenti.
Per i consulenti finanziari, le sfide possono derivare anche dal loro stesso coinvolgimento in ogni processo di trasferimento dei patrimoni. Potrebbero essere più vicini per età o carattere al cliente rispetto ai figli e non avere una comprensione approfondita delle preferenze e dei principi degli eredi per quanto riguarda la gestione della ricchezza.
Può anche essere vero il contrario. Il consulente può incontrare notevoli difficoltà nel mantenere una famiglia come cliente se i suoi servizi non sono considerati in grado di apportare un valore aggiunto costante dopo la morte del detentore iniziale. La suddivisione del patrimonio può anche implicare che i successori si ritrovino con patrimoni più piccoli rispetto a quelli su cui il consulente tipicamente opera e di conseguenza seguirli potrebbe essere antieconomico.