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Perché la Russia continua a dipendere da Wall Street

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Solo l’atomica le dà un’apparenza d’indipendenza


Sto cercando di analizzare meglio l’impatto della caduta del prezzo del petrolio, e una delle storie più rilevanti in merito è quella che interessa la Russia di Putin. È ovvio che i problemi del Paese derivano da altri fattori, e cioè la situazione in Ucraina e le sue ricadute. È impressionante vedere con quanta rapidità si evolve la situazione finanziaria. I bond vigilantes a Mosca sono più che reali: i tassi di interesse sui titoli di Stato decennali, che a inizio anno erano sotto l’8%, ora hanno toccato quota 12,67%. Perché la Russia è così vulnerabile? Negli anni ha registrato forti attivi di bilancio ed è una nazione creditrice. Ma il debito estero è consistente per via dell’indebitamento del settore privato e le riserve in valuta estera si stanno riducendo a causa della fuga dei capitali privati.

Questo mi fa tornare in mente la crisi del debito in America Latina negli anni 80. All’epoca il Venezuela, come oggi la Russia, era un’economia petrolifera con forti eccedenze nel saldo con l’estero. Ma restava un debitore vulnerabile, perchéquei surplus (e non solo) erano stati riciclati in attività estere nelle mani di una classe dirigente corrotta. La differenza è che il Venezuela non ha la bomba atomica.

Un appunto sul prezzo del petrolio e l’economia americana. Presto potrebbero intervistarmi per sapere cosa comporta per l’economia americana la caduta del prezzo del petrolio, perciò ho pensato di vedere se avevo qualcosa di interessante da dire. La faccenda presenta più sfaccettature di quanto sembrerebbe a un primo sguardo. La grande notizia nel settore, prima che il prezzo del petrolio cominciasse a scendere, era il fracking, la tecnica della fratturazione idraulica che ha invertito la tendenza di vecchia data al calo della produzione interna. Qualcuno potrebbe pensare che questa impennata della produzione, riducendo le importazioni, abbia immunizzato gli Usa dagli shock petroliferi, ma dobbiamo ricordarci che prima dell’ultima impennata del prezzo del greggio i prezzi reali erano alti in rapporto ai parametri storici e le importazioni di petrolio in percentuale del Pil rimanevano piuttosto consistenti.

L’impatto economico della caduta del prezzo del petrolio potrebbe essere maggiore di quello che pensiamo. Lo sviluppo dell’estrazione da sabbie bituminose ne ha modificato la natura sotto rilevanti aspetti. Dato che siamo tornati ad avere un’industria petrolifera nazionale importante, una caduta del prezzo del greggio rappresenta un guadagno e una perdita. I benefici superano le perdite, e se la propensione marginale a spendere sarà analoga, la domanda aggregata avrà da guadagnarci. Ai vecchi tempi, quando la produzione petrolifera nazionale voleva dire principalmente miliardari texani e roba del genere, era ragionevole sostenere che quando il prezzo del petrolio scendeva la ridistribuzione interna imprimeva un’ulteriore spinta la domanda.

Ma i produttori di oggi, con la fratturazione idraulica, in alcuni casi sono molto diversi. Fra le altre cose, stanno realizzando grossi investimenti: ecco perché non è assurdo sostenere che una caduta del prezzo del petrolio potrebbe produrre effetti meno espansivi di un tempo, e forse addirittura effetti recessivi.

È solo una prima analisi, molto approssimativa. Ma l’effetto sui termini di scambio potrebbe essere solo una parte del problema.

(Traduzione per ilSole24 ore di Fabio Galimberti)

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