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O dell’incapacità di concentrazione

Dopo la pandemia, i videogiochi sono entrati sempre più spesso nelle aule scolastiche, suscitando la curiosità di esperti e ricercatori che ne stanno studiando le caratteristiche per poterli utilizzare al meglio e rendere l’apprendimento più coinvolgente. Gli studenti della Gordon Primary School di Canberra si stanno cimentando in un gioco educativo creato grazie a Minecraft: Education Edition che insegna loro la sicurezza informatica: il fine è cercare di costruire un muro per tenere le volpi fuori dal proprio castello ogni notte.
Laura Scholes, docente associata dell’Università Cattolica australiana e parte dell’Istituto per le Scienze dell’Apprendimento e la Formazione degli Insegnanti, è stata la ricercatrice principale di uno studio su larga scala sull’atteggiamento dei bambini nei confronti dei videogiochi e della tecnologia digitale.
Nella ricerca è stato chiesto a 613 studenti di 21 scuole pubbliche e private, di età compresa tra sette e dieci anni, quanto si divertissero a giocare e come valutassero le proprie competenze digitali. I ricercatori sono rimasti sorpresi nel constatare che gli studenti provenienti da un contesto socioeconomico più basso hanno dichiarato di apprezzare di più i videogiochi e di valutare in modo più positivo le proprie competenze digitali rispetto ai loro coetanei più avvantaggiati.
In particolare, hanno scoperto che le ragazze hanno meno probabilità di divertirsi con i videogiochi all’aumentare del loro status socioeconomico. Una spiegazione di tale fenomeno è che i bambini più abbienti siano impegnati in attività extrascolastiche anziché trascorrere il proprio tempo a giocare ai videogiochi. I ricercatori hanno anche ammesso che i ragazzi coinvolti nello studio avrebbero potuto anche sopravvalutare le proprie capacità, dato che al termine dell’osservazione è stato richiesto loro di valutare le proprie competenze.
“Le ragazze non si dedicano a materie come le scienze informatiche e la tecnologia, e questo si traduce in un problema in cui non riusciamo a far entrare le ragazze in quei campi che sono davvero molto richiesti”, ha spiegato Laura Scholes, che ha confermato inoltre come le ragazze si allontanino dai videogiochi in giovane età perché costituisce uno spazio in larga parte “maschile” in cui i ragazzi tendono a dominare.
“Ci sono molti stereotipi che entrano in gioco a questa età su cosa sia un’attività appropriata per una ragazza e per un ragazzo, quindi non ci ha sorpreso che i ragazzi si divertano di più con la tecnologia e il gioco rispetto alle ragazze”, ha ribadito la ricercatrice. “Si tratta di una buona notizia per tutti gli insegnanti che vogliano coinvolgere i propri studenti. Spesso i ragazzi delle comunità socioeconomiche più basse sono disimpegnati nella lettura, quindi se sfruttano la tecnologia come canale per coinvolgerli maggiormente, questi possono imparare molto sulla lettura e sulla scrittura attraverso il gioco, le tecnologie e l’uso di oggetti come Minecraft in classe”.

Anche se il demone della dipendenza dal gioco potrebbe influire sull’uso della tecnologia nel quotidiano e portare a conseguenze negative, Scholes ha puntualizzato come genitori e insegnanti dovrebbero abbracciarla in modo che gli studenti possano trarne beneficio. “Il gioco viene utilizzato per la formazione nel settore manifatturiero, nella medicina, nell’istruzione e in ogni genere di cose. La chirurgia di precisione ora viene, come dire, addestrata attraverso il gioco”, ha dichiarato. “Si sta diffondendo nella forza lavoro. Quindi dobbiamo impegnarci nelle scuole in modo sano, avere un quadro di riferimento o dei parametri su come utilizzarlo”.
“Penso che Minecraft: Education Edition sia una buona piattaforma. È un ottimo aggancio per coinvolgere i bambini”, ha dichiarato Melissa Bissett, vicedirettrice dell’Academy of Future Skills, che ha aiutato gli insegnanti delle scuole pubbliche australiane a integrare la tecnologia digitale nel proprio insegnamento. “Ma credo che faccia davvero parte di un pacchetto più ampio in termini di apprendimento, che deve essere in qualche modo collegato al programma di studi”.

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