sabato 20 Luglio 2024

Presidenziali francesi: il delirio e le macerie

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L’edizione originaria è in francese

La campagna per le presidenziali in Francia è ormai un delirio.
Il risveglio dalla sbornia sarà terribile perché il populismo di destra ne uscirà diviso, sconfitto e sostituito da ideologie importate da oltre oceano, condannato all’impotenza acida e rabbiosa.
Purtroppo la mentalità con cui si guarda alle elezioni è sbagliata, dimostra immaturità, impreparazione e infantilismo.

Molte persone credono che il Presidente della Repubblica in Francia abbia poteri che nemmeno il Re Sole o Napoleone ebbero mai. Si affidano così all’elezione di un salvatore che dovrebbe cambiare l’economia, la politica, la cultura, l’educazione, la propaganda mediatica e perfino i costumi sessuali dei francesi dando semplicemente ordini. S’ignora l’intreccio delle realtà nazionali e internazionali, si sottovalutano i capitali e la tecnica, in poche parole si delira.
Il Presidente della Repubblica ha certamente un potere ma questo è espressione, mediazione e rappresentanza di poteri reali. Come ha spiegato Mitterrand, ci si deve prima conquistare posizioni di forza tra questi poteri e solo poi si può aspirare all’Eliseo. E di lì si può provare a dare un indirizzo di un tipo anziché di un altro alle realtà esistenti: non ci s’inventa la trasformazione magica del reale con deliri da megalomani o con ingenuità da bambini.

Purtroppo l’immaturità regna sovrana e così la destra popolare si divide in due tronconi che sognano l’impossibile. Da una parte abbiamo Marine Le Pen che perlomeno ha il merito di voler ragionare in modo concreto ma che tradisce una serie di ritardi nella lettura della situazione odierna. Essa si pone come la restauratrice del buon senso, in una forma di democrazia arcaica. Qualsiasi cosa si possa pensare della sua proposta, essa non può concretizzarsi perché l’analisi del reale è vecchia, non tiene conto dell’evoluzione sociale e tecnologica che cambia anche la struttura politica,  quindi non funzionerà.
Dall’altra parte c’è Zemmour che, con un sostegno mediatico e finanziario inedito, gioca a fare l’estremista. La sua riedizione del lepenismo è nei fatti una cosa ben diversa. Si lascia ispirare da modelli ideologici costruiti a tavolino negli Stati Uniti, qual è lo “scontro di civiltà” di Hungtington che altro non è se non la fossilizzazione di un’ipnosi da costante guerra civile, così come sogna qualsiasi oligarchia per annullare ogni alternativa, come aveva ben visto Eric Werner.
Peraltro Jean-Marie Le Pen aveva degli immigrati una visione umanista e poneva il problema nei termini politici; leggendo i termini impiegati dal partito di Zemmour io vi trovo una depravazione ai miei occhi inaccettabile che tradisce una forma di razzismo biblico e un classismo sociale che mi nauseano letteralmente: ma questo riguarda me.

Qualsiasi scelta si faccia il 10 aprile, Marine, Zemmour o astensione, quello che conta è che dopo ci saranno macerie e che la destra popolare verrà ghettizzata definitivamente oppure manipolata da centrali vergognose. In ogni caso tutto sarà molto peggio di prima e questo per una ragione molto semplice, perché invece di lavorare giorno dopo giorno si continua a delegare a figure provvidenziali il compito di risolvere i problemi che noi non sappiamo affrontare. Questo vale sia alle elezioni presidenziali sia negli scenari mondiali dove sfilano figure mitizzate che si susseguono nel loro compito di salvatori provvidenziali e che sono sempre raffigurate in modo molto diverso da quello che sono. La lista è lunga, per restare agli ultimi anni abbiamo Putin, Salvini e Trump.
E ogni giorno è peggio di prima: per colpa tua non di altri.  Più sogni un megalomane  che ti salverà più cadi male; e questa volta non ci saranno cuscini ad attutire il colpo.

 

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