Serve più organizzazione
A 25 anni l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia guarda a un futuro nel quale tutti coloro che in Italia sono attivi nel settore delle Scienze della Terra facciamo massa critica, con l’obiettivo di unire le forze per una ricerca sempre più capillare e per diffondere insieme una nuova cultura della prevenzione.
“Mi auguro che l’Ingv svolga un ruolo di attrattore, che diventi sempre di più un aggregatore di tutta la comunità scientifica”, ha detto il suo presidente Carlo Doglioni nell’ANSA Incontra dedicato ai 25 anni dell’ente, nato nel 1999 dall’unione dell’allora Istituto Nazionale di Geofisica, dell’Osservatorio Vesuviano e di tre istituti che facevano parte del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
“L’idea è che tutti gli operatori a livello di università e di enti di ricerca facciano massa critica, sul modello del servizio geologico americano: quest’ultimo è un buon esempio di organizzazione sia amministrativa che scientifica per la gestione della conoscenza”, ha osservato Doglioni. “L’Ingv è nato dalla fusone di enti preesistenti grazie alla visione lungimirante di Franco Barberi, di Enzo Boschi e dell’allora ministro dell’Università e della Ricerca Ortensio Zecchino. Fu una visione importante perché permise di riunire competenze che devono lavorare insieme”. Da allora, la collaborazione e lo sviluppo tecnologico hanno permesso la crescita delle reti di osservazione: sono queste che insieme al lavoro di ricercatori e tecnici permettono, ha detto Doglioni, “di monitorare quello che fa Terra, di ascoltare il suo respiro”.
Dai vecchi sismografi degli inizi del solo scorso alle fibre ottiche e ai satelliti, gli strumenti per studiare la Terra sono diventati sempre più precisi. Questo è particolarmente importante per un Paese come l’Italia, che ha “una media di 20- 25 terremoti al secolo di tipo distruttivo, considerando che con l’edificato nazionale un terremoto di magnitudo 5,5 è già in grado di fare molti danni. Dobbiamo essere coscienti – ha detto ancora il presidente dell’Ingv – che dal punto di vita statistico i prossimi terremoti ci saranno inevitabilmente e che dobbiamo iniziare a prepararci. Dobbiamo essere consapevoli e chiederci se le nostre case sono in grado di resistere a quello che potrebbe essere un sisma nell’area in cui viviamo”.
Per Doglioni serve quindi “una nuova cultura della prevenzione. Oggi non siamo in grado di prevedere i terremoti, forse tra qualche decennio ci arriveremo, ma anche se ci arrivassimo sarebbe molto più importante avere una casa che, qualunque cosa succeda, resista perché il costo delle ricostruzioni è altissimo, molto più alto delle attività di prevenzione”. E’ molto importante, ha rilevato, “dare agli ingegneri i parametri che permettano di costruire nel modo più sicuro possibile e quello che abbiamo visto negli ultimi 20 anni è che questi parametri oggettivamente devono essere alzati”.