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Puntiamo oltre il Coronavirus

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Dovremo far fronte ai disastri sociali e possiamo riuscirci

Coronavirus.
L’Italia è in quarantena, molte nazioni europee rischiano di entrarvi. Nessuno sa quando e come se ne uscirà.
Alcuni effetti sono già prevedibili.
I danni all’economia saranno enormi. Molte imprese falliranno e tantissima gente perderà il lavoro in una fase drammatica per tutto l’occidente.
I ceti produttivi, i piccoli produttori, i commercianti, sono a rischio di sopravvivenza.
Di molti salariati neanche a parlare.
Quali che siano le future contromosse, si va sempre di più incontro al dislivello sociale.
Il modello privatistico di tipo americano, anche nell’assistenza, potrebbe imporsi.
I diritti acquisiti nel XX secolo si ridurranno progressivamente.
Dovremo affrontare un momento drammatico e sarà opportuno giungervi preparati.
Bisognerà creare delle vere e proprie forme di organizzazione sociale e di solidarietà. Un po’ come il mutuo soccorso del tempo in cui non si era avviato ancora lo stato sociale.
Serviranno anche reti di contatto, di distribuzione, di finanziamento comune.
Da affiancare a quelle di garanzia (ad esempio tra gli Stake Holders in Europa).
Non sto parlando di organizzazioni di setta o di piccolo gruppo, ma di organizzazioni consistenti per il rilancio dell’iniziativa e dell’autonomia. Solo il coordinamento delle forze potrà consentirci di rigenerare tutto.
Ritengo che si debba procedere gradualmente ma che si debba anche giocare d’anticipo.
Chi abbia già capito qual è l’esigenza mi contatti: ga@gabrieleadinolfi.it
Potremo avviare qualche struttura dormiente da attivare quando necessario e iniziare ad organizzare le reti di comunicazione e di diffusione.
I più se ne accorgeranno tardi, ma se in pochi avremo agito in anticipo, sarà un bene per tutti.

 

 

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