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“Hitler il fascista”

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Estratti da una storica intervista per la Gazzetta del Popolo

«Adolfo Hitler il “fascista”» è il titolo di un servizio speciale di Giulio De Benedetti pubblicato il 28 marzo 1923 sulla Gazzetta del Popolo, contenente un raro colloquio col Führer. Ne riproponiamo un ampio stralcio 

Si dice che intervistare il «fascista» Adolfo Hitler non sia cosa facile. Così almeno mi hanno informato a Monaco alcuni colleghi tedeschi. Non certo perché egli sia per temperamento un taciturno, ma perché i suoi compagni di fede non desiderano troppo che i giornalisti lo avvicinino.
Ma ieri il caso mi ha aiutato. Mentre stavo discutendo nella redazione del Volkische Beobacht, ecco comparire Adolfo Hitler.
Presentazione rapida: una stretta di mano così energica da indolenzire le dita (anche questo è un segno di forza) ed incomincia l’intervista.
Cerco di portare il «leader» del così detto movimento fascista su terreno più prossimo:

Mi potrebbe spiegare con chiarezza quale sia il programma immediato del suo partito?

«Lotta senza quartiere ai socialisti e agli ebrei. Distruzione di ogni idea internazionale. Attirare nel nostro movimento le masse operaie. Il concetto monarchia e repubblica ci è indifferente, come non siamo legati ad alcuna confessione religiosa. Vogliamo che il potere dello Stato sia affidato ad una minoranza onesta e capace. Si immagina lei» [si alza in piedi e si pone una mano sul petto] «che io, dittatore, mi lascerò, quando avrò la direzione dello Stato, comandare dal Parlamento e dai così detti rappresentanti del popolo? Io governerò», continua il veggente, «secondo l’ispirazione che mi verrà dall’intimo della mia coscienza…». 

Non crede che in un momento così grave per i destini del germanesimo, mentre si è riusciti a stento a formare un blocco nazionale contro la Francia, non sia tale azione pericolosa e non possa provocare la guerra civile?

«Noi andiamo diritti per la nostra strada. Siamo convinti che non si giungerà alla liberazione del popolo tedesco se prima non si distrugge il socialismo e l’idea semita. Come si fa a costruire un edificio se non si pongono prima le basi? Ora le basi della nostra liberazione sono la compattezza nazionale, la purezza della razza, l’abolizione del regime democratico… Del resto la lotta contro la Francia è condotta in una forma vergognosamente fiacca…».

Signor Hitler, lei ha paragonato il movimento social-nazionalista con quello fascista italiano. La situazione politica dei due Paesi, come risultato della guerra è diversa. Ma lei immagina che se gli austriaci, per ipotesi, vittoriosi, fossero ancora avanzati, dopo firmata una pace, nel territorio nazionale, i fascisti italiani si sarebbero limitati a urlare a Roma, a Milano, od a Napoli contro il «nemico interno»? Non crede lei che centinaia e migliaia di uomini sarebbero corsi a uccidere ed a farsi uccidere con gesto di disperata follia, pur sapendo di morire invano, ma certi ugualmente di dare il proprio sangue per la «liberazione» più lontana?

«Le mie forze armate non dispongono che di limitati mezzi militari. Se andassimo a batterci contro la Francia, saremmo schiacciati in poche ore».

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