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Ricordo di partigiani

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e di gesta eroiche a guerra conclusa

 

Buenos Aires – Argentina Settembre 2014

Stimatissima Signora Emma Moriconi,
il mio nome é Costanzo Pasian, sono nato in Italia nel 1935 a Piacenza da genitori del Friuli Venezia Giulia, e sono residente in Argentina dal 1948, cioè da quando avevo tredici anni.
Anzi tutto le chiedo scusa per il mio precario italiano, in Italia ho frequentato le elementari fino alla quinta, il resto degli studi li ho fatti in Argentina fino ad ottenere la laurea in architettura.
Leggo (grazie a internet) con frequenza le interessantissime rubriche che lei scrive su Il Giornale d’Italia, vorrei raccontarle una piccola storia che ho vissuta all’età di nove/dieci anni nel 1944/1945.
Per motivi di lavoro di mio padre con la mia famiglia abitavamo a Piacenza. Nel 1943 a causa dei frequenti bombardamenti il mio genitore decise di inviare mamma mio fratello e me in casa di mio nonno materno a Ziracco, una frazione del comune di Remanzacco in provincia di Udine.
Non ricordo bene se fu negli ultimi mesi del ‘44 o i primi del ‘45: un gruppo dei nostri “eroici” partigiani in piena notte bussò alla porta della “Cooperativa di consumo” del paesino, negozio dove si spacciavano merci varie e bevande, posto frequentato da tutto il paese dove i contadini andavano a giocare a carte, a morra, a bocce, a bere un bicchiere di vino e a cantare in coro. Il gestore della Cooperativa di nome Toni (non ricordo il cognome anche se suo figlio della mia stessa età era mio compagno di scuola) che abitava con moglie e due figli al piano di sopra scese per aprire la porta, loro entrarono e lo freddarono con il caratteristico colpo alla nuca davanti alla moglie e ai ragazzi. Gli “eroi” (nel paesino non mancano le strade in loro onore) coronarono la loro azione eroica saccheggiando a piene mani il negozio, mostrando così la loro vera stoffa. All’indomani, insieme ad altri bambini, andammo a vedere lo spettacolo del povero uomo riverso bocca all’ingiù sulla scala dove morendo cercò di salire.
Che reato aveva commesso per meritarsi quella condanna? Sempre lo chiesi ai miei genitori, ad altri parenti e paesani che erano emigrati come noi in Argentina e che lo conoscevano bene, tutti coincidevano: era un buon uomo, onesto, pacifico, mite, il suo peccato: leggere “Il Popolo d’Italia”, non nascondere il suo pensiero fascista a parole, senza mai avere partecipato ad azioni concrete, perché non ne aveva il tempo visto che era sempre dietro il bancone del negozio che funzionava tutti i giorni anche le domeniche e fino a tarda sera.
Presto compirò ottant’anni, le scrivo perché non vorrei morire senza aver raccontato questa storia, finita così nel nulla senza che nessuno mai condannasse gli assassini, al contrario li esaltarono dedicandogli delle strade.
A guerra finita un cosacco (in Friuli furono utilizzati dai tedeschi i cosacchi come truppe di occupazione) innamorato e sposato con una friulana andava tutti i giorni in bicicletta a lavorare in un paese vicino, una sera al suo ritorno dietro il cimitero del paese lo aspettarono un tal “Muini” (muini in friulano vuol dire sacrestano, soprannome datogli perché prima di diventare colonnello dei partigiani faceva quel mestiere) assieme ad un compagno e lo ammazzarono a picconate (le armi le avevano già consegnate alle autorità o nascoste in qualche parte aspettando la rivoluzione).
Forse i nostri “patrioti” dovevano fare qualche azione spettacolare e dato che in un paesino di cinquecento abitanti non potevano trovare altro hanno deciso questo atto di “eroismo”.
Nel paese ci saranno ancora sicuramente dei vecchietti che si ricorderanno e confermeranno queste storie e tante altre.
Le chiedo scusa per il tempo che le ho fatto perdere e approfitto per congratularmi con lei per quello che scrive e mi auguro possa raccogliere tutto in un libro.
La saluta Costanzo Pasian.

La vicenda raccontata da Pasian è una testimonianza diretta, raccontata oggi dopo settant’anni da quei fatti. Una vicenda di orrore e di sangue che testimonia, ancora una volta, che ci sono verità che sono state nascoste per tanto, troppo tempo.

 

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