venerdì 19 Luglio 2024

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Il presidente somalo si appella agli italiani. Non sa che nel frattempo non ce sono più

Presidente Hassan Sheick Mohamud, cosa pensa del legame fra Italia e Somalia?  
«La Somalia e l’Italia hanno una storia alle spalle lunga più di un secolo. C’è un livello di relazione tra la gente e un altro a livello di governo. Storicamente l’Italia è la nazione europea che ha colonizzato la Somalia a cavallo fra XVIII e XIX secolo, è questo il motivo dei forti legami fra italiani e somali. Esiste una grande fiducia fra i due popoli. Ricorderete che nella II Guerra Mondiale l’Italia è stata una delle nazioni perdenti e all’epoca la Somalia era occupata dagli inglesi. Nonostante tutto questo, quando l’ONU chiese ai somali chi dovesse prepararli per l’indipendenza, noi abbiamo scelto l’Italia e questa è la prova della fiducia e del legame che c’è fra le due società. Così la Somalia si è preparata ad essere una nazione indipendente e per 10 anni, dal ’50 al ’60, l’Afis, l’Amministrazione Fiduciaria Italiana della Somalia, è stata la prima organizzazione moderna creata in Somalia appunto dall’Italia. Ancora oggi in Somalia quasi tutte le leggi e gli atti giudiziari su cui si basa il paese nascono da leggi italiane. Alcune di questi sono tuttora redatti in italiano. Anche il settore della sicurezza era stato impostato dagli italiani, perciò ci sono molte somiglianze fra l’apparato di sicurezza somalo e quello italiano. Le leggi amministrative, finanziarie, regolamentari sono simili a quelle italiane, anche se negli ultimi 30 anni queste leggi non sono state aggiornate ed uno dei motivi della nostra visita in Italia sta proprio qui. Vorremmo che il governo italiano aiutasse quello somalo nel riformare e rivedere il nostro diritto. Dopodiché c’è anche un’integrazione economica. Oggi in Somalia ci sono molte proprietà che appartengono agli italiani o al governo italiano. Insomma questa relazione, come ho detto, dura da più di un secolo e l’Italia è oggi nella posizione migliore per poter aiutare la Somalia, perché le persone che conoscono meglio la situazione somala sono gli italiani. Un altro importante aspetto è che, a causa della guerra civile, abbiamo perso tutti i documenti, anche gli archivi nazionali…tutto e solo l’Italia ha oggi copia di certa documentazione, consultabile da voi in Italia. Per noi è fondamentale per permettere ai somali di sapere da dove vengono». 

Signor Presidente, il federalismo è tutt’oggi un tema aperto in Somalia. Come sta cambiando dopo l’accordo firmato con il Jubaland? Che risvolti questo potrebbe avere anche sul rapporto con il Somaliland?  
«All’inizio degli anni ’90 lo stato della Somalia è sprofondato nella guerra civile e per questo la nostra è una nazione frammentata, divisa in molte regioni e gruppi differenti. Questo ha spinto ora i somali a decidere di adottare il sistema federale come sistema di governo. E’ scritto nella costituzione e rappresenta uno dei mandati del mio governo: rendere la nostra nazione un sistema federale. Nello stesso tempo però dobbiamo costruire le basi legali per la federazione che attualmente non ci sono. Siamo in pieno processo federativo nazionale, ne ho discusso in Italia con il Premier Letta e il ministro degli Esteri Bonino, perché anche sul federalismo c’è molta esperienza trasferibile dall’Italia alla Somalia su come questo si possa facilmente applicare. Vogliamo raggiungere tutto questo prima del 2016, data in cui si svolgeranno le prime elezioni in Somalia».  

Ci ha detto che esiste grande fiducia fra Italia e Somalia, è questo un aspetto che si rispecchia anche a livello militare? Parliamo della missione OTAN che gli italiani si sono offerti di guidare nel vostro paese, ma che forse oggi è un po’ più lontana. Cosa ne pensa?  
«Ci sono due aspetti da considerare in ambito di sicurezza. Il primo è che l’Italia è parte dell’Unione Europea e che in Somalia c’è una missione militare di addestramento europea, che prima era in Uganda e ora è stata spostata in Somalia e di cui la maggior parte degli addestratori sono italiani. Ora sono a Mogadiscio e stanno iniziando ad addestrare, ma anche allenare e guidare, la nostra leadership somala. L’Italia ha anche fornito un consulente strategico al ministero della Difesa e Italia e Somalia hanno firmato un accordo di cooperazione per la difesa. Quindi, tornando alla sua domanda, da un lato l’Italia è parte dell’Europa che sta appoggiando il settore sicurezza somalo, dall’altra abbiamo firmato con voi un accordo bilaterale dove l’Italia aiuterà la riorganizzazione della sicurezza nel nostro paese. Una delle ragioni per cui l’abbiamo firmato è che nel 1960 la Somalia stava diventando una nazione indipendente e le prime forze armate di sicurezza erano state create e preparate dall’Italia e ora crediamo che nuovamente gli italiani siano in grado di poterci aiutare». 

È finita la pirateria, signor Presidente? Quando l’Unione Europea, la NATO potranno far transitare di nuovo le navi e il vostro paese assicurare la loro sicurezza nel Golfo?  
«Prima di tutto devo dirle che la Somalia non ha un passato di pirateria. Si sono verificati atti di pirateria in questa parte del mondo per la prima volta in migliaia di anni. La pirateria non è parte della cultura somala, del modo di vivere somalo, ma alcune circostanze in Somalia hanno creato la pirateria. Poi la pirateria nasce sulla terraferma, e non nel mare. Si tratta di persone che si sono imbarcate ed ora stanno ritornando a terra. In questo momento la pirateria in mare è quasi nulla, ci sono ancora dei piccoli incidenti, ma è quasi debellata. Il vero problema è che questi ragazzi sono tornati a terra e questi sono gli effetti di una guerra civile così prolungata. La Somalia ha perso due generazioni di ragazzi, quelli che avevano 5 anni nel 1990 e oggi hanno 28 anni. Non possiedono gli strumenti per vivere, tutto quello che sanno fare è come usare una pistola, nient’altro. Questo rende vulnerabili i nostri giovani che vengono facilmente reclutati dagli estremisti di al Shabab o dalla pirateria. Nel nostro viaggio in Europa, prima a Bruxelles all’Unione Europea e poi in Italia, abbiamo chiesto aiuto per riabilitare e i nostri giovani, in modo tale da potergli fornire una nuova vita e non costringerli più ad avventurarsi in mare. Al momento ci sono forze europee che pattugliano e mantengono la sicurezza per il trasporto via mare, ma queste forze possono rimanere solo per un breve periodo. La cosa davvero importante è riabilitare questi giovani ragazzi, fornire loro un’alternativa di vita e costruire la sicurezza militare somala, in modo che la Somalia possa proteggere il proprio territorio e il mare dalla pirateria e dalla pesca illegale. E’ per questo che parte della ricostruzione della nostra forza militare comprende anche la forza marittima».  

Un ultimo messaggio agli italiani?  
«Sono due le cose che voglio dire agli italiani. La prima è che negli ultimi 22 anni molti di voi sono morti in Somalia per appoggiare i somali ed è per questo, che a nome di tutti i somali, vorrei porgere le mie condoglianze a quelle famiglie italiane che hanno perso i loro cari in Somalia, che hanno perso la loro libertà in Somalia, spinti da un unico scopo: aiutarci. Ci spiace molto. L’altro messaggio che vorrei condividere con gli italiani è questo: guardateci, siamo di nuovo qui, dopo 22 anni torniamo in Italia e guardiamo a voi italiani e al vostro governo perchè ci appoggi. Nessuno è nella condizione e nella posizione migliore per aiutarci. Questo grazie alla conoscenza, al legame culturale e a quello storico che ci lega. Oggi l’Italia può di nuovo tornare a ricostruire lo stato somalo, così come è stata l’Italia ad aiutarci a crearlo 60 anni fa. C’è una nuova possibilità e vi chiediamo di farlo, per dar modo ai somali di risollevarsi». 

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