Home Tempi Moderni Ringraziando Storace, Veltroni e Marrazzo

Ringraziando Storace, Veltroni e Marrazzo

0


Lo spazio sociale per bambini e anziani finisce nella speculazione

 

Addio spazi sociali, l’ex «Casa del Popolo» del Celio torna sul mercato degli immobili commerciali. Dopo anni di discussioni e polemiche sulla sua futura destinazione d’uso, dopo mesi di interruzione dei lavori è stato riaperto il cantiere di via Capo d’Africa al Celio. Ma l’edificio non sarà più destinato ad ospitare né il previsto asilo nido, né il centro anziani e neppure la sognata biblioteca civica di cui più volte si era ipotizzata la nascita da parte del I Municipio: la grande palazzina sarà destinata a «uffici».

DAL FASCISMO AL MUSEO DELLA SHOAH – L’edificio – eretto agli inizi del ‘900 su progetto degli architetti Raffaello Pietrostefani e Giacomo Radiconcini -, negli anni del regime fascista ospitò la Casa del Popolo e in seguito fu sede dell’Ondi (l’Opera nazionale del dopolavoro italiano). Oggi è di proprietà della Regione Lazio che, con una delibera regionale (datata 14 gennaio 2011) l’ha dichiarato «patrimonio alienabile».

VELTRONI E I PROGETTI SOCIALI – Il tutto avviene a distanza di otto anni dalla battaglia della giunta Veltroni che – dopo aver fatto sgombrare il centro sociale di destra Foro 753 che ne occupava parte dei locali – aveva concordato con la giunta regionale d’allora di destinare la Casa del Popolo a spazi culturali e di quartiere. Si era addirittura parlato di farne la sede del futuro Museo della Shoah.

IMMOBILE SUL MERCATO – Invece, i lavori ripresi da qualche settimana tra via Capo d’Africa e via Marco Aurelio (il complesso ha due affacci, con l’ingresso auto sul retro) vengono eseguiti per poi metterla sul mercato e cederla ai privati. Il cartello, di fronte l’ingresso su via Marco Aurelio, recita testualmente: «Regione Lazio – Dipartimenti istituzionale e territorio – Lavori di manutenzione straordinaria e adeguamento sismico per la realizzazione di uffici. Importo 5.329.106 euro». E il cartello racconta che c’è stato il nulla osta della Sovrintendenza archeologica e di quella ai Beni architettonici e ambientali.

LA REPLICA DEL PDL: COLPA DI MARRAZZO – Sul caso interviene il consigliere municipale del Pdl Marco Veloccia, che ricorda come «nel 2005 l’allora presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, come primo atto del suo mandato ordinò lo sgombero dell’Associazione Foro 753», che a suo dire «aveva riqualificato e riconsegnato ai cittadini gli immensi spazi dello storico edificio». Secondo Veloccia, «purtroppo nei cinque anni della Giunta Marrazzo vi è stato il buio più completo». L’edificio è stato abbandonato «e fatto ritornare nel degrado». 

Ecco perché non si può scaricare «la responsabilità sull’attuale giunta quando per una intera consiliatura non si è fatto nulla». Veloccia si dice «contrario all’alienazione» e auspica che Polverini «torni sulle sue decisioni proprio per dare degli spazi socio-culturali al Rione Celio che ne ha enorme bisogno».

QUARTIERE IN RIVOLTA – Chi non è contento di questa nuova destinazione ad uffici sono gli abitanti del quartiere: speravano che dopo anni e anni di abbandono, dopo che per questo edificio erano state ipotizzate varie destinazione d’uso di interesse pubblico (si è parlato anche di un centro per l’immigrazione e, appunto, di un asilo nido e centro anziani) l’edificio potesse avere una destinazione diversa da quella ad uffici. «Uno dei problemi più gravi del Centro Storico consiste nel volume di traffico indotto – afferma, infatti, l’architetto Paolo Gelsomini, dell’Associazione progetto Celio – . Uffici, ministeri, banche, università sono dei potenti attrattori di traffico. Perfino i parcheggi lo sono, almeno quelli che non hanno caratteristiche di pertinenzialità».

«STOP AGLI SPAZI PER IL TERZIARIO» – «Il terziario presente nel centro storico dovrebbe essere spostato gradualmente verso le centralità presenti nelle periferie a cominciare da Anagnina e Pietralata, mentre gli edifici liberati dal terziario dovrebbero avere la destinazione d’uso di residenze o di servizi alle residenze. Ma molti edifici pubblici del primo municipio sono stati o saranno alienati per far cassa – lamenta Paolo Gelsomini – e sono ristrutturati per una destinazione d’uso finanziariamente più conveniente. E’ il caso delle caserme, di alcuni palazzi storici ed ora della Casa del Popolo».

«SERVONO SPAZI PER BIMBI E ANZIANI» – «È un’altra perdita per la città – afferma Letizia Cicconi, consigliere municipale del gruppo Misto – . Un asilo nido ed un centro anziani erano indispensabili in quella zona: per gli asili c’è tantissima richiesta e lunghe liste di attesa e al Celio non c’è più un centro anziani». 

I lavori in questo edificio, in realtà, sono sempre stati circondati da un alone di mistero. Iniziarono molti anni fa, con una basa d’asta di 80 milioni di lire per il consolidamento delle fondazioni, e poi sono stati ripresi e interrotti più volte.

L’ABBANDONO NEL DOPOGUERRA – L’abbandono della ex Casa del Popolo risale al secondo dopoguerra e l’edificio era stato anche occupato – dopo gli anni Novanta – da un’organizzazione di destra, con il sostegno di Alleanza Nazionale. Una sorta di «ritorno alle origini»: inaugurato il 6 ottobre del 1906, l’edificio del Celio era stato infatti la prima «Casa del Popolo» di Roma. Vi si tenne il IX Congresso nazionale socialista e poi divenne anche la sede dell’Unione socialista romana, per passare durante il Ventennio ad essere sede fascista. Alla fine della guerra l’edificio fu poi occupato dagli sfollati che vi rimasero per lungo tempo. Adesso la definitiva destinazione ad uffici.

LA RISPOSTA DEL FORO 753

“Come avevamo immaginato a suo tempo, lo spazio dell’ex casa del popolo di via Capo d’Africa sarà svenduto per un ennesimo caso di speculazione”. E’ quanto dichiarano gli esponenti del FORO753, che aveva occupato lo stabile in questione dal 2003 al 2005.
“Ciò che è avvenuto dimostra quanto le istituzioni continuino a perseguire una politica di svendita, di privatizzazione e di riduzione dei servizi sociali, per fare cassa e ripianare i disastri della mala amministrazione locale e della spietata politica del governo nazionale di smantellamento dello stato sociale”.

Prosegue la nota: “A chi esultò per il nostro sgombero diciamo oggi che siete stati complici di questo ennesimo sopruso ai danni del rione e della città di Roma. Responsabilità precise inchiodano Polverini, Marrazzo e Storace che avevano la possibilità di far restare lo spazio di Via Capo d’Africa un luogo di socializzazione, di cultura, di sport come quando il FORO753 lo aveva occupato e riqualificato, riconsegnandolo al popolo”.

Conclude il FORO753: “Ci batteremo affinché questa abominevole opera di speculazione non sia messa in atto per il senso civico e l’amore per la nostra città che contraddistingue la nostra attività politica da sempre ”.

Nessun commento

Exit mobile version