“Due persone guardano di fuori dalle stesse sbarre: una vede il fango, l’altra le stelle”.
È una frase del mistico tibetano Langri che veniva pubblicata di frequente negli aforismi in seconda di copertina di Tex.
Ho postato la foto delle navi da guerra italiana, tedesca e giapponese allineate sul Pacifico e alcuni hanno preferito vedere il fango, altri le stelle.
“È un test signore?” si chiedevano in Fight Club.
In effetti è un test: per riconoscere chi ha entusiasmo da chi non vuole più sognare.
Non era un semplice atto di nostalgia, se non di nostalgia del futuro.
Chi vede il fango sosterrà sempre che i cingoli del suo carro armato s’impantaneranno e che la sconfitta, anzi la macelleria inutile, è inevitabile.
Chi vede il fango mette in risalto che è un’esercitazione guidata dagli americani e la relativa convinzione che si tratti di una disposizione a combattere la Cina per ordine loro.
Non ha ragione neppure a metà, ma il grave, comunque, è che non vede altro. Che Italia, Germania e Giappone siano allineati militarmente dopo 79 anni gli scivola addosso. Che il Giappone sia di nuovo in armi e progetti il riarmo atomico, e con la Germania che medita di copiarlo, per lui conta poco, solo perché questo aiuterebbe gli Stati Uniti contro la Cina e dunque sarebbe sbagliato! Bel ragionamento…
In realtà non è proprio così. Sull’IndoPacifico le partite sono complesse, multilaterali e mai come lì predomina il multiallineamenteo, come lo definisce l’India di Modi.
Più di un programma commerciale e strategico americano è stato costretto a revisione dai comportamenti di Tokyo, di Nuova Delhi, ma anche di Canberra, di Seul e di Berlino.
Il QUAD non decolla, i rapporti con la Cina sono considerati da ognuno dei singoli paesi necessari sia economicamente che per giocare di sponda al fine di non sottostare all’egemonia americana. Fanno con la Cina quello che l’Europa provò a fare con la Russia, e la Cina che a differenza di Mosca, non è guidata da buzzurri ottusi, a differenza di questi ultimi, mantiene un rapporto di sponda, nella filosofia della politica “delle due mani”.
Nell’IndoPacifico dove si è trasferito il centro strategico del mondo, si gioca la politica del riarmo nella prospettiva del reset. Il Giappone e la Germania vi hanno un ruolo significativo, l’Italia ha intrapreso la strada per entrarvi. Perché, a fianco della linea eurafricana del Piano Mattei, le relazioni speciali intraprese con Giappone, India e Singapore vanno a braccetto con la ripresa dei rapporti con la Cina dopo che sono state cestinate le scelte-capestro firmate dal circo gialloverde.
Se la storia fosse maestra della vita come si dice, ci si ricorderebbe che l’indipendenza prussiana fu riconquistata dall’esercito messo a fianco di Napoleone e quella dei greci da Atene passò per una collaborazione nella Lega Delio-Attica, il nostro Risorgimento nacque tra le file bonapartiste. Più recentemente, si rammenterebbe che i tedeschi utilizzarono anche la Trilateral per riuscire a riunificarsi e i giapponesi per diventare per un lungo periodo il terzo player economico mondiale.
E si rifletterebbe sulla dottrina- Schaüble sulla trasformazione euro-atlantica, rimasta in piedi malgrado Putin abbia giocato per conto di Washington e abbia messo fuori gioco a dir poco a lungo la “morte cerebrale della Nato”.
Chi negli occhi ha le stelle, quale che sia la sua consapevolezza delle opportunità che si presentano, crede che il nostro gene, la nostra nazione, la nostra Europa, possano ma soprattutto debbano, ripartire con valori guerrieri e conquistandosi spazi di manovra. Spazi che non saranno mai determinati dal dogmatismo evocato dagli sconfitti, per i quali qui non si può fare nulla ed è bene solo tutto quello che ci corrode purché si proclami antiamericano. Che poi ci si proclama senza mai esserlo, contrapponendosi a chi, parole per le plebi a parte, si divincola davvero. Appunto Giappone ed Europa invece della Russia, che è sempre più funzionale agli Usa e sempre più legata a Washington, sia nell’armamento e nel nucleare che nelle informazioni satellitari.
E che gioca per la Casa Bianca a contenimento dell’Europa.
Questo paradosso che ha finito con il trasformare gli “antiamericani senza se e senza ma” in degli irriducibili e inguaribili tifosi inconsapevoli della Nato e del Dollaro, in fin dei conti è secondario.
Non è il massimo dei problemi, se non fosse che, per le sue premesse e per i suoi postulati, non imponesse la psicologia incapacitante dell’abitante passivo di Sodoma.
L’essenziale è che ci si liberi la mente della ruggine da frustrati che si è andata formando in anni di ghetti falliti e che si agisca invece con entusiasmo per la nostra potenza.
La nostra potenza non sarà occidentale né sud-globale non piacendoci nessuna delle due, ma centrale.
Gli altri players si devono considerare, tutti, sulla base dei propri interessi, non dei loro, né nella scelta del “meno peggio” da cui farci condizionare e dominare.
Una potenza che non può essere immaginata, e men che meno accettata o rifiutata, sulla base dell’intesa vera o presunta con questo o con quell’altro. Se la s’immaginasse così non sarebbe mai potenza, perché essa può svilupparsi solo se avremo il centro in noi.
Esistenzialmente, culturalmente e militarmente. Con al vento le bandiere che amiamo così come è appena accaduto sul Pacifico, ma andando ben oltre.
In una rivoluzione creativa.
“È un test signore?” Certo che lo è!