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Si può anche capire Putin

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La Russia ha perso tutti i confronti e perciò si aggrappa alla retorica della forza per cercare, inutilmente, di restare tra le potenze protagoniste

Posso capire perché Putin ha deciso di rafforzare gli Usa e la Nato e di muovere contro di noi.
Ha da vedersela con un’opinione pubblica interna nutrita da un secolo di propaganda imperialistica e d’ingiustificati complessi  di superiorità, per tenere intonsi i quali la propaganda è sempre stata mendace e a chiusura stagna.
Così, dopo l’implosione dell’Urss, dovuta al blocco degli aiuti finanziari americani causato dal tentativo bullo dei moscoviti di far pipì fuori dal boccale con la scelta afghana, l’umiliziaone collettiva ha lasciato pian piano il posto a un revanscismo altamente nostalgico.
Le strutture sovietiche, mantenute in piedi dal sistema organizzativo, dal mentale collettivo, dall’egemonia del mondo Kgb (da cui nasce lo stesso Putin) e dalla Mafia, hanno prodotto una nuova concezione in cui il bolscevismo restava fortissimo ma socialmente non più assistenzialista e collettivo. Insomma massima libertà per gli oligarchi che hanno razziato le ricchezze russe e investito tutto in Occidente, ma sistema di potere ancor bolscevico nel revanscismo sovietico.
Un mostro sincretico capitalcomunista, diverso nelle forme dal mostro sincretico occidentale su cui non ha mai smesso di modellarsi scimmiottandolo in ogni gesto, pur facendo attenzione di affermare il contrario.

Quando andavamo d’amore e d’accordo
Per un ampio lasso di tempo Putin sembrava volersi aprire all’Europa e inserirsi nel gioco di potenza in mondo interessantissimo, aiutandoci a creare una logica Gran Continentale.
Colse le aperture americane promosse da Kissinger per rimettere in sella una potenza disintegrata che doveva tornare ad assumere un ruolo nell’ordinamento mondiale. Partecipò così a quell’allargamento della Nato che ora sostiene essere avvenuto alle sue spalle e che non solo era stato concordato con Mosca ma a cui aveva fatto seguito l’adesione della Federazione di Russia nella compagine dei membri aggiunti con richiesta di adesione, con tanto di entrata nel Consiglio d’Europa e ventilata candidatura nella Ue. All’epoca della guerra in Iraq il ribattezzato asse Parigi-Berlino-Mosca sostenne di fatto Saddam. Il Cremlino sembrava andare nella direzione delineata da uno dei più autorevoli analisti russi, Andrey Kortunov, che propose – e continua a proporre – un’intesa bicipite tra Comunità Economica Eurasiatica ed Unione Europea, in modo di bilanciare lo strapotere Wasp e di tenere la Russia lontana dalla corrosione sistematica che sta subendo da parte cinese.
Poi, a partire dal 2008, Putin ha cambiato registro: si è posto in maniera aggressiva verso i popoli ex satelliti dell’Urss e ostile verso l’Europa, riesumando i toni e gli schemi della Guerra Fredda, ovvero il sistema di potere di Jalta. Una scelta che appare stupida perché il suo ruolo di potenza da guerra fredda si ritrova ad essere geograficamente limitato e di serie B, mentre la Cina fa la spesa di tutto in Russia a prezzi ribassati e, più Mosca s’inventa soluzioni per salvare il rublo, più la Cina può servirsi nello spaccio russo.
Perché questo?

L’ennesimo confronto perso
Lasciamolo utilizzare tutti i pretesti che accampa (la “minaccia” di attacco occidentale, l’allargamento della Nato, la “nazificazione” ucraìna, la volontà americana d’impedire quel multilateralismo che proprio Washington sta promuovendo e che proprio Mosca vuole di fatto contenere). Il motivo è un altro ed è l’ennesima disfatta subita in un confronto.
Nel decennio ampio di rinascita russa (1997-2008) la cooperazione con l’Europa non è stata accompagnata da una maturazione sociale del pachiderma di memoria zar-stalinista e il sogno nel cassetto di recupero delle influenze in quello che i russi considerano lo spazio vitale al loro ovest è tramontato. Nulla di nuovo sotto il sole. Come ai tempi degli Zar la gente che poteva muoversi se ne andava a Londra e Parigi e mai a San Pietroburgo, come durante il comunismo le masse scappavano a milioni verso ovest, così l’attrazione europea ha offuscato le seduzioni russe.
Nella convivenza euro-russa, i popoli dell’est sceglievano comunque l’Europa e diffidavano della Russia e delle sue mal celate mire annessionistiche.
La linea Gran Continentale, che era e resta la sola che avrebbe potuto e forse potrebbe ancora consentire alla Russia di non scadere a potenza di terzo livello, se non addirittura d’implodere, si rivelava frustrante per i russi e per il loro ingiustificato complesso di superiorità.
Di lì il ricorso alla forza per riprendersi il “loro” spazio ad ovest e per far sentire i sudditi fieri di qualche cosa.
Gli angloamericani hanno approfittato di questo sentimento per incanalare i russi in chiave di contenimento europeo anche sul Mediterraneo e in Africa, insieme ai turchi ma contro i turchi (divide et impera). I cinesi ne approfittano per mangiarsi la Russia pezzo per pezzo. E nel caso comunque improbabile che Mosca riuscisse a fissare il rublo all’oro (il cui prezzo, rammentiamo, viene fissato quotidianamente dalla City di Londra), sarebbe agevole per Pechino portarsi via quello di Mosca. Il Dollaro non è più convertibile in oro dal 1971 perché nel 1966 e 1967 un’azione francese, con sostegno russo e britannico, ne aveva messo a rischio le riserve auree.
Perché se la valuta è convertibile in oro e un partner (in quel caso era la Francia) rastrella la tua valuta e poi ti chiede il corrispettivo in oro nel restituirtela, allora sei davvero nei guai.
E fu questo che causò la caduta di De Gaulle e in seguito lo svincolo del Dollaro da quelle condizioni che rimanevano una Spada di Damocle.

La cortina di fumo dei pretesti
Putin forse non aveva alternative, visto lo stato psicologico di massa al suo interno e le condizioni oggettive del suo modello sgangherato.
Fatto sta che, Ucraìna a parte, la sua è una guerra all’Europa per procura angloamericana e una scelta disperata avviata alla corrosione interna da parte cinese.
Poi ci sono gli “scontri di civiltà” approntati per la tifoseria ottusa. Neobolscevica per l’interno e per i nostalgici del comunismo in giro per il mondo, con in più i valori della famiglia (in una nazione che primeggia per aborti, divorzi, suicidi e vendite legali di figli) e di sbandierate “tradizioni” affidate alla Fondazione San Basilio il Grande, capeggiata dall’oligarca Malofeev, indirizzata alle destre sclerotiche e fondamentaliste cui racconta una favoletta nella più totale mistificazione della realtà.
Ma questa dimensione dello “scontro” riguarda i talk show e i social e non la realtà che, meno aulicamente, ci propone un disperato tentativo muscolare di restare potenza da parte di una Russia che continua a perdere tutti i confronti con gli altri players, nessuno escluso.

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