Home Conflitti Siamo riusciti a diventare nemici anche di Atene

Siamo riusciti a diventare nemici anche di Atene

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La nostra scelta sciocca e servile di sostenere Serraj

L’attivismo della Turchia in Libia ed il memorandum sottoscritto tra Erdogan ed Al Sarraj, ha avuto tra gli effetti collaterali quello di far tornare sulla scena politica internazionale un paese rimasto, specialmente negli ultimi anni, decisamente ai margini. Il riferimento è alla Grecia guidata dal premier Kyriakos Mitsotakis, al potere dallo scorso mese di luglio grazie alla vittoria elettorale su Alexis Tsipras. Atene sarebbe la prima vittima degli accordi turco – libici, le nuove rispettive Zee decretate da Ankara e Tripoli di fatto taglierebbero fuori dalle rotte commerciali del Mediterraneo orientale proprio il paese ellenico. Da qui il tentativo, da parte greca, di correre ai ripari.

Le ultime mosse di Atene
Nella giornata di lunedì Kyriakos Mitsotakis si è recato a Riad, capitale dell’Arabia Saudita. Era da diverso tempo che un rappresentante del governo greco non andava nel paese mediorientale. La visita del premier ellenico è soltanto l’ultimo dei tanti passi in politica estera compiuti dal suo governo da dicembre ad oggi. La Grecia, paese sconvolto dalla crisi economica iniziata con la bolla finanziaria esplosa nel 2010, negli ultimi anni è apparsa definitivamente fuori da ogni dinamica politica. Con Atene impegnata a varare soltanto piani lacrime e sangue imposti dalla troika, che hanno distrutto l’economia e rischiato di stravolgere la società, non ha di fatto più avuto una sua politica estera. Le scelte intraprese dagli ultimi governi greci, sono state in qualche modo “dovute”. Inoltre, l’immagine di un paese devastato dalla crisi ha sempre frenato qualsiasi tentativo di Atene nel dare una propria impronta ed una propria linea in campo internazionale.
La situazione interna alla Grecia non è cambiata di molto rispetto agli anni peggiori della crisi. I disastri causati dalle mosse imposte agli ultimi esecutivi, non sono certamente rimediabili nel giro di pochi anni. Tuttavia il premier Mitsotakis, espressione del partito di centro – destra Nea Demokratia, da alcuni mesi è impegnato nel ridare un po’ di vigore alla politica estera del suo paese. Come detto, la spinta verso questo cambiamento è arrivata soprattutto dalle mosse di Erdogan in Libia. La Grecia teme, certamente non senza ragione, di subire un danno nel caso in cui per davvero la Zee turco – libica fosse internazionalmente riconosciuta. Ecco quindi che la mossa di Atene è stata quella di virare bruscamente verso i paesi posizionati, nel Mediterraneo orientale come in Libia, nello schieramento opposto ad Ankara.
Mitsotakis nell’ultimo mese è stato molto attivo: ha inviato il suo ministro degli esteri ad Il Cairo, ha incontrato Netanyahu ad Atene, come accennato prima lunedì si è recato a Riad dove ha tenuto un colloquio con Re Salman. A spiccare, in questo forcing diplomatico, è la partnership siglata nella capitale greca lo scorso 2 gennaio con Cipro ed Israele: all’ombra del Partenone, si è dato vita all’accordo per la costruzione del gasdotto EastMed, il cui progetto sferrerebbe un colpo molto duro ai piani di Erdogan nel Mediterraneo orientale.

La Grecia tra idrocarburi ciprioti ed il dossier libico
La questione principale che interessa Atene è comunque quella inerente i giacimenti a largo di Cipro. La querelle va avanti già da diversi mesi ed è lì che Grecia e Turchia appaiono maggiormente in contrapposizione. Ankara sostiene che non deve essere soltanto il governo cipriota interno all’Unione Europea a poter avere voce in capitolo sullo sfruttamento dei giacimenti. Secondo Erdogan infatti, anche la Repubblica filo turca di Cipro, estesa grossomodo nella parte dell’isola occupata dai turchi nel 1974, ha diritto ad avere la propria parte. Da qui le provocazioni, come quella iniziata il 18 gennaio scorso, giorno in cui la nave turca Yavuz ha iniziato ad esplorare i giacimenti assegnati ad Eni e Total. La Grecia è tra i paesi che più hanno fatto pressione affinché l’Ue imponesse sanzioni nei confronti di Ankara. Oltre al legame storico e culturale tra Atene e Nicosia, la ragione risiede nel fatto che il governo ellenico teme una diffusione dell’influenza della Turchia nel Mediterraneo orientale.
Il memorandum fatto firmare da Erdogan ad Al Serraj dunque, ha rappresentato la fatidica goccia in grado di far traboccare il vaso. Per questo Atene ha iniziato a prestare molta attenzione al dossier libico. Ed anche qui la strategia di Mitsotakis è stata quella di stringere alleanze con chi può rovinare i piani di Erdogan. Non è un caso che il 17 gennaio scorso il generale Haftar si è recato ad Atene in visita al premier ellenico. L’uomo forte della Cirenaica non è stato accolto come un capo di Stato, tuttavia è stato ricevuto con tutti gli onori del caso. La partita dunque è duplice, ma converge su un medesimo fronte: sia a largo di Cipro che in Libia, la Grecia vuole impedire l’avanzata della Turchia. E, per farlo, è tornata ad avere una propria linea in politica estera la quale è a sua volta legata a quella dei paesi schierati contro Ankara.
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