lunedì 1 Luglio 2024

Siore e siori: Spadofini!

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altMosse in vista del putsch bianco

Fini e i suoi si smarcano dalla maggioranza.
Provano a farlo all’italiana, alla chetichella, secondo la lezione per cui c’è sempre prima un 25 luglio e solo poi un 8 settembre. Le decisioni secche non si confanno all’italiota.
L’idea è quella di fare intanto balenare la costituzione di un terzo polo, centrista, dove i Fel-lones si ritrovano con i peones di Casini, i voltagabbana di Rutelli e i capataz dell’Mpa e coraggiosamente, tutti insieme, si astengono dal voto su Caliendo. Il che significa di fatto non sfiduciare la maggioranza pur allontanandovisi.
L’unica mossa politicamente intelligente dei congiurati, se si volevano avviati a rappresentare un’alternativa interna alla maggioranza che puntasse a ribaltarne la leadership, sarebbe stata  di votare comunque, per ora, a favore del Pdl. Così invece aprono le ostilità avventuristicamente.

Di che ostilità si tratta? A meno che il Waiter de noantri non sia al corrente di qualche dirompente manovra sotterranea coordinata da un soviet di giudici ed editori per scompaginare l’équipe di governo e promuovere un governissimo putschista, o non abbia avuto sentore di omicidi programmati del premier (il che non ci stupirebbe), la scelta è peregrina.
Nel mezzo non c’è spazio reale. Perché in prospettiva, un grande centro, correndo da solo, può anche superare la barra del 10% ma il Pdl e la Lega, ferme restando così le cose, continuerebbero a prevalere comunque sulla sinistra; ma anche nel caso opposto il grande centro sarebbe fuori gioco; sicché i centristi, con la legge attuale, non avrebbero un ruolo né altro futuro che la ruota di scorta esclusa da ogni governo possibile.
Se invece si stesse intessendo una trama di alternativa moderata, con un candidato premier stile Montezemolo e la partecipazione delle sinistre alla  coalizione, i “centristi” tutti insieme, con tutto il loro voto clientelare, correndo  con Pd e soci, non raggranellerebbero neppure un quattro per cento, mentre le astensioni di sinistra crescerebbero e il centrodestra vincerebbe ancora, e Fini, se sconfitto in questo schieramento, non avrebbe davvero più arte né parte.

Poiché il leader dei  neocentristi della Scrofa non è un imbecille, e soprattutto visto che i suoi fratelli sanno sicuramente consigliarlo, la spiegazione è per forza da cercarsi in una logica extra-parlamentare.
Fini conta sul putsch bianco e, intanto, non perde occasione per mostrarsi per quello che vuol essere: il continuatore dell’azionismo, l’erede di Spadolini e colui che possa ricoprire lo spazio lasciato vuoto dai radicali. Sono questi i suoi modelli, le sue vocazioni che, anche simbolicamente, lessicalmente e ideologicamente (laicismo sì, ma di evidente taglio massonico) rappresentano proprio  quegli spazi cerniera di potere delegato e servile cui l’ex presidente di An ambisce sfacciatamente.
Non perde quindi occasione non per cercare soluzioni strategiche ma per dare segnali della sua totale disponibilità a ricoprire il ruolo di ras africano, di rappresentante doc degli interessi dei poteri forti anti-italiani. Massima disponibilità, pur suicida, a far saltare le riforme populiste e a stringere i bulloni stranieri e clientelari sui polsi italici e le italiche caviglie. Ciò non ha una vera e propria prospettiva politica, in quanto la scelta fatta non contiene né dinamica, né spazio né luoghi concreti di sponda, ma i  signori che osservano Fini sapranno comunque ricompensarlo del sacrificio.

Per ora la partita se la sta giocando così e per quel che lo riguarda fa anche bene, ma i suoi soldatini, mossi e sacrificati come pedoni, offrono un’immagine alquanto imbarazzante e fanno anche un po’ pena.
Anche se qualcuno, tipo Barbareschi, sembra saperla lunga e avere le entrature giuste, forse per eredità paterna.
Comunque sia, una dozzina dei Fel-lones è  avviata a far carriera come lift del Palazzo.
Degli altri Fini dirà “chi se ne frega”. Del fascismo che incontrò casualmente un dì e su cui si è costruito una carriera lunga una vita, gli sarà rimasto impresso almeno il motto, anche se evidentemente lo ha inteso alla rovescia. D’altronde i segni inversi e le inversioni valoriali sembrano calzare come guanti al personaggio.
 

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