Il glorioso proletariato livornese attende che prima si unisca quello internazionale
Da un anno la sua casa è una decrepita Fiat Cinquecento del 1996, colore blu scolorito dal sole e dal salmastro che a Livorno non manca mai anche nei quartieri più lontani dal mare. Le molle dei sedili sono arrugginite, ottime per distruggere la schiena di un povero Cristo e a far venire i crampi alle gambe. Nelle notti di afa il caldo è insopportabile, d’inverno la lamiera si trasforma in un frigorifero. Salvatore Gino Picoco, 65 anni, un signore gentile ed educato, ex cameriere dell’Accademia Navale, pensione da mille euro, divorziato e senza figli, sopravvive nella sua utilitaria nel suo vecchio quartiere popolare nel centro della città e ogni tanto in qualche dormitorio pubblico. Dalla casa, affittata da anni, è stato sfrattato con la forza per morosità. E’ accaduto il 22 luglio dell’anno scorso, quando il Comune ha interrotto l’assegno di 1750 euro l’anno come sostegno per l’affitto. «I tagli sa, purtroppo non possiamo più aiutarla», gli ha detto un impiegato quando lui ha cercato di capire perché quell’assegno non arrivava più.
GIORNO PER GIORNO – La storia l’ha raccontata Qui Livorno, sito online di cronaca e attualità, ed è subito rimbalzata in cento blog e forum. Tutti a chiedersi come è possibile, in una delle città più civili e con i servizi sociali più avanzati (almeno a parole), vivere in età di pensione peggio di un nomade e senza alcuna assistenza. Neppure Gino, arrivato a Livorno a sette mesi dal «profondo Sud», si è fatto un’idea. «Quando l’assegno del Comune mi è stato tolto sono stati gli amici ad aiutarmi con una colletta – racconta – ma per far fronte all’affitto un po’ mi sono indebitato e continuo anche oggi a pagare più di 400 euro per far fronte ai creditori. Adesso non mi resta che vivere così, giorno per giorno». Il signor Gino ha molti amici. Tra questi due giovani coppie con figli che, senza casa, hanno occupato con tanto di striscione appeso la sede della circoscrizione. Non chiede niente se non un po’ di dignità. Che dopo cinquant’anni di lavoro si sarebbe conquistato. «In attesa di una casa ho il mio Cinquino», sorride scherzando mentre già pensa al parcheggio per stanotte. C’è vento di mare, si respirà un po’. Forse non sarà una notte insonne. Solo di crampi e mal di schiena.