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Sterminare i palestinesi non è reato

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In fin dei conti mica sono Giusti

 

Soldati israeliani hanno aperto il fuoco ferendo tre palestinesi vicini a Jabalia, nel nord della Striscia. Poco prima nella stessa zona i militari avevano lanciato lacrimogeni per disperdere alcuni manifestanti. Il giorno dopo la Pasqua ebraica Gerusalemme si prepara a settimane di violenza, come già titolano i quotidiani in prima pagina. La “Marcia per il ritorno” organizzata venerdì nella Striscia di Gaza in vista del 70° anniversario dello Stato d’Israele e l’espulsione dei palestinesi, con la durissima risposta dell’esercito (16 morti, mille feriti) interroga il Paese. Lo stesso Jerusalem Post, giornale di orientamento conservatore, si chiede in un’analisi: “L’uso della forza da parte delle forze armate al confine di Gaza è stato legale?”. Intanto il presidente turco Erdogan torna ad attaccare Netanyahu definendolo “un terrorista”.
Meglio prevenire, dice infine la risposta dell’esperto. Nessun dubbio in ogni caso da parte del governo. Il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, afferma che i militari hanno agito “esattamente secondo le procedure”. Intervistato dalla radio dell’esercito, Liebermann spiega che i militari non hanno invece reagito “nei confronti di chi non rappresentava un pericolo e non si è avvicinato alla recinzione”. Ferma poi la sua replica all’invito fatto sia dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, sia dall’Alto rappresentante europeo, Federica Mogherini, unanimi nell’invocare “un’inchiesta indipendente e trasparente”. Il ministro israeliano ha liquidato la questione: “Non ci sarà nessuna commissione d’inchiesta. Non ci sarà nulla del genere qui. Non collaboreremo con alcuna commissione d’inchiesta”. Al Palazzo di vetro di New York, sabato il Consiglio di sicurezza si era riunito con la proposta di condannare la reazione dell’esercito di Israele. Ma il progetto di una dichiarazione negativa è stato bloccato dall’intervento degli Stati Uniti, secondo quanto hanno rivelato fonti diplomatiche in loco.
A Gerusalemme è intervenuto di nuovo Benjamin Netanyahu, che sabato su Twitter aveva già difeso la condotta dei militari. Il premier lo ha fatto per rispondere alle critiche giunte dal capo dello Stato turco Recep Tayyip Erdogan. Fra Israele e Turchia non corrono ormai più buoni rapporti da anni: il Sultano considerato contiguo con i Fratelli musulmani è ritenuto responsabile di avere affossato quella che un tempo passava per un’alleanza d’acciaio fra Gerusalemme e Ankara, soprattutto sotto il profilo militare. “L’esercito più morale del mondo non accetterà lezioni da qualcuno che per anni ha bombardato indiscriminatamente popolazioni civili”, ha detto Netanyahu riferendosi alla guerra delle Forze armate turche contro i gruppi curdi sia all’interno del Paese in Anatolia, sia ora in Siria. E ha aggiunto con sarcasmo: “A quanto pare, così ad Ankara celebrano il primo aprile”. Erdogan aveva accusato Israele di aver compiuto un “attacco disumano” contro i manifestanti a Gaza, e di condurre nella Striscia “un massacro”.
Critiche giungono pure da Teheran. Le autorità iraniane parlano di “crimini” commessi da Israele con “il sostegno degli Stati Uniti”, e hanno espresso il loro totale appoggio al popolo palestinese e alla sua “resistenza”. Messaggi sono arrivati da esponenti del governo, del Parlamento e dei Guardiani della rivoluzione. Anche il presidente del Parlamento, Ali Larijani, ha parlato di “continuazione dei crimini commessi dai sionisti, con il sostegno del governo degli Stati Uniti”. Mercoledì prossimo il presidente iraniano Hassan Rohani sarà a Istanbul per un importante vertice sulla Siria organizzato da Erdogan, a cui parteciperà anche il capo dello Stato russo, Vladimir Putin. La nuova triplice alleanza affronterà naturalmente il caso di Gaza.
Nella Striscia 30 mila persone si preparano a manifestare da qui fino al 15 maggio, nel “Giorno della Catastrofe”, la Naqba, per ricordare il 1948 e la creazione dello Stato di Israele. Lungo i 65 chilometri del territorio chiuso su tre lati dai soldati israeliani e davanti dal mare, il giorno dopo i funerali la rabbia ribolle e i piani di rivolta vengono messi a punto.

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