La Legge 205/93, meglio conosciuta come Legge Mancino, infatti, i principi contenuti negli art. 2, 3, 4 comma II, 18, 21, 25, 36 della Carta Costituzionale, in particolare fondamentali diritti dei cittadini, quali la libertà di pensiero e di associazione
L’art. 21 della Costituzione Italiana, comma 1, 2 sancisce: “Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure (…)”.
Sono ormai dieci anni che in Italia, in palese violazione di questo punto cardine dei diritti e delle libertà inviolabili del cittadino, agisce una normativa liberticida (la Legge 205/93 “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa”, che ha modificato la precedente Legge 654/75 “Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966”) divenuta utile strumento di repressione nelle mani di chi, attraverso un uso distorto e politicizzato della giustizia, intende colpire uomini e gruppi non politicamente corretti, i non allineati, coloro che, agendo comunque in un contesto di le
La Legge 205/93, meglio conosciuta come Legge Mancino, viola, infatti, i principi contenuti negli articoli 2, 3, 4 comma II, 18, 21, 25, 36 della Carta Costituzionale, in particolare fondamentali diritti dei cittadini, quali la libertà di pensiero e di associazione.
Una normativa discutibile non solo dal punto di vista politico, ma pure giurisprudenziale, nel momento in cui il Legislatore non ha fornito nessuna definizione di “razza”, “razzismo”, né, soprattutto, di “discriminazione”. Cosa