sabato 20 Luglio 2024

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Vista dalla nomenklatura cadente l’offensiva dei nuovi banchieri

Ma cosa sta succedendo veramente in Italia? Per saperlo, bisogna fare una caccia al tesoro. Le notizie succose sono fuori dalle prime pagine delle testate nazionali, relegate in trafiletti nelle pagine economiche. Trovate qualche indizio nelle pubblicazioni corsare – questa, il Fatto, il Giornale di Sallusti, Dagospia, i Report di Milena Gabanelli – e dove meno vi aspettereste di cercarle: sul Sole 24 Ore dell’ottimo Roberto Napoletano.
Non aprono i telegiornali le inchieste giudiziarie sulle nostre banche, sulla Finmeccanica, sulla Telecom, le richieste di spiegazioni alla Vigilanza di Bankitalia, gli investimenti della Cassa depositi e prestiti. I motivi sono vari. Alcuni casuali: nel tempo che fu, a dirigere le corazzate dell’informazione c’erano giornalisti economici che capivano le cose prima dei loro stessi editori. Due nomi su tutti: Eugenio Scalfari e Claudio Rinaldi.
Oggi, trovare un inviato-redattore che sappia di che si parla non è semplice: fra prepensionamenti e autocensure, sono pochissimi gli addetti ai lavori in grado di verificare una velina o un boccone avvelenato. Eppure, le notizie di agenzie raccontano – per fare solo un esempio – che i piccoli investitori di Monte Paschi l’altro giorno in assemblea straordinaria piangevano. Le lacrime dei piccoli risparmiatori – beffati di un decennio di pasticci, di carta straccia venduta per buona – non fanno notizia?
Se il pubblico televisivo che viene aizzato contro gli onorevoli e i politici sapesse quanto sono costati a noi e al futuro dei nostri figli certi banchieri fighetti… guai a dirlo, guai a scriverlo. E dunque, ci accontentiamo delle vacanze di Formigoni (ah quanto mi divertirebbe leggere un elenco completo delle vacanze gratis di banchieri e giornalisti che oggi puntano il ditino contro l’ex governatore lombardo…) e dello scontro generazionale fra quarantenni e sessantenni nel Pd.
A proposito. Più ci penso e più il giovane Renzi mi ricorda l’onesto Segni. Girano l’Italia, la società civile (sempre quella che non paga i contributi alla colf, trucca le fatture, costruisce su suolo pubblico, condona la qualunque, sempre lei) va in deliquio, le contesse spolverano i salotti e rinnovano i tavoli, e poi come finisce? Che l’innovatore fa il lavoro sporco per altri. Segni cacciò in malo modo Forlani, Craxi e De Mita per mettere al loro posto i loro amici Casini, Berlusconi e Prodi (ancora oggi quel rinnovamento mi fa stridere i denti, con il massimo rispetto per tutti i protagonisti).
Renzi rischia di spazzare via Veltroni, D’Alema, Bindi e compagnia per lasciare via libera a imprenditori che risiedono in paradisi fiscali e banchieri che fuggono dai loro stessi disastri. Spero di sbagliarmi, sulla Terza Repubblica delle banche. Spero che la resistenza – affidata a quei pochi politici che hanno capito la vera posta in gioco – sia sorprendente ed efficace. Non è una questione di età, ma di sapere cosa accade davvero – in queste ore – nel proprio paese.

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