giovedì 18 Luglio 2024

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La celiachia, la più frequente patologia autoimmune del bambino, che coinvolge in prima istanza ‘intestino, registra nel nostro Paese una prevalenza tra le più alte al mondo: un caso ogni 60. E’ quanto emerge da uno studio multicentrico condotto su 9.000 alunni delle scuole elementari a Verona, Milano, Roma, Padova, Salerno, Ancona, Bari e Reggio Calabria. Un risultato che vede l’Italia all’avanguardia nello studio di una condizione che sta aumentando e non solo in età pediatrica, sottolinea la Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp), che ha condotto la ricerca presentata oggi al ministero della Salute.
“Malgrado il crescente interesse verso questa condizione nell’ambito medico e generale – afferma Claudio Romano, presidente Sigenp e direttore dell’Unità operativa di Gastroenterologia pediatrica e fibrosi sistica dell’Università di Messina – ancora rimangono tanti i casi di celiachia non diagnosticati, per cui la ricerca dei casi sfuggiti a una diagnosi rappresenta ad oggi un obiettivo primario dal punto di vista sanitario. La terapia della celiachia consiste nella dieta, con esclusione rigorosa del glutine contenuto in alcuni cereali, tra cui il frumento, per tutta la vita. La Sigenp si è impegnata nello studio più ampio mai realizzato al mondo su questo tema”. Lo screening di primo livello – spiega la società scientifica in una nota – è stato condotto attraverso un semplice pungidito per verificare, su una goccia di sangue, la presenza di anticorpi che indicano la predisposizione genetica. I bambini positivi a questa prima indagine sono stati poi invitati a sottoporsi a un prelievo di sangue per verificare più approfonditamente la diagnosi di celiachia

La celiachia, la più frequente patologia autoimmune del bambino, che coinvolge in prima istanza ‘intestino, registra nel nostro Paese una prevalenza tra le più alte al mondo: un caso ogni 60. E’ quanto emerge da uno studio multicentrico condotto su 9.000 alunni delle scuole elementari a Verona, Milano, Roma, Padova, Salerno, Ancona, Bari e Reggio Calabria. Un risultato che vede l’Italia all’avanguardia nello studio di una condizione che sta aumentando e non solo in età pediatrica, sottolinea la Società italiana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Sigenp), che ha condotto la ricerca presentata oggi al ministero della Salute.
“Malgrado il crescente interesse verso questa condizione nell’ambito medico e generale – afferma Claudio Romano, presidente Sigenp e direttore dell’Unità operativa di Gastroenterologia pediatrica e fibrosi sistica dell’Università di Messina – ancora rimangono tanti i casi di celiachia non diagnosticati, per cui la ricerca dei casi sfuggiti a una diagnosi rappresenta ad oggi un obiettivo primario dal punto di vista sanitario. La terapia della celiachia consiste nella dieta, con esclusione rigorosa del glutine contenuto in alcuni cereali, tra cui il frumento, per tutta la vita. La Sigenp si è impegnata nello studio più ampio mai realizzato al mondo su questo tema”. Lo screening di primo livello – spiega la società scientifica in una nota – è stato condotto attraverso un semplice pungidito per verificare, su una goccia di sangue, la presenza di anticorpi che indicano la predisposizione genetica. I bambini positivi a questa prima indagine sono stati poi invitati a sottoporsi a un prelievo di sangue per verificare più approfonditamente la diagnosi di celiachia.
Sulle cause del problema gli esperti sono d’accordo: si può affermare che la celiachia per il 40% dipende dalla predisposizione genetica, per un altro 40% dall’alimentazione, il restante 20% da fattori ancora sconosciuti. Se una persona ha la predisposizione genetica, ma non consumerà mai glutine, non svilupperà la malattia. Alla luce di questi risultati, bisogna quindi trovare strategie per tenere sotto controllo il fenomeno. “Le indicazioni emerse dal nostro studio sottolineano la necessità di uno screening nazionale della celiachia – conclude Catassi – perché abbiamo verificato che, nonostante l’attenzione che i pediatri italiani pongono sull’argomento, la sottodiagnosi è ancora un problema enorme”.

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