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Sulla verticalità

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Come mettere a frutto l’eccezione Scianca

 

La mia recensione de La nazione fatidica di Adriano Scianca ha suscitato un primo dibattito, una tantum intelligente. Tuttavia il confronto è rimasto prigioniero di logiche tutto sommato periferiche.
La questione non è infatti di stabilire se ci sia discrepanza, e quanta, tra le sue conclusioni e la linea politica di CasaPound in cui Adriano milita e svolge un ruolo culturale di punta.  Nemmeno quante possibilità ci siano perché la linea ufficiale di CasaPound sia rettificata in corsa dalla lettura di questo libro.
La questione è ben altra e non riguarda CPI ma tutti noi in senso lato, cani sciolti compresi, e non è che accessoriamente legata ai posizionamenti sull’Europa che non sono che consequenziali all’essenziale.

Verticalità
Ho intitolato la mia recensione come un paragrafo del libro: il patriottismo verticale.
L’indomani ho aperto il Primato Nazionale, in cui l’editoriale di Scianca è molto ma molto graffiante e appropriato, e ho scoperto che anche lì era stato scelto lo stesso titolo per recensire il suo libro.
Verticalità, questo è il punto. E non vi è verticalità se non si hanno le radici in cielo e – susseguentemente – piantate in terra. La riscoperta della verticalità è il valore principale del libro di Scianca, una verticalità che – i tempi lo esigono – scarseggia assai nella nostra stessa famiglia politica.
Le rarissime volte che qualcuno parla di spirito esprime ancora orizzontalità perché lo confonde con un’emozione condivisa, tutt’al più romantica, più sovente retorica. Al massimo lo scambia con l’anima, anzi, con la psiche.
Lo Stile, poi, che è espressione dello spirito, non solo è dimenticato ma si fa a gara nel dimostrare che se ne può fare a meno, che si è superiori ad esso, che l’educazione è borghese e che noi, no, non siamo borghesi. Così viene meno il rispetto per gli altri, per il proprio ruolo e per se stessi. E questo lo si riscontra quotidianamente anche ai piani più alti della nostra piramide caotica.

Orizzontalità
L’orizzontalità domina incontrastata. Si è orizzontali nel superamento dell’io, che viene espanso in un collettivo definito comunità dove l’esibizionismo e il narcisismo si fanno strada in modo preoccupante. A me, sinceramente di Gabriele Adinolfi non frega niente, è nato e morrà, quello che conta è se e come sta in sintonia con Qualcosa che lo trascende e che è millenario, se non eterno. Importa solo come riesca a strumentalizzarsi per quel Qualcosa. Idem per ogni espressione politica che l’individuo in questione ha attraversato e continua ad attraversare.
Ragiono così perché la linea che tengo sempre presente – grazie ad esperienze passate, a concezioni raggiunte e a uno Stile al quale fui educato – è verticale, non orizzontale.
Oggi in quanti possono dire che il gruppo, il partito, il movimento, l’associazione, in cui militano ha significato solo come un momento di passaggio, da strumentalizzare a un fine e che non è un fine in sé? O, comunque “l’unica realtà che rappresenta quel fine”?

Materialismo e mediocrità
L’orizzontalità produce una visione della politica e della vita esclusivamente materialista. Così si spiega perché quest’area oggi si scaldi per questioni monetarie e di export e si senta così attratta dal volontariato caritatevole, che è la valvola di sfogo sentimentale dell’economicismo. Così si spiega perché quest’area, che da diversi decenni ha dimostrato di avere pochissimo carattere, dopo essere stata un dì terra di conquista per piccoli malavitosi, poi per ultrà calcistici, quindi per opportunisti politici, sia ora così aperta e così prona a tutta una serie di “economisti” o “filosofi” di matrice marxista e/o liberale (spesso ambo le cose insieme) che concionano e le spiegano come si combatte la globalizzazione, ignari, loro, ma purtroppo anche noi, che basterebbe informarsi per scoprire che lo sappiamo da almeno sette decenni e che non c’entrano per niente le formulette dei mediocri figuri che trovano platee solo tra gli ingenui dove passano il tempo a sbrodolarsi appresso al loro io.

Idee e teorie
Le posizioni politiche sono importanti, ma se nemmeno Salvini è in condizioni di mutare il reale senza una macchina da guerra, di certo non lo può chi non abbia un’avanguardia rivoluzionaria, una strutturazione e una metodologia che nemmeno sa cosa siano. Qualsiasi cosa dica CasaPound o Forza Nuova o chiunque altro, perché l’area è composta da realtà significative come Lealtà Azione, Vfs, Casaggì e da migliaia e migliaia di associazioni, come risultato sul reale conta poco più di zero.
Certo è desolante che si senta bestemmiare nei programmi politici, riscontrandovi ostilità nei confronti dei tedeschi o posizionamenti incondizionatamente anti-europei.
Queste devianze non sarebbero possibili se si recuperasse verticalità perché di lì subentrano  il legame ideale, il dovere storico e metastorico, il sentimento di fedeltà.
Le Idee però sono una cosa, le teorie un’altra. Sicché cosa si pensi a proposito dell’Euro, del come muovere la critica nei confronti della UE, di come immaginare le elezioni, rientrano nel novero dell’opinabile, delle convinzioni, dei pareri, delle possibilità.
Ma chi è ancora in grado di distinguere l’alto dal basso? Chi è capace di non assolutizzare le teorie? Quasi nessuno, visto che prima si sono relativizzate le idee e si è trasformato il proprio viscerale nell’ombelico del mondo.

Il valore
La questione non è quindi se CasaPound, Forza Nuova o una serie di associazioni territoriali cambieranno o meno posizione nei confronti dell’Europa e della Germania, se sapranno svolgere nel populismo il ruolo che indica Scianca. O se, aggiungo io, riusciranno a lasciarsi alle spalle il neologismo “sovranista” con tutto quello che comporta come orizzonti mentali angusti e distorcenti.
Quello che preme è – lo ribadisco – il recupero della verticalità, il resto viene da sé.
Questo è il valore incommensurabile de La nazione fatidica che, fortunatamente, trascende qualsiasi dimensione politico-organizzativa o di comunità umana.

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