Multa miliardaria per la DuPont. La multinazionale della chimica ha taciuto gli effetti dannosi dovuti alla produzione del teflon, che riveste anche le padelle. Tra acque inquinate e feti malformati, ci troviamo di fronte all’ennesimo esempio di un “progresso” che uccide l’uomo e devasta l’ambiente. Avanti così, il futuro è sempre più roseo!
E’ in arrivo una multa miliardaria per l’americana DuPont. La multinazionale della chimica è caduta sotto l’occhio vigile dell’Epa, l’Agenzia americana per la protezione dell’ambiente. E’ il teflon, quel materiale usato per rivestire le padelle antiaderenti o che, trasformato in telone, viene usato per ricoprire gli stadi e i capannoni industriali, a rischiare di impoverire la multinazionale americana, così come l’ha resa ricca.
La scoperta che hanno fatto i ricercatori dell’Epa non è da poco: la DuPont per vent’anni avrebbe taciuto la presenza nelle acque vicino ai suoi stabilimenti di un agente chimico ben oltre i limiti consentiti dalla legge. L’agente chimico è il Pfoa, acido perfluoroctanico, utilizzato per la produzione del teflon.
Tracce sono state trovate nelle riserve d’acqua vicine ai suoi impianti, in West Virginia e nell’Ohio. Non solo. Le stesse tracce di agente chimico sono state rinvenute nel sangue di alcune lavoratrici incinte, una delle quali avrebbe trasferito al proprio feto parte della sostanza. Alcuni neonati avrebbero inoltre sviluppato malattie e malformazioni agli occhi.
Il Pfoa non è considerato tra le sostanze dannose, tuttavia diversi studi indicano la possibilità di rischi per la salute. E la Bbc, solo pochi mesi fa, denunciò che le esalazioni del teflon sono fatali per gli uccelli. Secondo la legge Usa l’acido sotto accusa rientra tra i prodotti di cui le aziende chimiche hanno l’obbligo di rendere note tutte le informazioni.
Informazione che dalla DuPont non sono mai arrivate. Anzi, l’azienda, che opera anche in Italia nel settore dei concimi per l’agricoltura, avrebbe tenuto nascosto per vent’anni uno studio interno da cui emergeva che le acque vicino alle sue aziende presentavano alti di livelli di acido e che nel sangue delle sue lavoratrici ne erano state trovate tracce. Uno studio che ha girato tra i manager dell’azienda, ma che non è mai uscito fuori. In vent’anni nessuna informazione è arrivata ai cittadini, né alle autorità locali.
Lo studio insomma è stato tenuto segreto. Ora la DuPont rischia di dovere pagare milioni di dollari di multa. L’azienda, infatti, potrebbe essere costretta a corrispondere 25.000 dollari al giorno per le violazioni avvenute prima del 30 gennaio 1997 e 27.500 dollari al giorno per le violazioni avvenute dopo quella data. Per un totale di 300 milioni di dollari.
Una multa esorbitante che avrebbe potuto evitare se avesse aderito a una amnistia nel 1991 che “perdonava” le aziende che avevano infranto le leggi ambientali. Difficile – viene comunque osservato dai vertici dell’Epa – che le penali raggiungano una cifra complessiva dai contorni così elevati.
Ma oltre all’Epa si sono mossi i cittadini che vivono vicino a Parkersburg, nel West Virginia, dove l’azienda produce da cinquant’anni il teflon. Si sono uniti in una class-action, una causa collettiva, per chiamare in tribunale la DuPont. L’accusa: l’azienda avrebbe contaminato acque e ambiente per anni.
Da parte sua la DuPont contesta ogni addebito, sostenendo che non ci sarebbe nessun rischio per l’uomo sia nella produzione del teflon, sia nell’utilizzo del Pfoa, l’acido usato nel processo di lavorazione. “Cinquanta’anni di esperienza supportati da numerosi studi scientif