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Tornare a essere Prometeo. Ed Ercole

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Prometheica è la prima folgore in un cielo buio

 

E ben venga Prometeo!
Come scrissi oltre un anno fa in Anticorpi, la percezione del Gran Reset mette a nudo tutti i limiti psicologici e intellettivi di una società in ritardo su se stessa e agitata in trance come una massa di zombie.
Il crollo di tutte le certezze arcaiche e fasulle va salutato come qualcosa di vitale che dobbiamo essere ben felici di vivere. La democrazia smascherata, le stampelle psicologiche di rassicurazione per delega tarlate e in rovina, le “opposizioni” che non sanno né saparanno a cosa opporsi mentre i governi non governeranno ma si lasceranno governare, tutto questo abolirà infine la speranza e ci costringerà ad assumere la fede in noi, vieppiù in un mondo ultratecnologizzato.
S’inizia già a intravedere questo processo sano e rigeneratore.
Il manifesto Prometheika è una prima folgore.

Il Manifesto
Lo trovate alla pagina https://www.facebook.com/Prometheica-101270035762657/
È infine un canto vitalista e tradizionale nel senso corretto del termine, in linea con quanto appartiene alla nostra stirpe e alla sua funzione creatrice, alla prerogativa di coloro che seppero imporre al mondo il Ciclo Eroico. È un ritorno alla sintonia con le primavere del secolo scorso e con una forza al tempo stesso vitale e ideale che da troppo tempo è appassita, avvizzita, nei musei dei ricordi e delle conservazioni.
Perfetta la visione che ne esprime Adriano Scianca “In effetti, a benvedere, noi oggi viviamo nell’epoca degli stagnanti. Stagnanti sono la destra e la sinistra, i conservatori ma anche i progressisti”.  E ancora “La tentazione inerzista e decelerazionista innerva quello che potremmo definire conservatorismo zombie. Ovvero il disperato aggrapparsi politico ed esistenziale alle sopravvivenze larvali di un mondo superato, rifiutando di farsi carico di tale superamento. Si scommette sul ritardo con cui un vecchio ordine ancora si conserva, ma che è già del tutto sprovvisto di vitalità: è, di fatto, un morto vivente. Puntare tutto sulla lentezza o addirittura sulla stasi è ovviamente suicida  non solo il ritmo «naturale» non esiste, ma anche fantasticando impossibili ritorni all’indietro, non si saprebbe poi bene dove di fatto si vuole tornare, se non alla stazione precedente di un binario che ha sempre il medesimo capolinea”.

Heidegger e Dumézil
Francesco Boco cita Heiddeger «La mia convinzione è che solo a partire dallo stesso luogo nel quale è sorto il moderno mondo tecnico, possa prepararsi anche un rovesciamento (Umkehr) […] Per cambire modo di pensare è necessario l’aiuto della tradizione europea e di una sua riappropriazione. Il  pensiero viene modificato soloda quel pensiero che ha la stessa provenienza e la stessa destinazione».  E Lorenz:  “L’uomo può progettare qualsiasi futuro, ma il solo avvenire che possa ambire a produrre un riemergere della verità essenziale deve forzatamente radicarsi nella tradizione di pensiero, nell’orizzonte di senso, che configura il tempo dell’inorganico del mondo attuale. Questa è la tradizione plurimillenaria europea, che inizia nella sua potenza originaria con la provocazione di Prometeo”.
Andrea Anselmo cita Dumézil “gli indoeuropei non erano popoli primitivi, trogloditi o non evoluti. La loro incredibile intraprendenza razziatrice, dal ver sacrum italico alle fare longobarde, dalle razzie con il carro da guerra alle spedizioni piratesche, erano possibili soltanto grazie ad una visione, termine che infatti ricorre  nei Veda così come nel latino video. Tale “visione” archeofuturista ante litteram deve essere rivissuta nell’assalto  della massificazione, dell’addomesticazione e forse ancora di più dell’ossessivo controllo totale”.

Volete giocare col fuoco?
Ribatterà qualche tradizionalista sostenuto da tanti cacadubbi e cacasotto.
Carlomanno Adinolfi precisa “E si torna sempre alla domanda iniziale. Dove finisce la virtù di Prometeo e dove inizia la sua colpa? Quando il mito prometeico apre la strada a vie che invece che all’Olimpo portano ad altre strade più infere, è ancora opportuno farlo proprio? Una delle letture che meglio aiuta ad uscire da questo apparente cul de sac la dà il filosofo che più di tutti aveva superato la dicotomia morale tra bene e male. Nella sua Nascita della Tragedia Nietzsche fa del mito prometeico uno dei pilastri su cui si basa l’intera Weltanschauung europea. In Prometeo che ruba il fuoco celeste e forgia gli uomini a propria immagine il filosofo tedesco intravede forse i prodromi del Superuomo che è norma a se stesso ed è capace di creare un mondo che segua nuove tavole della legge da lui stesso scolpite, ma soprattutto vede «un’eredità comune della razza ariana, ed è un documento della sua attitudine alla profondità tragica»
Ma è anche nella “punizione” di Prometeo che Nietzsche intravede l’essenza tragica dell’Uomo Europeo. La fine tragica del Prometeo, infatti, è tutt’altro che una punizione per un misfatto: è la prova a cui è sottoposto dagli Dei celesti, l’insieme delle sofferenze che devono essere
affrontate per raggiungere le superne vette olimpiche”.
E ancora:  “Peccato attivo, l’affronto al Cielo come motore necessario per la Civiltà Europea che nasce in seguito a una nuova sintesi, a una nuova conciliazione, a una nuova Pax Deorum è un’idea che finalmente spariglia le carte del dibattito sul titano. (…) Nella concezione aria invece ciò che distingue il titano dall’eroe è solo il risultato: il primo ha fallito, il secondo ha raggiunto l’Olimpo. Di più: il titano viene definito «la  materia prima dell’eroe».
E proprio Ercole è un elemento che troppo spesso viene dimenticato ma che nel mito di Prometeo è centrale”.

Nietzsche ed Evola
Sempre l’Adinolfi ripercorre Evola e mette in guardia da deviazioni evolomani “La Rivolta contro il mondo moderno che molti pseudo-tradizionalisti invocano citando Evola non è mai stata una rivolta contro il progresso, la tecnica o la scienza. Semmai è una rivolta contro il progressismo e lo scientismo e dunque contro un certo approccio mentale e “spirituale” alla tecnica, ma mai e poi mai un conservatorismo che idealizza un passato più bucolico e un regresso  tecnologico che mai ha fatto parte dello spirito europeo.  L’uomo indoeuropeo è sempre stato portatore di innovazione attraverso la tecnica. È colui che ha eretto i templi megalitici con tecnologie tuttora inspiegabili. È colui che ha inventato i carri da guerra e portato alle vette più alte la metallurgia e l’arte delle armi, colui che per primo ha “migliorato” l’inviolabile corpo umano attraverso le armi e le armature prima e le tute tecnologiche poi, colui che ha eretto i grandi templi classici, che ha inventato le strutture ad arco, gli edifici monumentali in marmo, le cattedrali, che ha ideato la prospettiva, che ha generato le più grandi correnti artistiche della storia, che ha ideato i più complessi macchinari da Leonardo fino al Novecento e molto altro. Pensare a un greco o a un romano che rifiutino il progresso tecnologico per questioni morali è come pensare a una fiera che rinunci a cacciare per non far male agli erbivori: è semplicemente qualcosa di innaturale e impossibile”.

Cosmos e Stella Polare
“La tensione prometeica alla tecnica è dunque una base fondamentale se si vuole pensare in termini di civiltà europea da ri-costruire o ri-fondare. A cui va assolutamente aggiunta la tensione erculea di trovare una nuova armonia in senso superiore, verticale, eroico. Ma che non ha nulla di “morale” o “religioso”. La differenza tra un Partenone, un Colosseo o una cattedrale di Chartres rispetto a un Corviale o a un mostro di cemento sovietico non ha nulla a che fare con la “sacralità del corpo umano” o con “offese verso Dio”, se non nei termini classici di armonia e Cosmos”.
Bene! Acceleriamo il passo in modo di lasciare indietro tutti i dubbiosi, tutti i timorosi, tutti coloro i cui piedi non sono fatti né per salire né per danzare e lasciamoli continuare a lamentarsi in nome di diritti costituzionali, desiderosi di tornare a una “normalità” mai stata normale, a cui non torneranno mai e che era stagnante come questa ma, rispetto ad oggi, aveva il difetto di non trovarsi a un punto limite. Ora da qui sta a noi. Possiamo scegliere perché i nostri occhi – e i nostri slanci – rispecchiano la nostra anima: possiamo guardare al fango o alle stelle.
Ed è bene che ci s’inizi a orientare nuovamente sulla Stella Polare. Come promette Prometheika.

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