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Tra New York e Mosca

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Bilancio della guerra russoamericana – e inglese – all’Europa combattuta in Ucraìna

A due mesi dall’inizio dell’invasione dell’Ucraìna riepiloghiamo i punti fermi che emergono dal conflitto, a prescindere dalle propagande incrociate e tralasciando  il frasario e il simbolismo dell’Unione Sovietica che hanno contrassegnato la faticosa e limitata avanzata militare russa, costellata di perdite.

Chi combatte in Ucraìna?
Russi, ucraìni, volontari e contractors, specie dalla parte russa che paga meglio. Poi, con limitate presenze oblique (armi e/o istruttori), turchi, inglesi, americani ed europei, più in competizione tra loro che realmente alleati.

È una guerra Nato?
No. È una guerra che rafforza la Nato ed è scoppiata proprio quando la leadership europea era orientata a superare quell’alleanza e a intraprendere una politica di grandi intese con Mosca. Soprattutto Berlino e Parigi che, dal 2015, non aveva smesso di armare i rivoltosi filorussi del Donbass. La mossa russa risulta perciò a prima vista incomprensibile.

Gli ucraìni sono pupazzi della Nato?
Lo sarebbero se con istruttori Nato avessero invaso la Russia, non si possono definire pupazzi quelli che prendono armi e sostegni da chiunque li dia una volta che devono difendere la propria terra, i propri cari e la propria libertà. Più calzante è sostenere che i pupazzi della Nato siano i russi, visto che con la loro azione non spingono soltanto gli invasi a stringersi intorno al Patto Atlantico ma, risvegliato quest’ultimo da una quasi letargia, lo hanno esteso alle candidature svedese, finlandese, forse georgiana e perfino svizzera.

L’invasione russa è una risposta all’allargamento della Nato?
No. L’allargamento della Nato venne firmato di comune accordo nel 1997 quando Putin era già una figura di peso e comprendeva l’entrata della Russia nel Consiglio d’Europa, e ciò tre anni dopo il disarmo atomico dell’Ucraìna. La Nato non ha mai combattuto i russi né aveva alcun interesse a farlo oggi. Per giunta la candidatura ucraìna alla Nato non poteva andare in porto perché priva delle condizioni fondamentali e per il veto francotedesco.

L’invasione russa è una guerra preventiva?
No. Le manovre Nato come membro esterno da parte di Kiev non sono diverse da quelle compiute dalla stessa Federazione Russa che è stata anch’essa un membro associato della Nato per diverso tempo. Pretendere che mirassero a preparare un’invasione della Russia è ridicolo. Se quella fosse stata l’intenzione, la Nato avrebbe colto al volo l’occasione offerta dall’offensiva di Putin. Perché non lo ha fatto? Perché teme una risposta nucleare che si avrebbe nel ricacciare un’invasione ma invadendo direttamente la Russia no?

Gli americani e gli ucraìni stavano preparando una guerra batteriologica?
Questa è stata una delle pretese propagandistiche del Cremlino. Prima di poterla definire sensata c’è da chiedersi: a) perché non è stata avanzata subito; b) perché, come invece fanno di solito gli israeliani, Mosca non ha deciso un attacco mirato sugli obiettivi; c) perché i russi ne parlano così poco.

Mosca doveva mettere fine al genocidio del Donbass?
In Donbass non c’è stato alcun genocidio. In una guerra civile che ha visto protagonisti diversi capi-mafia, una parte del Donbass, armata dai russi ma anche dai francesi, ha acquisito un’indipendenza militare parziale che è costata in otto anni 14.000 morti, di cui 11.000 militari, in ambo i fronti. La stessa causa indipendentista è scoppiata nel 2014 per ragioni molto dubbie che vedono il cointeresse delle cosche locali e delle mire russe sul sottosuolo del Dniepr.
Dal 2017 la situazione in Donbass era pressoché tranquilla e quindi la reazione a un “genocidio” che non c’è stato (piuttosto a un eccidio bipartisan), con almeno cinque anni di ritardo è a dir poco sospetta.

Perché Putin ha cambiato strategia militare in corsa?
Perché gli era stato promesso un colpo di stato a Kiev che ha più volte sollecitato invano ed è caduto probabilmente nella stessa trappola in cui caddero in passato Mussolini e Saddam.
Ora si è ritirato sui due obiettivi materiali più importanti, ovvero il sottosuolo del Donbass e la costa sul Mar Nero, ma è ancora ben lontano dal centrarli.
La preparazione dei soldati ucraìni, l’impreparazione dello stato maggiore russo e l’alto livello tecnolgico dello scontro lo hanno messo in difficoltà.

Solo Putin è stato tratto in inganno?
È possibile che gli inglesi, che sono quelli che hanno inventato la Massoneria, la Compagnia delle Indie, l’Intelligence e pure il calcio moderno e il rugby e la cui piazza finanziaria fissa il prezzo dell’oro, abbiano preso in giro anche gli americani, con i quali hanno una continua relazione di complicità/rivalità. Biden aveva infatti approntato la via di fuga per Zelensky aspettandosi il golpe anche lui. Questo confermerebbe le anticipazioni delle intelligences italiana, cinese e indiana su di un accordo tacito tra Cremlino e Casa Bianca che gli inglesi avrebbero fatto saltare perché perseguono altri obiettivi.

Quali accordi, espliciti o impliciti, tra Putin e Biden?
Geopoliticamente sono evidenti, a prescindere da quanto le intelligences li abbiano enumerati.
L’uscita dall’emergenza pandemica è stata contrassegnata da un salto in avanti del processo di unità europea e da una nostra posizione avanzata nella trasformazione tecnologica ed economica, che si è manifestata anche in ingerenze sull’Indo-Pacifico fastidiose per gli americani che sono chiamati a contenerci ed anche alienarci la via ai materiali necessari alla New Economy.
Si consideri che il 22 febbraio, proprio quando le armate russe entravano in Donbass, l’Unione Europea teneva un Forum Interministeriale a Parigi sulla Cooperazione nell’Indo-Pacifico, in collaborazione con Giappone ed India e con la benevolenza cinese.
La Germania nel recente passato aveva messo i bastoni tra le ruote al Quad, che è il principale obiettivo americano, definito anche come “Nato del Pacifico”.
Gli Usa non hanno mai fatto mistero del loro timore per l’Europa francotedesca e le sue proiezioni nel mondo. Ricordiamo che la Ue è tuttora la prima potenza commerciale planetaria.

Il Cremlino, secondino della Piccola Jalta
I russi, in ritardo su tutti i fronti, hanno anch’essi interesse a contenerci, perché ad ora siamo energeticamente insufficienti e il momento andava sfruttato per aumentare la pressione su di noi e moltiplicare i guadagni prodotti dal rincaro del gas, accentuato dalla guerra.
Del resto il ruolo di gendarme della Piccola Jalta non va male al Cremlino visto che ha partecipato attivamente al golpe in Mali per tagliare via francesi ed europei da zone strategiche africane.
Anche in Libia la politica russa si orienta in quel senso.
Ha accettato una Jalta di serie B sul crinale eurafricano ed est-europeo, sognando, invano, un coinvolgimento nella Jalta di serie A da parte cinese.
Ecco perché parlo di guerra russoamericana all’Europa.

Perché compagni di merenda?
Se gli ucraìni sono sacrificati in questa strategia cinica e si tratta quindi di una tragedia e anche di un’epopea, è altresì evidente che ci sia una farsesca complicità di fondo tra gli oligarchi omnipartisan.
La Russia ha sospeso le forniture del gas solo verso Polonia e Bulgaria tra le nazioni che danno armi a Kiev e il flusso dovrebbe ancora procedere verso l’Ucraìna; le nazioni europee che forniscono armi o praticano sanzioni continuano a ordinare e pagare il gas russo; strano modo di guerreggiare.
Plausibilmente, quando le scorte saranno sufficienti e le alternative approntate, la sospensione reale avverrà per il tempo necessario alle trattative.
Ma le sanzioni che prevedono la riduzione della dipendenza da gas e petrolio russi portano a quali alternative? Al Tap in cui i rivali Putin ed Erdogan si ritrovano come soci? Al gasdotto cipriota che ci porterà gas israeliano passando per un Paese che ha una forte presa finanziaria russa? Al gasdotto algerino il cui socio principale è Gazprom? Al petrolio russo rivendutoci dagli americani a prezzo maggiorato?

Non è quindi uno scontro di civiltà?

Forse lo è in Ucraìna nella misura in cui possiamo riconoscervi una cultura europea minacciata da orde asiatiche, ma non abbiamo ancora il polso esatto di questa ripetizione di uno scontro secolare tra l’Ordine e il Caos.
Se pretendiamo che esista uno scontro tra due modelli (Russia e Occidente) ci sbagliamo di grosso, perché il modello di vita russo è la copia mal riuscita del modello occidentale a cui tende in tutto e per tutto, differenziandovisi soltanto per povertà, sensibilità ed educazione, ma non di certo per appetiti, valori e ambizioni. Un po’ più timido sul fronte lgbt, ma in quanto a decadenza e degenerazione societaria non ha niente da invidiare all’ovest.
Si ha peraltro la disdicevole tendenza di dimenticare che la Russia è una democrazia.

Non è lo scontro con il NWO?
Per niente. La Russia non fa mistero di voler intervenire a modo suo sul cosiddetto NWO al quale vuole imporre ulteriori giri di vite sul piano della repressione del pensiero, andando ben oltre le repressioni europee ed israeliane su precisi campi storici e ideologici. Ed è sempre la Russia la principale sostenitrice del WTO che ha difeso contro Trump.
Neanche la sbandierata alternativa “orientale” cui occhieggia la retorica di Putin va contro il NWO, perché la tanto citata Agenda di Davos propone parecchio del modello cinese di vita e di controllo sociale.

Putin sta spingendo la dedollarizzazione?
Non bisogna confondere la manovra difensiva del pagamento di gas e petrolio in rubli, dettata dall’esigenza di sfuggire al default, con una guerra valutaria.
Il Dollaro è stato messo a lungo in crisi dall’Euro e questo ha prodotto colpi di stato, insurrezioni, attentati e guerre, sempre animati dagli americani. La Russia non è mai intervenuta.
I rischi per il Dollaro, se ci sono, vengono da questioni strutturali e si possono legare allo Yuan e, forse, ma non è affatto sicuro, alle Criptovalute.
Questa guerra non sta colpendo gli interessi americani ma quelli europei e quelli russi.

È lo scontro tra unipolarismo e multipolarismo?
Questa è propaganda del Cremlino, ma è infondata. Gli americani perseguono ovunque un multipolarismo asimmetrico, tant’è che delegano sempre più a partners minori, tra cui la stessa Russia, le gestioni di zone geografiche, facendo bene attenzione a tenerli in tensione tra di loro e praticando politiche a pendolo (con Iran e Arabia Saudita per esempio).
Sullo sfondo c’è sempre la logica di Jalta, che per gli Usa è riproponibile, ma con Pechino.
Mosca invece, come ha ribadito Lavrov, sogna la resurrezione della Jalta che le consentì di avere un potere mondiale nettamente superiore ai suoi mezzi.
Nella visione americana si ha un multipolarismo asimmetrico, in quella russa, alimentata astutamente da Washington, c’è la riproposizione di uno schema bipolare che ucciderebbe proprio il multilateralismo.
Di fatto, per ora, i russi si sono infilati in un tunnel senza uscita nel quale si autodistruggono combattendo l’Europa e rafforzando la strategia americana globale.

Americani e inglesi, due partite nella partita
Gli inglesi e gli americani in Europa insieme e contro. Washington persegue da sempre un’Europa non autonoma e non indipendente, Londra vuole invece un’Europa implosa e disarticolata.
Dal punto di vista strategico la chiusura rapida delle ostilità in Ucraìna con una balcanizzazione cronica fa comodo agli Usa, gli inglesi preferiscono che la tensione sia più forte perché vogliono diventare (e per ora ci stanno riuscendo) i garanti e i leaders dell’intera Europa orientale.
Questo li renderà nocivi per l’unità europea o, perlomeno, consentirà loro di rinegoziare da posizioni di forza gli accordi commerciali nefasti determinati da quella Brexit che hanno dovuto dichiarare per non firmare gli impegni di trasparenza sulle piazze finanziarie che avrebbero ucciso la City.

L’Europa in ordine sparso
Ucraìna a parte, per ora la principale vittima della scelta di Putin è la Russia, la seconda è l’Europa.
Come mettere insieme interessi e soprattutto sentimenti popolari diversi nei riguardi dell’invasione russa e delle minacce verso i popoli dell’Est?
I tedeschi, pragmaticamente, hanno scelto il riarmo, ma che si siano fatti disarcionare dagli inglesi proprio nel loro spazio vitale è innegabile: serve una marcia in più.
Macron, con la consegna dei cannoni Caesar all’Ucraìna ha capovolto le posizioni francesi, che fino a un anno e mezzo fa armavano il Donbass.
È il minimo indispensabile per non lasciare agli inglesi il pallino del gioco sul fronte orientale, ma serve molto di più sul piano assertivo per scongiurare una separazione tra est ed ovest dell’Unione.

L’Europa e la Nato
Fino al 24 febbraio scorso esisteva l’opzione della Dottrina Macron, ovvero dell’indipendenza strategica europea con intesa speciale con la Russia. Putin l’ha affossata.
Abbiamo la Dottrina Schaüble che prevede due comandi Nato differenti per quadranti, uno dei quali europeo: è la ripetizione della strategia prussiana messa in pratica per ridiventare potenza nell’esercito napoleonico prima di abbandonarlo.
Probabilmente servirebbe anche una variante determinata da forze d’intervento europee in grado di muoversi al di fuori dell’ambito Nato.

L’ipotesi grancontinentale
L’alternativa d’intesa eurorussa resta oggettivamente sul tappeto, specie se si considera il quadro generale e la necessità di Mosca di togliersi al più presto dall’impaccio in cui si è cacciata incautamente, necessità che diversi analisti del Cremlino non smettono di sottolineare.
Fintanto che i russi coltiveranno mire neo-imperialiste nei confronti dei popoli liberatisi dal loro tallone e finché un mentale sovietico farà da supporto alla rapacità degli oligarchi multimiliardari che sfruttano le risorse russe da vendere sui mercati internazionali ma non si preoccupano dell’arretratezza socioeconomica di un colosso dai piedi d’argilla, sarà molto difficile.

La cesura grancontinentale
Tutto questo lo sanno bene sia gli inglesi, sia i cinesi sia gli americani. Possiamo, anzi dobbiamo, renderli corresponsabili di quest’impasse che hanno sicuramente voluto e facilitato.
Ma non possiamo dimenticare che la scelta è stata russa e soltanto russa.
Se qualcuno vuol divenire concubino di una donna che gli piace e ha fatto di tutto per lei ma poi si accorge che costei preferisce una relazione lgbt con la signora che egli ha sposato per forza e da cui cerca di divorziare, dovrà pur farsene una ragione. Evitando possibilmente di fantasticare con immagini spinte che raffigurano la sua presunta bella come non è.
È chiaro che, per quanto s’insultino in pubblico, tra la desiderata concubina russa e la mal sopportata moglie americana la corrispondenza di sensi e l’intesa sono molto più forti di quelle che entrambe provano per l’europeo e che costui deve perciò smetterla di ragionare per astrazioni e per infatuazioni discutibili.

 

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