sabato 20 Luglio 2024

Trent’anni fa TP

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altL’assurdo blitz contro Terza Posizione

Trent’anni fa, il 23 settembre 1980, scattava il blitz contro Terza Posizione, rea per l’Inquisizione di rappresentare una giovane avanguardia eretica e maledetta.
A produrre quell’atto repressivo contribuì un vizio antico di molti magistrati italiani, tutt’altro che smarrito: quello di fantasticare e di stilare “teoremi”. Teoremi sensazionalistici che si fondano sui suggerimenti che l’inquisitore si fa da solo, sostenuti, se serve, da provvidenziali “confidenze” di mitomani e provocatori. I magistrati che fantasticano dapprima definiscono il teorema e poi procedono per dimostrarlo, non cercando minimamente di far luce sui fatti, bensì scartando categoricamente tutto ciò che nega il loro teorema ed enfatizzando oltre misura quello che, con molta forzatura, potrebbe sostenerlo.
La storia dei processi politici italiani è per una buona metà dei casi costruita così, con una leggerezza deontologica che non era ammessa neppure nella Russia di Stalin.
Il teorema in questione immaginava l’esistenza di una piovra eversiva di cui Terza Posizione avrebbe rappresentato il terminale politico più spregiudicato. Una teoria che venne smantellata totalmente nel corso dei vari processi politici dell’epoca, al punto che alcuni magistrati giunsero addirittura a capovolgerla ipotizzando di manovre mosse contro di essa, risultata troppo autonoma e indipendente, dal resto della galassia nera che restava per loro cospirante e al soldo degli americani.

La confusione era tanta nella mente dei magistrati e lo si capì fin dal primo giorno perché venne effettuata una retata alla cieca in cui furono arrestati tra l’altro anche molti ragazzi che con TP neppure c’entravano.
Gli anni erano particolari – a Di Pietro piecerebbero – e in prigione ci si stava a lungo: la chiave la buttavano via.
Rinchiusi in cella i biechi rivoluzionari, gli inquirenti s’accorsero che non avevano molto contro la loro organizzazione e allora si misero a leggere, a vivisezionare, giornali, volantini e documenti.
Conclusero che non ci fosse granchè da imputare a TP però… Però s’inventarono una bella svolta giuridica. Il Movimento, dissero – e scrissero nell’atto di accusa – ha uno spirito fanatico. Per ora non ha commesso delitti ma, se i capi lo volessero,  li commetterebbe certamente. Definirono questa filosofia con il temine di “pericolo di pericolo” ovvero di pericolo potenziale. Della serie: diamo l’ergastolo ad un tipo collerico perché, anche se non ha fatto male a nessuno, un giorno, se in preda all’ira, potrebbe uccidere.
Nella Patria del Diritto Romano si giunse a tali farneticazioni e nessuno ne provò vergogna.

Dopo quasi due anni di detenzione protratta su queste semplici basi, l’accusa non aveva  comunque trovato elementi per procedere. L’aiutò Giusva Fioravanti, che nel suo vitalismo individualista ed amorale era mosso da una libido distruttiva indirizzata specialmente intorno a lui. Egli funse  da teste d’accusa affermando, senza esporre alcun elemento specifico ma parlando genericamente, che TP commetteva rapine. Ciò permise agli inquirenti di cogliere un pretesto, sia pur vago, per rinviare a giudizio gli imputati e costò precisamente due anni e mezzo di reclusione supplementare ai futuri assolti. Poiché però di TP non si sarebbe potuto dare alcunché in pasto ai giurati durante il dibattimento, gli inquirenti si accomodarono affinché, nello stesso processo al movimento politico fossero giudicate alcune rapine dei Fioravanti stralciate dalle altre. Sicché nel processo si parlò comunque di reati armati, il che non guasta se si vuol criminalizzare, se si vuole dare, a dei giurati, ignari del panorama poltico, un’impressione grave.
Chi è di TP, chi è cane sciolto, chi è parte di un gruppo armato? Difficile discernere quando nell’aula si fa una provvidenziale confusione. Tra l’altro l’accusatore inatteso, evidentemente non ancora soddisfatto, andò oltre ed affermò, inventandoselo di sana pianta, di avere personalmente prestato a Fiore la pistola utilizzata per la gambizzazione di un avversario politico!

Malgrado queste accuse calunniose e l’utilizzo di tutto l’apparato fumogeno di cui abbiamo detto, non si riuscì in ogni caso a trovare elementi per esprimere alcuna condanna contro Terza Posizione che, in quanto tale, venne prosciolta. Vennero anche assolti e rilasciati, dopo quattro anni e mezzo di detenzione ingiustificata trascorsa in un carcere duro, quasi tutti gli imputati che erano entrati in galera a 18 o 19 anni e furono liberati intorno ai 24. Erano rimasti chiusi senza motivo in una gabbia negli anni più vitali dal punto di vista biologico, erotico, didattico e di orientamenti esistenziali; poi furono rilasciati senza risarcimenti, che allora nemmeno a parlarne, e senza scuse.
Per salvare la faccia contro alcuni di essi,  i dirigenti e i latitanti, furono pronunciate condanne associative, inflitte sulla base di un teorema strampalato: sarebbero esistite, all’interno di TP, ma all’insaputa dei più, un paio di associazioni sovversive (che sembra s’ignorassero a vicenda…) e una banda armata…
Ai tempi la giustizia funzionava così. Oggi non pensate che sia cambiata: solo ha meno necessità d’istruire processi sommari.

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