Almeno le donne italiane dimostrano di avere i coglioni, non come le loro pari europee in cerca di protezione
Una discussione, l’ultima. La decisione era stata già presa, comunicata da lui, mai digerita da lei che per giorni aveva ribadito e strepitato che non voleva saperne. A costo di farla finita, con lui, con una lama in pugno. Di accoltellarlo, quell’uomo che la stava rifiutando: anche lei aveva preso la sua decisione. Perché alla rottura di quel fidanzamento durato dieci anni, da quando Arianna C. ne aveva 17 e il suo compagno Aldo T. 27, la ragazza non voleva arrendersi. Anche se non erano mai andati a convivere, a casa coi genitori a Melzo lei e senza un lavoro stabile, web designer lui che quotidianamente si faceva in auto i tre chilometri di provinciale da Liscate per andare a incontrarla.
Così è andata anche lunedì sera, appuntamento poco prima delle 20, Arianna che sale sulla Fiat Panda, Aldo che mette in moto e argomenta, ribatte, sbuffa con entrambe le mani sul volante. Finché in quelle di lei non compare un coltello a serramanico. Lo teneva in borsa, preso chissà dove, non glielo aveva mai visto in mano, mai una segnalazione ai carabinieri per liti né tanto meno per lesioni, fedine penali immacolate. Ora urla Aldo, le chiede di smetterla e parte il primo fendente, poi un altro. Saranno sei, alla fine, al collo e all’addome, sfiorano le arterie e vanno vicine alla gabbia toracica. Aldo T. ha la forza di non crollare, di schiacciare il pedale del freno e di accostare. Siamo in via Catania, periferia Sud-est di Melzo, oltre l’ultima fila di case ci sono i campi della Bassa.
Arianna C. è sotto shock, si ritrova in mano un coltellaccio da 20 centimetri di lama insanguinato, c’è sangue schizzato anche sui suoi vestiti, il suo ex fidanzato è coperto di ferite e ha la testa reclinata. La ragazza si scuote, nasconde il coltello sotto il suo sedile e scende. Non urla, non chiede aiuto, non corre: cammina e basta, voltandosi per capire se Aldo respira o meno. A chiedere i soccorsi è un passante che vede la ragazza insanguinata, il guidatore ferito e privo di sensi e pensa a un incidente. Ma quando l’ambulanza, pochi minuti dopo, è in via Catania è subito chiaro che di tentato omicidio si tratta.
La gazzella dei carabinieri della compagnia di Cassano d’Adda, guidati dal capitano Camillo Di Bernardo, non deve faticare molto per cercare l’assalitrice: Arianna C. ha percorso nemmeno 200 metri, non si muove mentre i militari si avvicinano, quasi li aspetta. Ma non ha la forza per dire nulla, per spiegare o giustificarsi, si lascia portare a San Vittore con l’accusa di tentato omicidio. Nel frattempo Aldo T. ha perso coscienza, le ferite continuano a perdere sangue, l’ambulanza lo trasporta in codice rosso al San Gerardo di Monza dove finisce sotto i ferri. I medici che lo operano diranno che è stato fortunato: pochi centimetri e una delle coltellate, quella al collo, avrebbe reciso la giugulare. La prognosi viene sciolta solo dopo una giornata di osservazione, se la caverà in 15 giorni. Ora starà al gip, dopo l’interrogatorio di garanzia, decidere se confermare l’accusa di tentato omicidio o derubricarla in lesioni gravissime.
