Home Storia&sorte Un canto, un inno, una promessa

Un canto, un inno, una promessa

0


Il letterale martirio del giovane Horst

Berlino, nei pressi dell’Alexanderplatz, luogo di vita frenetica ove prostitute droga e bordelli rappresentano bene il clima della capitale di quella Repubblica di Weimar che va disfacendosi sotto la pressione di forze contrapposte – i rossi e i bruni – e per sua stessa impotenza. È la mattina del 14 gennaio 1930 una cellula del Fronte Rosso decide di dare una lezione ad un giovane  per l’impegno e il suo ruolo all’interno delle SA (acronimo di Sturmabteilung), i reparti d’assalto dell’inarrestabile e presto alla conquista della città e della Germania movimento nazionalsocialista. Si tratta di Horst Wessel, poco più che ventenne. Era nato a Bielefeld, cittadina nel cuore della foresta di Tautoburgo là dove – si narra – Arminio avesse sterminato tre legioni di Roma nell’anno 9 d.C.. Figlio di pastore luterano, trasferito a reggere la parrocchia di San Nicola a Berlino. Qui aveva completato regolari studi e si era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Sempre pronto a buttarsi nella mischia, fin da adolescente aveva aderito a formazioni nazionaliste. Fondamentale l’incontro con Joseph Goebbels, da Hitler delegato a dare vita al Partito nella difficile ed ostile piazza berlinese.                      
‘Chi conquista la piazza, conquista il cuore dello Stato’.                                                                
Quella mattina del 14 gennaio alcuni sicari riuscirono a farsi aprire la porta di casa e gli spararono ferendolo mortalmente alla mandibola, senza dargli il tempo di levarsi dal letto e tentare di difendersi. Trasportato in ospedale, l’agonia durò fino alle ore 6,30 del mattino del 23 febbraio. Imponenti i funerali, mentre si tentò da parte della stampa e degli avversari di farne l’assassinio un regolamento di conti fra sfruttatori ed Erna, la sua fidanzata, una prostituta…                                                                                
Dalla sua morte Goebbels trasse il mito dei sentimenti, della visione eroica della vita ben spesa in nome della Causa, dal suo nome quel canto, divenuto l’inno ufficiale, sventolio di bandiere rullo di tamburi passo cadenzato di uomini e donne, giovani e forti, in marcia per rendere il domani nelle mani del proprio destino.                                                                              
‘Die Fahne hoch die Reihen fest geschlossen – SA marschiert mit ruhig festern Schritt – Kam’raden die Rotfront und Reaktion erschossen – marschier’n im Geist in unsern Reihen mit’…                                                                                                                                    
La Storia ha seguito il suo corso e, in una città resa spettrale, sul Reichstag fu issata, quindici anni dopo, un’altra bandiera rossa con la falce e il martello al posto  della svastica.  Anch’essa destinata a mordere la polvere. Resta, però, a noi orfani memori l’impegno d’essere contro quel Rorfront e soprattutto contro quella Reaktion.  

Nessun commento

Exit mobile version