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Un kibbutz in “Liberazione”

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La sinistra bertinottiana, sedicente alternativa ed anti-imperialista, fa in realtà il gioco degli autentici terroristi, quelli con base a Tel Aviv, per intenderci. Basta leggere “Liberazione”: tra isteriche denunce dell’ “antisemitismo” perennemente risorgente e fuorvianti descrizioni in malafede della cricca al potere con Bush, il quotidiano di Rifondazione non perde occasione per sviare l’attenzione dai crimini sionisti.


Guido Caldiron è uno che scrive su “Liberazione”, organo del PRC. Ci
scrive più spesso di tutti e su questioni tra le più delicate. Il
suo ambito è la cultura, ma non solo. Il suo ambito è l’universo
mondo quando si tratta di antisemitismo. No, no, cosa avete capito?
Qui non si parla dell’antisemitismo che tutti conosciamo, di cui
abbiamo tragiche testimonianze ogni giorno, che pare costituire
la “Weltanschauung”, la degenerata costante culturale ed ideologica
del tempo, per dirla ancora in tedesco (dopotutto, chi ha pensato
meglio di loro?), lo Zeitgeist dell’ultimo e di questo secolo. Il
Caldiron non si occupa di questo, non da la minima importanza a un
antisemitismo che cerca di liquidare due popoli semiti, palestinesi
e iracheni, in un botto solo (poi verranno gli altri: Siria e Sudan
sono già in lista d’attesa), non se la prende con una campagna
planetaria che, innescata sapientemente da non semiti l’11/9, ha per
obiettivo 300 milioni di semiti arabi e, per sovraprezzo, un
miliardo e quattrocento milioni di loro correligionari. Neppure
riserva grande attenzione neppure a quell’ atteggiamento europeo
verso semiti arabi e verso musulmani che minaccia di superare in
efficacia il pogrom contro quegli altri semiti attuato, sempre da
queste parti, negli anni ’40 e ’50. No, Caldiron punta più in alto,
è uno specialista, ha il dono dell’originalità. Mica si fa offuscare
la vista dalla caccia all’arabo in atto in tutti e cinque
continenti, vuoi con le bombe, vuoi con soluzioni finali alla Sion,
vuoi con la repressione poliziesca, vuoi con l’ostracismo sociale.
Lo sguardo di Caldiron trapassa tutto questo e va a fissarsi su cose
che quasi nessuno riesce a vedere: l’antisemitismo imperversante
contro gli ebrei, così spesso mascherato da antisionismo e da
critiche alla politica di Israele. Caldiron non si fa fregare e, tra
un inno alla cultura jiddish il lunedì e la recensione apologetica
all’ennesimo libro dell’ennesimo finto dialogante israeliano il
martedì, e il silenzio sulla cultura palestinese nei giorni dispari
e pari, sa bene quale è il male del tempo: la perdurante, dilagante,
universale campagna antisemita, intesa come persecuzione degli
ebrei. No, ancora una volta no: mica si riferisce ai fascisti e post
e cripto e para-tali. Figurarsi, con l’ottimo Gianfranco Fini che va
a Gerusalemme tenuto per mano dal capo delle comunità ebraiche, o
con l’altrettanto ottimo La Russa e camerati che sfilano sotto le
bandiere israeliane (“dal Nilo all’Eufrate”)dal Campidoglio alla
Sinagoga per zittire e smerdare quei facinorosi antisemiti autentici
che, dall’altro lato della piazza, gridano “Sharon boia”.

No Caldiron la sa più lunga: l’antisemitismo senza ebrei è un
controsenso, un’invenzione demagogica e strumentale, anche se al
momento pare ci siano qualcosa come alcune centinaia di milioni di
semiti criminalizzati e perseguitati fino all’estinzione da meno di
mezza dozzina di milioni di altri semiti che però,
istituzionalmente, nascono crescono e muoiono vittime, hanno l’arma
termonucleare, praticano il terrorismo e vengono intrattenuti con il
Gioco del Piccolo Torturatore dai più potenti e prepotenti genitori
che inerme bimbetto abbia mai avuto. In questo senso Caldiron Guido,
ben supportato da un consimile Salvatore Cannavò, la cui furia
dialettica si dispiega al meglio quando gratta nelle ferite inferte
al mondo “dal terrorismo islamico”, o fa altre argute analisi
geopolitiche del genere, ne ha fatte più di Carlo in Francia e,
senz’altro, la comunità ebraica italiana, la più silente su quanto
viene perpetrato nell’espropriata (o ci siamo

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