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Una roulette russa

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Il vicolo cieco in cui si è ficcato Putin e le deliranti illusioni di chi ci vede un’autostrada

 

“Cosa ne pensate dei Russi?”
“Dei Cinesi mancati. Ma ancora per poco. Si faranno invadere dai gialli, e non ci saranno più Russi”.

Louis-Ferdinand Céline, 1960.

Un dato sembra ormai acquisito: se la stragrande maggioranza degli esperti di geopolitica, geoeconomia e di relazioni internazionali NON avevano affatto creduto che Putin avrebbe invaso l’Ucraina, è perché sarebbe stata un’azione irrazionale e controproducente. Pare che gli stessi esperti militari russi non ne avevano affatto intenzione. Cosa è accaduto dunque? Perché Putin si è spinto così oltre? Nessuno lo ha capito, nessuno lo sa, forse neanche Putin.
La Russia per contrastare le iniziative ostili dell’Occidente forse contava sull’accumulo di riserve monetarie, ma queste in buona parte si trovano all’estero. Uno stratega non si fa congelare 300 miliardi di dollari di riserve che detiene all’estero in mano ai nemici, proprio perché le aveva accumulate per evitare il default. Uno stratega che aveva deciso di invadere uno Stato limitrofo, avrebbe dovuto lentamente riprenderle e siccome non lo ha fatto avrebbe dovuto rispondersi: “È meglio se non invado l’Ucraina”.
Intanto si scopre che gli speculatori avevano già scommesso quasi 14 miliardi di dollari sul default del debito russo mentre Putin ammassava le sue truppe ai confini:
“L’attività di trading per il periodo dal 20 settembre al 19 dicembre 2021 è stata 4,5 volte il volume nozionale giornaliero di $ 50 milioni in Credit Default Swap eseguiti sul debito sovrano della Federazione Russa per ‎‎il periodo equivalente nel 2020‎‎ secondo il database DTCC.‎”  <Vedi: $13.7 Billion in Credit Default Swaps on Russia’s Debt Were Executed in 61-Day Span of 2021 as It Amassed Troops Around Ukraine (wallstreetonparade.com) >
Uno stratega capisce che sta per fallire se aumenta del 500% la scommessa sul suo fallimento mentre ammassa truppe e si chiede perché. Poi si risponde: “Non devo invadere l’Ucraina”.

Se le cedole dei titoli russi non saranno pagate in dollari o in euro ma in rubli, ciò equivarrà ad una auto dichiarazione di bancarotta. Il rublo stampato a dismisura solo per pagare debiti e in un’economia colpita duramente dalle sanzioni potrebbe precipitare come il marco della Repubblica di Weimar e se sarà preteso per pagare il gas, gli europei potrebbero rigirare ai russi gli stessi rubli svalutati coi quali intendono pagare le cedole. Carta straccia in cambio di energia. Il rublo forse si ri-apprezzerebbe contenendo l’inflazione galoppante ma intanto e per un certo tempo, noi pagheremmo comunque meno per il gas proprio perché saremmo “costretti” ad usare i rubli. Se ciò non si verificasse perché i russi vorranno alzare arbitrariamente i prezzi, ci sarebbero contenziosi sull’applicazione dei contratti e se la spuntassero, altri fornitori come Algeria o Iran, diventerebbero più competitivi.
Se poi tra un paio di anni avremo finalmente qualche rigassificatore in più per differenziare l’approvvigionamento, avremo realizzato altre diversificazioni o saremo sostituiti come clienti dai cinesi, l’arma di ricatto più forte contro di noi sarà spuntata. A ben vedere anche oggi è un’arma giocattolo: i russi il gas ce lo danno, altrimenti sarebbero loro “alla canna del gas”, basti pensare che addirittura continuano a darlo anche agli ucraini mentre li radono al suolo. Se davvero chiudessero i rubinetti, altro che default, noi avremo disagi (da aprile a ottobre anche relativamente) ma loro salterebbero rapidamente perché cesserebbe il lucro più importante della loro fragile economia.

Paradossalmente Putin ha accelerato la transizione ecologica in Europa e il fantomatico Great Reset di una deglobalizzazione controllata.
Gli resta il problema della restituzione di moneta pregiata che non ha e quindi nessuno investirà più a Mosca se non (forse e chissà come) la immensa “Cindia” che detterà i prezzi del gas. Come disse Céline, i russi diventeranno una colonia della Cina. Altro che Impero.
Vladimir Putin dunque, è caduto nella trappola di Biden (che così ha ricompattato la NATO data per morente e la stessa UE nella NATO) appena ha scelto la protervia panslavista che lo degrada da statista e player di un’alleanza con l’Unione Europea scavalcando l’Ucraina (assieme a tedeschi e francesi avrebbe così messo fuori gioco la NATO) ad autocrate isolato ed impresentabile, aspirante vassallo dei cinesi proprio al tramonto della sua parabola.

Se posso dire la mia, tutto ciò mi dispiace e mi delude profondamente perché non ho alcuna nostalgia del Muro di Berlino.
Se l’Occidente è la landa della ipocrisia moralista e della decadenza di ogni Kultur, la Russia è landa di ossessioni e crisi di varia natura, passata dal capitalismo di Stato sovietico a quello oligarchico ottocentesco vetero-liberale.
Questa guerra ha avuto un esito positivo: ha insegnato finalmente all’Europa quanto siano importanti la sovranità energetica e quella militare. La Russia, che ha quasi il triplo degli abitanti dell’Italia, un territorio immenso ma con un terzo del nostro PIL, è davvero un’alternativa all’occidente come pretende Alexandr Dugin, un Oriente solare o è piuttosto soltanto una versione molto più povera e rudimentale di occidente? Se è già stato notato come i russi fraintendano i termini “fascismo” e “nazismo”, sembra che abbiano frainteso anche Osvald Spengler.

La retorica di Alexander Dugin sullo scontro spengleriano tra due mondi cozza davanti alla realtà.

Intanto Dugin dovrebbe spiegarci in che senso si possono accostare due termini come “Kultur” e “Denazificazione” o anche come si possa accostare Osvald Spengler all’antifascismo. Ammesso e non concesso che vi riesca, poi ci sono i fatti che pesano più delle parole. Ecco i rampolli di quella Elite che dovrebbero rappresentare l’avanguardia della Kultur imperiale moscovita contro l’Occidente anticristico e individualista della decadente Zivilisation:
– La figlia di Stalin – ha vissuto (ed è morta) negli USA per decenni.
– Figlio di Khrushchev – cittadino americano.
– Dove sono le figlie di Putin? In Russia non sono visibili.
– Agente Pehtin. Con mio figlio negli USA.
– Ministro dei trasporti della regione di Mosca – Katsyva. Con mio figlio negli USA.
– I figli del vice Zhelesnyak – vivono in Svizzera.
– I figli di Astakhov. Uno in Francia, l’altro in Inghilterra.
– Figli e nipoti del “patriota principale della Russia” capo della Federazione Russa Vladimir Yakunin vivono fuori dal paese – in Inghilterra e Svizzera.
– La figlia del ministro degli Esteri Sergei Lavrov Ekaterina vive e studia negli USA.
– Figlio – Vicepresidente della Duma di Stato A. Zhukova ha vissuto e studiato a Londra per molto tempo.
– Figlia del vicepresidente dello Stato. la duma di Sergei Andenko studia e vive in Germania.
– Il figlio maggiore del Vice Primo Ministro Dmitry Kozak – Alexey vive all’estero e fa impresa edile.
— Il fratello minore di Alexey Kozak, Alessandro, lavora per Credit Suisse
– Il figlio maggiore del deputato Remezkov, Stepan, si è da poco laureato al Valley Forge Military College in Pennsylvania (anno di istruzione costa 1 milione 295 761 rubli. ). Sua figlia minore vive a Vienna, dove pratica ginnastica. Masha Remezkova ha rappresentato la nazionale austriaca(!!! ) alle competizioni per bambini a Lubiana.
– Figlia del vice V. Fetisova – Anastasia, cresciuta e studia negli USA. Nastya non ha mai imparato a scrivere e leggere in russo.
– Figlia di Svetlana Nesterova, Deputato di Stato. duma dalla fazione “Russia Unita” – vive in Inghilterra.
– Il principale combattente per i “valori tradizionali ortodossi” E. Il figlio di Nikolai di Misulina ha studiato a Oxford, ha ricevuto un diploma e si è trasferito a vivere permanentemente nel Belgio tollerante, dove i matrimoni dello stesso sesso sono consentiti.
– Figlia del vice Vorontsov Anna vive in Italia. Lì si è trasferita dalla Germania.
– La russa Elena Rakhova, famosa per essere residente a Leningrado, che ha vissuto meno di 120 giorni di blocco, ha definito “infedele” sua figlia che vive negli USA.
– La figlia dell’ex portavoce della GD, uno dei fondatori del partito “Russia Unita”, e ora membro dell’Unione Sovietica Boris Gryzlov Eugenia vive a Tallinn. E anche di recente ho ottenuto la cittadinanza estone.
– Il figlio dell’ex ministro dell’istruzione Andrei Fursenko vive in modo permanente negli USA.
– Figlio di V. Nikolova (nipote di Molotov), presidente della Fondazione “Politika” – cittadino statunitense.

In pratica i giovani russi non sono quelli che organizzano adunate comunitarie nei boschi, tra fuochi e racconti di leggende ancestrali, ma quelli che spiano dalle fessure del cancello il fighissimo pigiama party dei loro coetanei occidentali, sperando di essere invitati.
Il problema dell’Occidente è che gli ultra quarantenni russi invece hanno una mentalità diversa, preferendo la grandezza imperiale e il prestigio di una grande potenza militare alla prosperità economica e ai diritti individuali.
In questo senso è certamente possibile scorgere in Russia “tracce di fascismo” tra gli ultra quarantenni, anche se i russi non lo sanno, dato che per loro “il fascista” è l’occidentale che vuole ateismo, immigrati e omosessuali. Ossia il liberale-liberista-libertario.
Il fascismo però (quello vero non quello travisato dai russi) non può esistere senza i giovani ed i giovani russi, malgrado la propaganda putiniana, sono i primi ad essere stati già “denazificati”(rectius occidentalizzati).

Veniamo a noi.
Il tic dell’europeo russofobo e americanizzato che ha interiorizzato la sua sudditanza coloniale, fa il paio con la deriva da triste satrapia asiatica che il russo aveva già vissuto col comunismo. Qualcuno tifa Putin perché “lotta contro l’ebreo Zelensky” ma non si accorge che Israele non dà armi agli ucraini, non si associa alle sanzioni contro la Russia ed è alleato con essa contro le aperture energetiche all’Iran per sostituirla. Tra l’altro Zelensky si è pure beccato un veglione dal ministro israeliano che lo accusa di “oltraggioso negazionismo” per aver osato fare dei paragoni.

Diventare ascari delle due potenze extracomunitarie, con stile yankee o cirillico è il riflesso di questo sequel di Jalta fuori tempo massimo.
Curiosi e penosi quei libertari nostrani che ieri si strappavano le vesti per dei DPCM che ti davano 400 euro di contravvenzione ed ora plaudono ad un esotico autocrate che sbatte in galera con pene elevate chi pacificamente manifesta il suo dissenso o osa anche solo pronunciare la parola “guerra”. Se erano oscene ed illegittime in punto di diritto internazionale le “guerre preventive” della NATO chiamate “peace-enforcing” che hanno causato centinaia di migliaia di lutti, ebbene oggi lo è anche questa “operazione speciale” di Putin che ha già visto cadere più russi in un mese di quanti soldati NATO erano caduti in venti anni.
Gli italiani ormai lo ripetono spesso avendo esercitato per troppo tempo una postura perfettamente coloniale e di carattere pre-risorgimentale. Effettivamente c’è chi a seconda della sua ideologia o presunta tale, pensa che l’Italia debba “farsi invadere” (un’altra volta) dagli USA e dagli inglesi magari per ottenere un liberismo più marcato, chi dai tedeschi perché sono più seri e rigorosi sulla gestione dei conti pubblici, chi magari da austriaci o spagnoli per pure nostalgie dei vicereami asburgici o aragonesi, chi dai russi e da Putin (in questo caso non si sa davvero perché…). Insomma schiavi di tutti, di Vienna o Mosca, Madrid o Washington, Berlino o Londra, ma mai proprio mai, di Roma…

Eppure giusto un secolo fa le proiezioni collettive di molti italiani stavano montando un’onda d’urto inarrestabile, ma di segno opposto a quello degli sciuscià.
Aver resistito così strenuamente al secondo esercito più forte del mondo. Questo si dirà dei leoni di Mariupol e ciò avrebbe suscitato l’emozione degli italiani di una volta, ma di pochi in questa piccola italia che mesi fa aveva scambiato il green pass e una punturina per strumenti di una disumana dittatura sanitaria.
Se una runa non fa un camerata, figuriamoci se lo fanno una falce e un martello.
Un conto è tifare per la milizia volontaria in difesa dei russofoni del Donbass fino al 24 febbraio 2022, altra cosa è tifare per il carrarmato con la bandiera rossa che vuole riprendersi una provincia sovietica.
Vi è un dato romantico ed esistenziale che prescinde da ogni considerazione di altra natura. Chi ancora non si è arreso alla più che soverchiante potenza dell’invasore, scegliendo di restare “in piedi tra le rovine” e di combattere per la sua patria, anche se la tenaglia di fuoco alla fine prevarrà, ha già vinto la battaglia più importante della vita individuale e collettiva di ogni tempo e di ogni luogo.

La battaglia dell’onore.
A noi servirebbe una Europa con la E maiuscola.
Oggi come e più di ieri:
“Americani a casa, cosacchi nella steppa”

 

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