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Una strage come le altre

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E con il depistaggio di prammatica

 

46 anni fa un’altra strage impunita.
Un ordigno in prima classe dell’espresso Italicus proveniente da Roma e diretto a Monaco deflagrava causando 12 morti e 48 feriti.
La figlia di Aldo Moro rivelerà che il padre era scampato per un soffio alla morte perché il dirigente di polizia Santillo gli aveva impedito di montare su quel treno alla stazione Tiburtina.
L’istinto del funzionario era stato attivato dalle rivelazioni di un certo Sgrò, bidello alla facoltà di Fisica alla Sapienza di Roma, che aveva orecchiato negli ambienti dell’ultrasinistra che era in progetto proprio un attentato su di un treno in partenza dalla stazione Tiburtina.
Condotto  in Questura da Almirante, al quale aveva fatto le sue rivelazioni, lo Sgrò, temendo per la sua incolumità, era stato molto vago e non era stato creduto.
Tuttavia, partendo di lì, vennero fuori dei nomi sui quali indagare.

Uno di questi era l’avvocato Costa, amico di Feltrinelli e del governo di Praga e molto vicino ai primi brigatisti reggiani. Ritroveremo il Costa come indagato per il sequestro Saronio. Si tratta del rampollo di una ricca famiglia reggiana rapito dalla frangia Autonomia/Br e deceduto durante il sequestro. All’epoca una delle attività di autofinanziamento dell’area era di far svaligiare le ville patrizie dei genitori (rigorosamente proletari, a sinistra…)  e di trafficare le opere d’arte trafugate. Questo apre un collegamento con Paolo Bellini, neo-imputato per la strage di Bologna. Ci arriviamo.
Un altro nome è quello del professore del Dams, Scolari, trovato suicida alla vigila della sua deposizione per la morte dello studente Alceste Campanile, estremista di sinistra di Reggio Emilia.

Molti anni più tardi Paolo Bellini confesserà l’omicidio del Campanile in quanto avversario politico e si accrediterà dal nulla come neofascista. In realtà Bellini era un trafficante di oggetti d’arte rubati, collegato ad ambienti Gladio e P2, poi inviato in Sicilia dai Ros dei Carabinieri durante le cosiddette trattative Stato-Mafia, accreditato sia presso i Ros che presso Cosa Nostra come agente israeliano. Riina insinuerà in dibattimento che proprio dai superiori del Bellini sarebbero venuti i suggerimenti delle stragi mafiose dei primi anni novanta. In seguito, dopo essre stato coinvolto in azioni criminali sanguinose di stampo mafioso, il Bellini si pentirà e si accuserà di dieci omicidi, tra i quali quello del Campanile.
La famiglia della vittima ha sempre confutato la sua colpevolezza in quanto è chiaro che il giovane assassinato di sorpresa non era teso e non diffidava dell’assassino che, secondo la confessione di Bellini, l’avrebbe invece sequestrato.
Questo è corretto se si considera l’assassino come un estremista di destra, ma cade se s’immagina che, vista la sua attività principale e quella di autofinanziamento del proletariato-chic di Reggio, il Bellini fosse una figura familiare in quell’ambiente. Campanile potrebbe avere capito qualcosa di troppo sul sequestro Saronio e su quello che c’era dietro condannandosi a morte.
Si scoprirà più tardi che il Bellini s’incontrerà in un albergo bolognese con Kram, uno dei terroristi transitanti a a Bologna il 2 agosto 1980 e con un paio di esponenti della sinistra reggiana indagati proprio per il processo Saronio.

Gli intrecci tra l’Italicus e l’Orchestra Rossa (e con gli apparati e le logge) non finiscono qui. Una signora che gestiva una ricevitoria del lotto di Roma, il 31 luglio colse da parte della sua conoscente Claudia Aiello, durante una telefonata dall’apparecchio a gettoni sito nel locale, alcune parole che l’allarmarono. Come, subito dopo la strage, la signora Marotta riferiva agli inquirenti, ella l’aveva sentita dire: “le bombe sono pronte… treno, Bologna, Mestre”.
L’autrice della telefonata, era una collaboratrice del Sid (i servizi militari dell’epoca) legata alla sinistra greca (che era tra l’altro una riserva di pesca del Superclan che poi fonderà Hypérion e ritroveremo sia nel sequestro Moro che nella strage di Bologna). Venne condannata per falsa testimonianza per aver provato a negare il contenuto della chiamata, però non le fu mai chiesto perché parlasse di bombe e di un treno che, peraltro, aveva lo stesso itinerario dell’Italicus, oggetto dell’attentato pochi giorni dopo la sua telefonata. 

Morale della favola: per l’intero stragismo c’è un inreccio continuo di logge e apparati, con eterodirezione internazionale. Solo che gli eterodiretti non sono fascisti ma di tutt’altro colore e che il convitato di pietra cui tutto finisce a fare capo non lo vogliono definire, nominare, sfiorare, a nessun costo.

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