venerdì 19 Luglio 2024

Per qualche rublo in più

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Una lista dei finanziamenti russi e dei questuanti occidentali

Difficile che nel faccia a faccia di metà ottobre a Milano, e poi nella sua visita lampo a Mosca della settimana successiva, Matteo Salvini possa avere ottenuto molto di più che una forte comprensione e un potente riconoscimento internazionale. I 9 milioni di euro concessi alla Le Pen, attraverso una banca ceco-russa sono frutto di una ben più lunga intesa politica che risale addirittura al padre Jean-Marie. E anche del fatto che Mosca ritiene la Francia assai più ostile dell’Italia dove, sotto sotto, nemmeno il governo in carica viene ritenuto visceralmente anti russo come “il perfido Hollande”. 
Ma la speranza che prima o poi aiuti in denaro possano arrivare in qualche modo da Mosca è rimane accesa nel clan di Salvini. Lui stesso conferma: “Noi facciamo un appello politico a tutto il mondo e ogni aiuto è ben accetto, anche perché abbiamo 70 dipendenti in cassa integrazione”. Ma precisa: “Finora non è arrivato né un rublo né un euro. E non ci interessa chiederlo. Il nostro appoggio alla Russia è totalmente disinteressato”. 
Un po’ per amore del vecchio metodo sovietico, un po’ per ripicca contro gli Usa che starebbero facendo altrettanto, Putin ha deciso di sostenere, accreditare e perfino finanziare una lista di partiti che in qualche modo possano creare problemi ai cosiddetti “governi ostili” e scompiglio nelle politiche dell’Unione europea. Come? Il canale bancario  –  come è successo con la Le Pen  –  resta in teoria la strada più semplice e trasparente. La moral suasion del Cremlino, nel settore, è altissima. Cinque istituti di credito sono finiti nella lista delle sanzioni Ue e Usa. 
Tra di loro la Rossiya Bank di Yuri Kovalchuk e Nikolaj Shamalov (membri della Ozara Dacha, la cooperativa degli anni ’90 da cui sono usciti i padroni della nuova Russia, Putin compreso) etichettata dalla Ue come “la banca personale dei vertici della repubblica russa”. Esistono poi altri canali di finanziamento più tortuosi ma molto più efficaci per occultare i mandanti: il rapporto 2007 messo a punto dalla Cia sul tesoro nascosto di Putin  –  mai reso noto  –  descriveva secondo fonti d’intelligence Usa complesse triangolazioni nel mondo del trading energetico su petrolio e gas che coinvolgevano molti uomini dell’entourage del presidente. Una girandola di intermediari che dai giacimenti siberiani fino ai consumi finali faceva salire i prezzi della materia prima. Lasciando strada facendo piccole fortune nelle mani di chi (anche politici stranieri, dice il tam-tam a Washington) garantiva il suo appoggio alla linea di Mosca. 
Oggi, spiega un recentissimo rapporto di Political Capital Research  –  un think-tank ungherese che già nel 2009 raccontava dei rapporti tra Putin e l’estrema destra europea  –  il “soccorso rosso” a Le Pen & C. arriva anche in forme più immateriali: assistenza tecnica nell’organizzazione di manifestazioni, aiuti professionali con personale specializzato, accesso ai network media e internazionali sfruttando le liaison del Cremlino. Partite di giro che si chiudono spesso attraverso Ong e associazioni di amicizia bilaterali sostenute dai rubli di Putin. La lista dei possibili beneficiari, aggiornata quotidianamente dai consiglieri ultra-conservatori che hanno conquistato la leadership nell’ufficio del Presidente, vede la Lega ormai stabilmente ai primi posti dopo l’irraggiungibile Marine Le Pen. E insieme ad altri partiti e movimenti che sembrano formare una vera e propria “Internazionale Nera”. Ci sono gli austriaci del Partito Popolare, i tedeschi di Afd e gli olandesi del Partito della Libertà, xenofobi e antieuro; i Tea party statunitensi, più a destra dei repubblicani; l’Ukip del pittoresco alleato di Beppe Grillo, Nigel Farage; gli antisemiti ungheresi di Jobbik; i “fratelli slavi” dei movimenti nazionalistici bulgari e serbi e polacchi; e in coda, per il momento, perfino i neonazisti dichiarati greci di Alba Dorata. “Una miscela letale che mira a far esplodere l’Unione europea dall’interno”, dice Mitchell Orenstein, docente alla Boston University e collaboratore della rivista Foreign Affairs lanciando un allarme molto sentito negli Stati Uniti. 
In Russia intanto, le fonti ufficiali tacciono. “Avete mai sentito un governo ammettere di finanziare partiti stranieri? Sarebbe assurdo ma lo fanno tutti e gli americani in questo sono maestri”, dice una fonte assolutamente anonima degli uffici che contano. Ma come si può giustificare un appoggio anche solo morale a una lista così impresentabile? La chiave è semplice: tutti quanti, difendono quelli che il Cremlino ritiene “sacri valori della tradizione, della famiglia e della cristianità”. Applaudono alla omofobia di Stato di Mosca, scimmiottano il nazionalismo di Putin nelle loro richieste punitive contro immigrati e stranieri. L’anonimo del Cremlino spiega meglio: “Gli Stati Uniti finanziano rivoluzioni e colpi di Stato, usando sempre il vecchio slogan della Guerra Fredda dell’esportazione della democrazia. Lo hanno fatto palesemente in Ucraina dal 2004 al disastro di oggi. E nelle rivolte del Nord Africa. Perfino con i nostri oppositori di piazza, quelli che fino a due anni fa riempivano le piazze di Mosca con slogan anti-Putin preconfenzionati”. Non è poi così vero. Le proteste di piazza, che sembravano assolutamente spontanee, sono semmai state fatte fuori con leggi che hanno di fatto eliminato ogni forma di dissenso. E comunque non spiega il sostegno alle forze di destra sempre meno moderata. 

Ma al Cremlino nessuno si scandalizza: “L’Unione sovietica inviava gioielli e bonifici milionari ai partiti comunisti, ai rivoluzionari del Terzo Mondo, qualche volta anche ai terroristi, con il pretesto di diffondere la Rivoluzione proletaria. Adesso invece aiutiamo tutti coloro che ci aiutano a combattere questa ondata di immoralità dell’Occidente. E nella lista non ci sono terroristi ma partiti democraticamente eletti”. Parole che sono miele per Salvini e i suoi, e che invece non suonano molto piacevoli per l’italiano che più di ogni altro in questi vent’anni è stato considerato il vero grande amico di Putin. Gli ultimi anni di Berlusconi hanno però creato più di un imbarazzo al presidente russo. Prima le storie troppo indecenti di olgettine, lap-dance e del famoso lettone di Putin che, qui giurano, non è mai esistito. Poi una debolezza sul piano euroscettico e un fatale declino politico che lo rende sempre meno utile per la causa. La botta finale è arrivata dalla posizione di Forza Italia a favore dei matrimoni gay che, non a caso, Salvini continua a sottolineare ad ogni occasione con studiato stupore. Sorride il leader leghista e ne ha ragione. E spera in un messaggio di complimenti per la sua vittoria elettorale. Privilegio finora concesso solo alla bionda Marine. Nelle sue passeggiate moscovite mostrava con orgoglio una brutta maglietta con un Putin in mimetica e aggressive scritte in cirillico. Robaccia al confronto di quelle più raffinate che si possono trovare a soli dieci euro conoscendo i negozi giusti. Il suo trofeo feticistico sbiancherà alla prima lavata. Ma forse il futuro potrebbe portare qualcosa di più che una t-shirt. 

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