lunedì 1 Luglio 2024

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La morte e la resurrezione della Germania nel ricordo del nostro futuro

Dalla stazioncina di Réthondes, nella foresta di Laigle, ad una decina di chilometri da Compiègne, dipartimento dell’Oise, partiva un binario che si biforcava nel bosco. Qui si incontrarono le due delegazioni, mattino dell’8 novembre 1918, quella degli alleati guidata dal maresciallo Ferdinand Foch e quella tedesca dall’ex ministro Matthias Erzberger. Le condizioni imposte, non negoziabili, vanno ben oltre il ruolo difforme dei vincitori, ebbri del trionfo, e i vinti, umiliati e dimessi. Si rinnova il grido tronfio ed arrogante di Brenno. Premessa di ulteriori tragedie ed esaltanti vicende di quella che il Nolte ebbe a chiamare ‘la guerra civile europea’. Alle 5,30 dell’ 11 novembre – ‘una livida alba d’autunno’ – il testo dell’armistizio venne firmato dalle due parti. Il giorno 9, alle due del pomeriggio, a Berlino, dal balcone del Reichstag il deputato socialdemocratico Philipp Scheidemann improvvisa un discorso davanti alla folla in tumulto, proclamando la nascita della repubblica. La carica di Cancelliere viene assunta dall’ex sellaio Friedrich Ebert, mentre il Kaiser Guglielmo II prende la via dell’esilio. E’ la vergogna di novembre (Novemberschande, così definita da Hitler; avvertita quale Dolchstoss (pugnalata alle spalle) dai soldati in arme.                                   
Le notizie di quel novembre così improvvise e dissacranti giunsero fino all’ospedale della cittadina di Pasewalk in Pomerania, dove giaceva al riparo d’ogni fonte di luce il Gefreiter (tradotto ‘caporale’, più esattamente ‘soldato scelto’) del 16° reggimento bavarese che il 14 ottobre s’era scontrato con truppe inglesi che avevano adoperato un gas nocivo agli occhi e alle vie respiratorie. L’esperienza del fronte, le modalità della resa rimarranno incise per sempre. Mentre molti dei ricoverati gioiscono della fine della guerra, Hitler s’era illuso fino al giorno prima della vittoria possibile, in una resa onorevole nel caso peggiore. Annoterà, anni dopo, ‘… all’improvviso e senza alcun segnale d’avvertimento, la tragedia si abbattè’.                                                                  
Mattina del 9 novembre del 1923, Monaco di Baviera. La colonna dei dimostranti é costretta ad imboccare la stretta Residenzstrasse, alle spalle della Feldherrnhalle. La polizia apre il fuoco. Sedici i caduti fra cui il profugo baltico Scheubner-Richter al cui braccio era Hitler trascinato a terra. Fallito il tentativo di Putsch, eppure… Circondatosi di ex commilitoni, uomini che portavano nella mente e nel cuore tutta l’esperienza del fronte, egli li pensò li volle li portò in battaglia ‘veloci come levrieri, resistenti come il cuoio, tenaci come l’acciaio Krupp’. Branco di lupi nella notte della Germania sconfitta, ululanti alla luna, in attesa dell’aurora. Gennaio 1933.                                                               

 

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