venerdì 19 Luglio 2024

Europei in via d’estinzione

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Il declino demografico dei popoli europei. Ovvero il nostro lento, drammatico cammino verso l’estinzione.

UN ATTESO, importante declino. E’ quello della popolazione che riguarda l’Europa tutta intera, e ancora di più l’Unione europea. Ieri le Nazioni Unite hanno diffuso i nuovi dati di un “esercizio” demografico che arditamente proietta le tendenze della popolazione mondiale e dei vari continenti fino al 2300. Servono solo a cercare di vedere quali possano essere i percorsi demografici e stabilire le migliori politiche per evitare i percorsi che porterebbero a situazioni ritenute non sostenibili o per assecondare i percorsi che porterebbero a situazioni ritenute auspicabili. Ma senza arrivare al 2300, che è davvero troppo lontano e audace, se si guarda alle prossime due o tre generazioni, se ci si ferma al 2050, quando saranno anziani (almeno secondo la concezione che abbiamo oggi) i nostri figli e adulti i nostri nipoti, o se si arriva al 2100, quando saranno anziani i nipoti e adulti i pronipoti, la diminuzione del peso demografico dell’Europa è comunque impressionante. Al 2050 sarebbe europeo 1 abitante della Terra su 14 e al 2100 lo sarebbe 1 su 17; contemporaneamente sarebbe africano rispettivamente 1 su 5 e 1 su 4 (e asiatico più di 1 su 2). Al 1900 era europeo 1 su 4 della popolazione mondiale, mentre oggi lo è 1 su 8.
Dai 728 milioni attuali la popolazione europea scenderebbe a 632 nel 2050 e a 538 nel 2100; nello stesso tempo la popolazione dell’Africa salirebbe dai 796 milioni di oggi (più o meno la stessa popolazione dell’Europa) prima a 1,8 miliardi (3 volte la popolazione europea) e poi 2,3 miliardi (4 volte). Soltanto con tante cifre si riesce a dar conto della straordinaria rivoluzione in atto nel pianeta e della progressiva emarginazione del continente europeo, la cui popolazione scomparirebbe quasi del tutto se le tendenze della fecondità continuassero per come sono adesso. Forse una presa di coscienza di quello che sta succedendo e di quello che, con largo margine di probabilità, può succedere in un paio di generazioni, porterebbe i paesi dell’Unione più che mai i suoi paesi più piccoli a un maggior senso di responsabilità per costruire, in primo luogo con la Convenzione, una Unione che sia forte politicamente, socialmente, economicamente. E forse anche cifre del genere aveva in mente Romano Prodi quando, invocando una Convenzione adeguata, segnalava che in sua mancanza si potrebbe avere una completa emarginazione dell’Unione.
Certamente questi dati e queste tendenze impongono una riflessione profonda sui nuovi rapporti geo-politici che tutto questo comporta fra le varie regioni del mondo e sulle sfide che attendono l’Unione europea verso l’esterno e al suo interno, a cominciare da un possibile allargamento a tutta l’Europa geograficamente definita e forse oltre. Anche perché il continente europeo sarà quello di gran lunga più vecchio nel mondo intero.
Ma si pongono per l’intanto e più che mai nel giro di uno o due decenni soltanto all’Europa quattro grandi interrogativi, che possono essere visti come vere e proprie sfide: a) si riuscirà ad avere almeno parzialmente il ricambio delle generazioni? b) lo stato sociale e il benessere delle generazioni attuali e future potranno essere assicurati da uno sviluppo economico che resti adeguato e competitivo? c) si saprà gestire la necessaria, imponente immigrazione straniera e mantenere la coesione all’interno di ogni paese? d) si sapranno intrattenere appropriati e validi rapporti con quelli che attualmente sono i paesi in via di sviluppo?
Tutte queste sfide sono già iniziate, a partire dalla prima alla quale è necessario per ora rispondere largamente di no e a seguire con la seconda che sta mettendo in crisi tutti i paesi europei sia per i problemi del welfare, sia per quelli collegati della competitività internazionale, con la terza sulle quali le risposte xenofobe o addirittura razziste non sono infrequenti, per finire con la quarta per la quale resiste la tentazione di rapporti unilaterali di ogni

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