giovedì 18 Luglio 2024

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Nell’Opec + la condanna all’imperialismo russo è sotto traccia

Mentre in Ucraina la guerra scatenata dall’invasione russa prosegue, nella giornata di giove in scena la riunione dei Ministri del Petrolio e dei leader dell’Opec+, il formato di dialogo che riunisce i membri del cartello dei produttori di greggio alla Russia che con esso si è inteso negli ultimi anni. E proprio per la presenza della Russia la guerra sarà il vero e proprio elefante nella stanza delle discussioni. Ma non dovrebbe rientrare sul tavolo delle trattative.
I Paesi Opec, in particolare le monarchie del Golfo, collaborano dal 2016 con dieci produttori al di fuori del Cartello guidati dalla Russia in quella che è l’alleanza Opec+ che ha contribuito durante la pandemia di Covid-19 a contenere il crollo dei prezzi del petrolio, finiti a un certo punto addirittura in negativo.
Suhail al-Mazrouei, ministro per l’Energia degli Emirati Arabi Uniti, ha detto, come riporta Milano Finanza, “che l’unica missione dell’Opec+ è quella di stabilizzare i mercati e offrire quante più forniture possibili, e che spingere qualsiasi dei partner a uscire dall’alleanza petrolifera porterebbe solamente a un aumento dei prezzi” e tra i ministri dei Paesi produttori domina la percezione che sia “difficile prevedere la volatilità futura del mercato a causa di questioni come il possibile ritorno sul mercato del greggio iraniano o eventuali maggiori investimenti nel settore di gas e petrolio”. Il mantra è chiaro: non bisogna mescolare petrolio e politica, per quanto possibile.
L’Opec e i suoi alleati dovranno fissare il livello della loro offerta di greggio a maggio e tutte le indicazioni sono volte ad una conferma del modesto aumento già previsto in precedenza ignorando così le tensioni causate dalla guerra. Anche la richiesta degli Stati Uniti di inondare di petrolio il mercato mondiale per abbattere i costi e la “bolletta” pagata da molti loro alleati, Europa in testa, alla Russia, è passata sotto traccia.

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La riunione dei produttori, responsabili di più del 40% dell’offerta mondiale di petrolio e di quasi il 60% delle esportazioni di greggio, ha suscitato nelle scorse settimane un’enorme attesa con i mercati energetici sconvolti dall’invasione russa dell’Ucraina e dalle sanzioni occidentali imposte a Mosca. Informalmente l’Opec+ si è detta preoccupata da un eventuale embargo dell’Unione Europea sul petrolio russo. o scorso 16 marzo, alcuni rappresentanti Opec, tra cui il segretario generale Mohammad Barkindo, hanno incontrato il commissario europeo per l’Energia Kadri Simson per discutere dei tempi straordinari per il mercato energetico, esprimendo le loro preoccupazioni
Secondo l’organizzazione, di cui la Russia è leader insieme all’Arabia Saudita, un divieto alle importazioni danneggerebbe i consumatori; la Russia è un partner dell’Opec e co-presiede l’Opec+ che dal 2017 decide le politiche produttive. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno deciso un embargo al greggio russo. Lunedì i ministri degli esteri europei non hanno trovato un accordo se estendere le sanzioni anche al settore energetico. Tenere fuori la grande politica globale dalle trattative sarà difficile, ma la volontà di non lasciare a Paesi come gli Usa, che hanno accelerato sulle trivellazioni nonostante i proclami ambientalisti dell’amministrazione in carica, il pallino del gioco predomina. A preoccupare sul breve periodo è, però, piuttosto un’altra dinamica: l’avanzata del Covid-19 in Cina, che minaccia l’approvvigionamento al primo consumatore globale. Il lockdown a Shanghai è in tal senso un rischio che secondo Il Corriere della Sera provocherebbe conseguenze sistemiche: la domanda “potrebbe scendere di 800 mila barili al giorno in aprile rispetto ai livelli considerati normali”, in un contesto in cui “i membri dell’Opec+ si sono sempre rifiutati di aumentare significativamente la loro produzione per alleggerire il mercato, attenendosi a un incremento graduale di 400.000 barili al giorno ogni mese”.
Re petrolio intanto non cala e si attesta attorno i cento dollari al barile, aprendo alla prospettiva di un mantenimento prolungato dei prezzi su livelli strutturati e di difficile sostenibilità. Russia e Paesi partner dell’Opec+ hanno interesse a un mercato stabilizzato su prezzi elevati ma senza scossoni e guardano, in quest’ottica, più alla Cina che all’Ucraina. Temendo che la disruption delle importazioni di Pechino possa essere un’eventualità più probabile di una fine degli acquisti europei a cui l’Ue e la Russia non intendono, ad ora, arrivare e il cui prezzo è già stato scontato dai mercati. Ma ogni sorpresa può essere dietro l’angolo in una fase di acuto caos per le relazioni globali.

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