Nessuno ha fatto meglio di lui per l’Alleanza Atlantica
La svolta svedese di fare richiesta di adesione alla Nato insieme alla Finlandia rappresenta per il Baltico un cambiamento fondamentale. Molti osservatori ritengono che quella in corso nella regione scandinava sia una vera e propria rivoluzione. Sul punto però occorre sottolineare che Stoccolma ed Helsinki, pur nell’ultima metà del secolo neutrali, non hanno mai sconfessato la loro essenza occidentale, al punto anzi da essere parte dell’Unione europea e allineati a tutti quei criteri che possono definire uno Stato come parte di questo “lato” del mondo. E l’adesione alla Nato altro non sarebbe che la formalizzazione di un’appartenenza quasi di fatto e la cristallizzazione di una partnership avviata da decenni tra i due Paesi e l’Alleanza.
Il ruolo della Svezia
In questo passaggio verso l’alleanza politica e militare della Nato, la Svezia può essere particolarmente importante per diverse ragioni. Innanzitutto per le capacità tecnologiche e militari che contraddistinguono le sue forze armate e che fanno di questo Paese un “provider” per la sicurezza dell’intero blocco occidentale. Non si tratta di un’espansione atlantica verso Paesi che hanno evidente bisogno di integrazione, bensì verso Stati (sia Svezia che Finlandia) che possono già dare il loro contributo sotto diversi ambiti, in linea con la maggior parte degli standard richiesti per essere parte della Nato e per svolgere al meglio i propri compiti all’interno del patto atlantico.
In secondo luogo, Stoccolma ma può offrire anche la propria posizione strategica, in un’area che per gli Stati Uniti e la Nato non significa solo Scandinavia, ma anche quella linea di cesura tra il Baltico e il cosiddetto Alto Nord, fascia che unisce l’Artico all’Europa centrosettentrionale al centro anche degli interessi di Londra. Una posizione perfetta che serve in particolare per blindare quel Baltico che oggi rappresenta il delicato confine marittimo tra Occidente e Russia, ma che può servire in futuro anche per controllare tutte le potenze interessate a estendere i propri traffici verso l’Artico.
Proprio per quanto riguarda il Baltico, la Svezia offre in particolare una delle aree più importanti dal punto di vista strategico: l’isola di Gotland. Abitata da epoche molto remote e ritenuta una delle culle dei Goti, l’isola è stata per molto tempo al centro di importanti traffici commerciali che già nei secoli passati dimostrarono la centralità di Gotland per tutte le rotte che incrociano il Baltico. Le testimonianze archeologiche hanno confermato la presenza di mercanti russi e dell’Europa settentrionale, l’antico legame con la Svezia ma anche l’arrivo in questa lontana isola del Nord di commercianti arabi, che hanno lasciato lì i loro preziosi carichi di monete.
Uno straordinario incrocio di interessi, culture e potenze (antiche e nuove) interessate all’isola, incardinata da secoli nel dominio svedese e che la crisi che divide Mosca con l’Occidente ha reso di nuovo un avamposto contro le presunte mire russe. Un pericolo che Gotland ha già visto realizzarsi nel 1808 , quando lo zar Alessandro inviò i suoi soldati per conquistare l’isola. I russi riuscirono a prendere la città di Visby, ma dopo poche settimane, una spedizione della flotta svedese riuscì a liberare Gotland ponendo definitivamente fine ai sogni di gloria dello zar su quel gioiello strategico della corona di Svezia.
I destini dell’isola durante la Guerra Fredda
Durante la Guerra Fredda, Gotland era considerata ad alto rischio di invasione, al punto che il Manifesto riporta che nel 1989 “Gotland ospitava due reggimenti di artiglieria di terra, una compagnia di mezzi d’assalto e una di artiglieria anticarro. Le difese dell’isola includevano anche un reggimento di artiglieria costiera e uno di artiglieria contraerea oltre che ad altri due reggimenti meccanizzati”. Poi, una volta conclusa quella stagione di confronto serrato tra Est e Ovest in cui la Svezia, pur neutrale, temeva per la propria difesa, i governo hanno avviato un vero e proprio processo di smilitarizzazione dell’isola nella convinzione che fosse terminato il tempo del confronto triangolare sul Baltico tra Mosca, Washington e Stoccolma.
La sfida della Russia
Questa convinzione aveva iniziato però già a scricchiolare con l’invasione della Crimea nel 2014. La guerra fece temere alla Svezia che il Baltico potesse tornare a essere al centro dello scontro, e così venne deciso di inviare lì di nuovo delle unità militari. Poi, questa esigenza si è resa ancora più evidente con l’inizio della cosiddetta “operazione militare speciale” di Vladimir Putin in Ucraina. Dall’inizio dell’invasione da parte di Mosca, la Svezia ha compreso che non poteva riporre nel cassetto della storia il rischio di una guerra, e che non poteva farlo dimenticandosi dell’importanza di Gotland: isola che ancora oggi rappresenta il fulcro per controllare un mare, il Baltico, dove la Russia può contare non solo su San Pietroburgo, ma anche su Kaliningrad.
Pattugliamenti delle forze svedesi vicino al centro di Visby a nord dell’isola di Gotland (Foto EPA/Karl Melander SWEDEN OUT SWEDEN OUT)
Per il bastione svedese nel Baltico, l’idea di un destino demilitarizzato e con una vocazione puramente turistica ha così dovuto fare i conti con una realtà decisamente diversa e più impegnativa. Dopo i primi 350 soldati giunti dal continente, a giugno 2022 Gotland è stata palcoscenico delle periodiche esercitazioni Baltops, che coinvolgono Paesi dell’Alleanza Atlantica, Svezia e Finlandia. Di recente, si è parlato della possibilità di fare arrivare il numero di soldati svedesi presenti sull’isola a quattromila unità, e tutto questo non sembra destinato a interrompersi soprattutto vista l’importanza che ha proprio il Baltico per il confronto con la Russia.
L’attacco alle condutture del Nord Stream, i movimenti della Flotta russa, la richiesta di adesione alla Nato da parte di Finlandia e Svezia e la presenza delle forze di Mosca sulla costa di quel mare rendono quello specchio d’acqua particolarmente importante. E Gotland può tornare a essere l’avamposto di Stoccolma dopo l’illusione che la paura di una guerra fosse un lontano ricordo. Dall’isola si può controllare il traffico nel mare, si può proteggere la stessa capitale Stoccolma, ma soprattutto si può proiettare la propria forza su tutta la regione. E questo è ben chiaro nella mente degli strateghi di Svezia, Nato e Russia (e forse non solo loro).