giovedì 18 Luglio 2024

Non solo i maschietti vegetali umani

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Anche i vegetali, come loro, subiscono lo stress

Dai cactus al pomodoro, dal tabacco all’ortica, anche le piante parlano e lo fanno emettendo ultrasuoni: per la prima volta, ricercatori dell’Università israeliana di Tel Aviv hanno risolto un’antica controversia scientifica registrando i suoni emessi, simili allo scoppiettio del popcorn e impercettibili all’orecchio umano, ma probabilmente udibili da diversi animali, come pipistrelli, topi e insetti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell, indica inoltre che i suoni aumentano quando si trovano in condizioni di stress: un’informazione che, grazie ad appositi sensori, potrebbe essere sfruttata dagli esseri umani, ad esempio per sapere quando le colture necessitano di essere innaffiate.

L’esperimento
I ricercatori, coordinati da Lilach Hadany e Yossi Yovel, hanno collocato le piante in un luogo silenzioso e isolato, posizionando microfoni per ultrasuoni a circa dieci centimetri da ogni esemplare. Sono state utilizzate soprattutto piante di pomodoro e di tabacco, oltre a quelle di grano, mais, cactus e ortiche. Le registrazioni hanno rivelato i suoni emessi a frequenze comprese tra 40 e 80 kilohertz: per fare un confronto, la frequenza massima rilevata da un essere umano adulto arriva ai 16 kilohertz. 

L’impatto dello stress
Durante l’esperimento è stato notato che le piante non stressate emettevano circa un suono all’ora, mentre quelle disidratate o ferite emettevano dozzine di suoni ogni ora. Le registrazioni raccolte sono state poi analizzate da algoritmi di Intelligenza Artificiale (AI) appositamente sviluppati, che hanno imparato a distinguere tra diverse piante e diversi tipi di suoni, arrivando a identificare la pianta e a determinare il tipo e il livello di stress. Inoltre, gli algoritmi sono riusciti a identificare il “linguaggio” delle piante anche in una serra caratterizzata da molto rumore di fondo. “A quanto pare, un idilliaco campo di fiori – commenta Hadany -può essere un luogo molto rumoroso, ma non riusciamo a sentirlo”.

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