venerdì 19 Luglio 2024

Sotto il segno del Leone

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Dollari, ceffi e spaghetti alla conquista di Hollywood

Lo aveva ingaggiato perché “costava poco” e gli aveva detto di scegliersi e comprarsi i costumi da solo: a 20 anni dalla scomparsa di Sergio Leone, il 30 aprile del 1989, Clint Eastwood racconta così il suo primo incontro con il regista italiano, in un’intervista che uscirà sul prossimo numero della rivista di cinema Empire, della quale oggi l’Independent anticipa alcuni estratti. La parte, ricorda l’attore americano, era quella dell’ “uomo senza nome” in ‘Per un pugno di dollari’ ed il poncho ed i sigari erano stati un’idea sua.
“Comprai un po’ di sigari pensando che ci sarebbero stati bene in un western – racconta Eastwood – ma non avevo idea che fossero così cattivi! Me li portai dietro comunque, li diedi agli assistenti di scena e li tagliammo. Erano lunghi e si chiamavano Virginia. Me ne feci una scorta da tenermi in tasca, diverse lunghezze da abbinare a scene diverse”. Eastwood racconta anche della sua sorpresa, tempo dopo, nello scoprire che la pellicola girata con Leone – il primo ‘spaghetti western’ – stava avendo un grande successo in Italia: il film inizialmente si chiamava ‘Il Magnifico Straniero’ e una volta terminate le riprese, l’attore era tornato negli Usa e non ne aveva più sentito parlare. “Mi sono accorto che dicevano “‘Per un pugno di dollari’, con Clint Eastwood….” e ho pensato “Mio Dio, è quel film lì! Non sapevo che fine avesse fatto! Non c’era nemmeno il nome di Sergio Leone, si era firmato come Bob Robertson perché preferiva avere un nome che suonasse inglese o americano”.
Era il 1965 e, poco dopo, il regista italiano lo contattò per il secondo film, ‘Per qualche dollaro in piu”. L’attore capì subito che con Leone avrebbe potuto fare qualcosa di veramente speciale, accettò l’ingaggio e nel giro di due anni la cosiddetta ‘Trilogia del dollaro’ aveva sbancato ai box office americani e trasformato Eastwood in una star.
“Sergio ha avuto un approccio visuale interessante fin dall’inizio. Riusciva a mettere insieme le cose molto bene. Ero abituato a girare in posti dove le riprese erano fatte su una scala molto più piccola, mentre lui girava in luoghi grandi, una cosa che mi piaceva. Era un grande fan di John Ford e simili. Voleva fare le cose in grandezza”, racconta Eastwood. Il loro rapporti si interruppero però quando Leone gli chiese di collaborare con lui anche in ‘C’era una volta il West’: temendo che la popolarità del genere stesse per diminuire, Eastwood rifiutò e Leone la prese molto male. Fu forse per questo che, alcuni anni dopo, il regista accusò Eastwood di avere solo due espressioni, “con o senza il cappello”.
Ad ogni modo, Leone riuscì a ricucire i rapporti proprio pochi mesi prima della sua morte quando, nel 1988, Eastwood si trovava a Roma per promuovere ‘Bird’, il suo film su Charlie Parker. Il regista lo invitò a un pranzo con Lina Wertmuller. Se mai c’era stato del rancore, racconta Eastwood, Leone aveva deciso di dimenticarlo. “Era come se mi volesse dire addio – ricorda l’attore – era come se sentisse di essere vulnerabile”.

 

 

 

 

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