Costa meno qualche bombardamento in Iran che una spedizione in Yemen
Gli Stati Uniti hanno preparato piani alternativi, incluso il bombardamento degli impianti nucleari iraniani, per fronteggiare un eventuale fallimento dei negoziati tra Teheran e gli Stati occidentali sul programma nucleare iraniano.
A parlare in modo così esplicito è stato l’abitualmente prudente e riflessivo generale David Petraeus, dal 31 ottobre 2008 comandante in capo del CentCom, il comando centrale Usa che ha la responsabilità strategica di tutto il teatro mediorientale (nonché illustre membro del Bilderberg). In una intervista alla Cnn ieri ha dichiarato: “Sarebbe quasi letteralmente da irresponsabili non porsi la domanda: che facciamo se… e non preparare una serie di alternative per le varie eventualità”. Petraeus non ha voluto commentare l’ipotesi che Israele – da tempo convinta che l’Iran rappresenti una minaccia per la sua stessa esistenza – possa attaccare le installazioni iraniane, riconoscendo però che queste “possono certamente essere bombardate”, anche se sono “pesantemente fortificate”.
Per Petraeus “gli effetti di un raid aereo potrebbero variare a seconda di chi lo conduce, delle munizioni a disposizione e della capacità di attacco che gli iraniani possono sopportare. Petraeus ha poi chiuso l’intervista operando, da grande stratega, una parziale retromarcia su quanto aveva appena detto: ha sottolineato che ci vorrà tempo prima che Washington decida se attuare i piani studiati dal Pentagono. E che nel frattempo gli sforzi diplomatico-negoziali continueranno. Oltre a Petraeus, ha parlato del nucleare iraniano anche il capo di stato maggiore (dunque suo superiore), ammiraglio Michael Mullen, intervistato anche lui dalla Cnn.
Alla precisa domada se, nel caso l’Iran andasse verso la costruzione di un ordigno atomico, l’opzione militare sarà presa in considerazione, Mullen ha risposto: “Certamente tra le nostre opzioni c’è la risposta militare ma io ho detto molto chiaramente che bisogna trovare una soluzione diplomatica”. Alla domanda se credesse che l’Iran cerca di sviluppare un’arma nucleare, ha risposto: “Sì, lo credo”. Da Teheran, un Ahmadinejad imperturbale ha commentato: “Hanno emesso diverse risoluzioni e sanzionato l’Iran. Pensano anche di mettere gli iraniani in ginocchio, ma si sbagliano”.
Dal presidente Obama è arrivata invece una precisazione sullo Yemen. In una intervista al settimanale People, realizzata venerdì e anticipata in alcuni passaggi ieri, ha detto che “non ha intenzione” di inviare soldati a Sana’a e nemmeno in Somalia. “Non escludo mai nessuna possibilità in un mondo così complesso – ha aggiunto – . Ma non ho intenzione di inviare truppe americane in questi Paesi. Credo che in questa fase sia più efficace lavorare con partner internazionali”. E ha concluso l’intervista dicendo che continua a pensare che il cuore dell’attività di al Qaeda si situa nella regione della frontiera afgano-pachistana.