domenica 12 Ottobre 2025

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Muore il tredicesimo carcerato dall’inizio dell’anno: impiccato.

MILANO – Si è impiccato alle sbarre della finestra del bagno della sua cella nella casa circondariale di Padova. Anche l’ultimo atto della sua vita porta un numero, il tredici. Giuseppe Sorrentino è il tredicesimo detenuto suicida dall’inizio dell’anno. «Un bollettino di guerra» dichiara il Sindacato autonomo polizia penitenziaria, fatto di suicidi e tentativi di suicidio ormai quotidiani. La sua è la cronaca di «una morte annunciata», racconta Bianca De Concilio, il legale che assisteva Sorrentino dal 2001. Condannato a venticinque anni per omicidio volontario, 35 anni, salernitano, era in carcere per i suoi trascorsi di criminalità organizzata. Dopo alcuni lutti in famiglia, tre anni fa era caduto in una profonda depressione. «Avevamo fatto numerose istanze di sospensione della pena – racconta l’avvocato – chiesto il ricovero in ospedale, il trasferimento ad un carcere pi- vicino alla famiglia, ma nessuno ci ha ascoltato». «Anzi – ricorda il legale – un mese e mezzo fa il direttore sanitario del carcere di Padova in una relazione su Sorrentino scrisse «il detenuto non è malato, finge». Stamattina, mentre gli altri detenuti erano fuori dalla sezione per l’ora d’aria, Sorrentino si è impiccato.

L’HANNO TROVATO GLI ALTRI DETENUTI – «Sono stati proprio i compagni, dal cortile, ad accorgersi di ciò che stava accadendo e a dare l’allarme, ma quando gli agenti sono entrati in cella per soccorrerlo – ha raccontato l’Osservatorio permanente sulle morti in carcere – Sorrentino era già morto». «Era stato ricoverato più- volte in ospedali psichiatrici giudiziari – spiega l’avvocato Bianca De Concilio – prima a Livorno, poi a Montelupo Fiorentino». «Gli psichiatri avevano parlato anche di schizofrenia – aggiunge – ma ciò non aveva impedito che Sorrentino ogni volta tornasse in prigione». Aveva più volte fatto lo sciopero della fame lamentando una scarsa attenzione alle sue problematiche da parte degli operatori penitenziari. L’ultima lunga protesta lo aveva molto debilitato: «l’unica cosa che faceva, nella cella in cui aveva chiesto di stare da solo, era leggere i libri che gli facevamo avere». «Per la sua grave forma di depressione era nella sezione protetti – dice ancora l’avvocato – dove avrebbe dovuto essere sorvegliato, invece questa mattina è riuscito a impiccarsi senza che nessuno se ne accorgesse. Per questo presenterà denuncia contro l’istituto di pena». Ma gli agenti penitenziari, deputati ai controlli, rilanciano ricordando la gravità del sovraffollamento delle carceri italiane e come «solo la professionalità della polizia penitenziaria riesce a sventare ogni giorno molti tentati suicidi». «La condizione negli istituti di pena è assolutamente invivibile», rileva Stefano Anastasia, difensore civico dei detenuti dell’associazione Antigone. «Salvo gli sforzi di alcune amministrazioni, il sovraffollamento è una realtà drammatica – aggiunge Anastasia – e a due mesi dalla dichiarazione di stato d’emergenza carceri proclamato da Alfano nulla ancora è stato fatto». (Fonte: Ansa)

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